venerdì 17 luglio 2015

QUANDO IL BANCHIERE HA UN'ANIMA. LA "MERAVIGLIOSA" STORIA DI AMADEO PETER GIANNINI

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La mia grande amica, Caterina, mi segnala questa bella storia - vera - ricordata lodevolmente da Davide Giacalone.
Non conoscevo la biografia di Amadeo Peter Giannini e ne sono rimasto colpito. Sembra uno dei film di Frank Capra, che è stato uno dei beneficiati del filantropico modo di fare banca di Giannini, e a questo punto non è difficile immaginare come George Bailey il protagonista dell'intimenticabile "La Vita è  Meravigliosa" , interpretato dal  bravissimo James Stuart, sia personaggio ispirato al fondatore di Bank of Italy, madre della più grande e famosa Bank of Amerika. 
Ogni tanto, come scrive bene Caterina, è bene anche leggere storie belle.



Debiti e buoni banchieri
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In tanti credono che l’Unione europea non vada bene perché a prevalenza bancaria. Posto che in banca ci sono i soldi dei cittadini e il credito del mondo produttivo, talché si potrebbe domandare ai greci quanto male si stia quando chiudono. Posto anche che la Banca centrale europea è, al momento, (purtroppo) il pezzo meglio funzionante dell’Ue, nonché il meno dominato da un solo Paese. Magari ci fosse un vero e grande banchiere. Noi italiani abbiamo fatto conoscere al mondo e reclamizzato la feccia mafiosa, però ci siamo dimenticati dei figli migliori, fra i quali un banchiere che oggi dovrebbe fare scuola: Amadeo Peter Giannini. La sua storia andrebbe insegnata, con orgoglio e quale monito per il presente. Invece neanche si sa chi sia.
Figlio di liguri emigrati negli Stati Uniti. Il padre, a San Jose, vicino San Francisco, aveva un piccolo commercio di frutta e verdura. Amadeo era bimbo, quando lo uccisero, davanti ai suoi occhi: chi gli doveva un dollaro pensò fosse il modo più sbrigativo per saldare il conto. La madre si risposò presto, con un altro compaesano, un bravo cristiano che si prese cura dei due figli non suoi. Amadeo completò gli studi (il fratello divenne medico) e andò a lavorare in banca. Nel giro di poco tempo si licenziò, perché considerava sbagliato il modo in cui quei banchieri si regolavano: prestano soldi ai ricchi, sosteneva, perché pensano che sia più probabile che li restituiscano, offrendo garanzie patrimoniali, invece i soldi vanno dati ai poveri, perché in un mondo in cui per un dollaro si può uccidere per dieci dollari ti dannerai a creare ricchezza. Così fondò la sua piccola banca, cui diede un nome che dovrebbe commuoverci: Bank of Italy.
Nel 1906, ci fu il terremoto di San Francisco. Nella città rasa al suolo il problema delle banche era quello di mettere al sicuro l’oro, allora contenuto nei forzieri. Giannini lo fece portare via in fretta, per due ragioni: ne aveva poco e usò i carretti della frutta e verdura, l’attività di famiglia. Poi mise un banchetto al porto e scrisse uno striscione: si prestano soldi come prima e più di prima. Si creò la fila, nella sua banca all’aperto. Perché lo faceva? Perché le famiglie di quella città, i suoi clienti, erano gli amici dei genitori, gli italiani emigrati, gli irlandesi, gente che lavorava sodo e che avrebbe sudato sangue, pur di restituire. Nel 1929 arrivò la grande crisi, per Giannini la grande occasione. Finanziò quelli cui nessuno faceva credito: un piccoletto che voleva fare un film su un bambino povero, sfruttato dall’adulto che lo aveva in dominio, ma con un lieto fine, così nacque “Il monello”, di Charlie Chapin; un ingegnere italiano, che aveva perso il lavoro e voleva darsi al cinema, Frank Capra; un tipo strano, che voleva fare film senza attori, ma con trame e racconti lunghi, Walt Disney. Il colpaccio lo fece quando gli si presentarono due ingegneri: abbiamo un progetto che nessuno vuole finanziare, un ponte che colleghi le due punte della baia di San Francisco, costruito con tecnologia innovativa, come fosse retto da corde, ma, in realtà, con enormi cavi metallici. Giannini rilanciò: vi presto i soldi e non voglio interessi, ma voi vi impegnate a far lavorare la gente di questa città, i tanti padri di famiglia che non sanno come sfamare i figli. Altruista e idealista? Certo. Sì. Anche. Ma quelle erano le persone cui aveva prestato i soldi. Che grazie a quell’opera straordinaria, che ancora oggi è il simbolo della città, tornarono a restituirli.
La lezione era evidentissima: c’è un solo modo capace di far sì che i debiti siano pagati e consiste nel creare ricchezza in misura maggiore all’onere e al valore del debito, in un tempo inferiore al crescere degli interessi. Banale? Banale un corno: andatelo a raccontare alle istituzioni europee che non sanno dividere il necessario rigore nell’amministrazione dei fondi pubblici dal finanziamento di investimenti senza i quali non c’è crescita, non c’è debito sostenibile, sicché c’è solo bancarotta.
Fa rabbia che questo figlio d’Italia non sia conosciuto, onorato e preso ad esempio. Non fu solo un genio della finanza, un banchiere straordinario, un uomo ragionevolmente generoso, fu anche il fondatore della banca più grande del mondo: Bank of America. La cui madre era la Bank of Italy.  

Quando i suoi clienti poveri gli restituirono i soldi decise di premiarli, facendoli diventare azionisti. Poi gli capitò di ammalarsi ed essere sul punto di morire. In quel momento gli uomini di J.P. Morgan furono scatenati per andare a rilevare le azioni, promettendo ai proprietari un guadagno lauto, ma nettamente inferiore al valore reale. Niente da fare, perché quelli risposero: ce le ha date Amadeo, mica possiamo venderle. Giannini si rimise in piedi (grazie alle cure del fratello) e andò a ripagarli tutti, uno a uno. Grazie a loro aveva conservato la banca.
Il non ricordarlo, continuando ad autoinfangarci con storie disgustose, è una delle ragioni che spiega il languire dell’Italia odierna. In quanto all’Ue: non si tema l’Europa delle banche, che è una buona cosa, ma quella dei cattivi banchieri.

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