martedì 11 agosto 2015

UNO SPIRAGLIO DI LUCE PER I NOSTRI MARO'

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So bene che la vicenda dei Marò non appassiona. Nel mio piccolo, lo vedo dal numero dei lettori dei post che li riguardano...
Però a me interessa. Fino a prova contraria, e finora di prove non se ne sono viste, dato che un processo, e sono passati tre anni e mezzo dai fatti, è di là da venire, Latorre e Girone sono due nostri militari in missione e trattenuti (ora solo Girone, Latorre per motivi di salute da un po' è in Italia, e probabilmente ci resterà) in India con l'accusa di aver ucciso due inermi pescatori indiani, scambiati per pirati. Va precisato che io semplifico alquanto sull'imputazione, perché dopo oltre 1000 giorni le varie corti indiane che si sono interessate del caso ancora non si sono decise al riguardo. Finalmente, dopo molte esitazioni ed errori ( sul fatto che se ne siano fatti troppi da parte dei governi che si sono succeduti nel frattempo - ben tre...Monti, Letta e ora Renzi - sono tutti d'accordo), l'Italia si è decisa a chiedere un arbitrato internazionale, togliendo almeno per il momento la parola ai giudici indiani, finora segnalatisi per l'arte del rinvio (manco fossero italiani !!). 
Antonio Armellini, ex ambasciatore proprio in India, e quindi probabilmente buon conoscitore del modus di quella gente in cose come questa, scrive un editoriale che apre qualche spiraglio all'ottimismo.
Niente di eccezionale badate, però qualcosa di buono la vede e la descrive.
Del resto, peggio di com'era, era difficile, ancorché notoriamente, la legge di Murphy insegna, non c'è limite al peggio.
Buona Lettura 
 



C’è Una via d’uscita per i marò


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 I toni decisi con cui si è avviata ad Amburgo la discussione dinanzi al Tribunale del Mare non devono sorprendere. Davanti a una corte di giustizia è normale che le parti illustrino le rispettive posizioni di partenza con tutta la forza di argomenti possibile. Avere finalmente portato, dopo più di tre anni, la vicenda dei nostri fucilieri di Marina all’attenzione di un giudice è comunque un fatto positivo; si tratta ora di capire come gestire le prossime mosse. Che passano attraverso tre percorsi interconnessi: la situazione personale di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, la sostanza della procedura arbitrale, la dimensione politica.Il tribunale dovrà innanzitutto decidere — entro due o tre settimane — se adottare un provvedimento interinale come chiesto dall’Italia per consentire, nelle more del procedimento, a Girone di lasciare l’India e a Latorre di non tornarvi. Per riconoscere una qualche validità alle tesi indiane, la decisione potrebbe essere di non permettere loro il ritorno in Italia, bensì stabilire l’obbligo di soggiorno in un Paese terzo (Belgio, Germania). Si tratterebbe in ogni caso di un passo di importanza fondamentale per noi: con Girone fuori una volta per tutte dall’India, le preoccupazioni per la sua tenuta fisica e psicologica verrebbero meno, cesserebbe la disparità di trattamento fra i due, che qualche dissapore lo ha creato, si abbasserebbe soprattutto il livello generale di tensione nell’opinione pubblica, ammorbidendo i toni di un dibattito che condiziona a volte in maniera strumentale le scelte politiche.

In India la vicenda dei marò interessa in maniera men che marginale e il disastro elettorale subito da Sonia Gandhi lo scorso anno ha tolto ogni peso residuo alla Italian connection . C’è però un fatto: finché Girone rimane a Delhi, quel governo può esercitare nei nostri confronti un forte potere di condizionamento che, una volta partito, verrebbe meno. La misura da noi richiesta spunterebbe un’arma di pressione nelle mani indiane, ma non costerebbe molto a Narendra Modi dal punto di vista della sua opinione pubblica e faciliterebbe la creazione di un clima meno conflittuale per la necessaria contrapposizione in sede giudiziale.
L’arbitrato vero e proprio, che dovrà decidere su quale dei due Paesi ha la giurisdizione, non sarà una cosa breve. Sarebbe un errore darne per scontato l’esito; per quanto si argomentino bene le posizioni, l’esperienza mostra che le Corti arbitrali possono riservare sorprese e la controversia si incentra su aspetti che fanno la gioia dei giuristi, ma non avvicinano la conclusione. Gli arbitri decideranno in base al diritto internazionale e non per considerazioni politiche; sarà bene tenerlo a mente per evitare di cadere nella trappola di beghe e strumentalizzazioni interne che nulla

 avrebbero di giuridico e potrebbero mettere in pericolo — queste sì! — le nostre possibilità di successo, che sono invece buone. Ci sarà bisogno di sangue freddo e coerenza in misura maggiore di quanto sia stato messo in mostra sinora e i tempi lunghi potrebbero essere paradossalmente di aiuto.
Il governo indiano ha lasciato capire in più occasioni di volersi liberare non meno di noi di questa vicenda. Ne ha la forza, non deve temere colpi di coda della sua opinione pubblica, ma deve fare a sua volta i conti con una magistratura lenta (possiamo noi dare lezioni?), gelosa delle sue prerogative anche se non sorda alle ragioni della politica responsabile. Il lavoro paziente condotto in questi mesi lontano dai riflettori, ha permesso di collegare attraverso la tela della politica le ragioni della dignità con quelle dell’interesse e dell’opportunità di ciascuno: il ricorso alla via giurisdizionale (forse tardivo, ma a questo punto la cosa non conta) non è una conseguenza della rottura di questa tela, bensì la sua continuazione attraverso altri strumenti. Certo, le cose possono andare diversamente ed i giudici, ad esempio, potrebbero negare le misure in favore di Latorre e Girone, dando vita ad una situazione assai più difficile. Non credo che ciò avverrà ma, in ogni caso, è bene ricordare che non ci sono piani B alle viste: l’esercizio della giurisdizione è un passo che integra la mediazione politica nella ricerca di una via d’uscita rispettosa di entrambe.
 

1 commento:

  1. L'attenzione è abbastanza alta,pur se non quanto vorremmo noi dei gruppi "Per i Maro' "Purtroppo vi è qualcuno ideologicamente schierato comunqu,e e quantunque,ma piace vedere quanti giornalmente si esprimono su facebook,uno che da tre anni porta il fiocco giallo

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