giovedì 3 settembre 2015

IL SOTTILE PIACERE DI ESSERE COME TUTTI : LA DIVERSITA' GRILLINA IN SOFFITTA

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Il desiderio di essere come tutti. Così Francesco Piccolo aveva titolato il suo fortunato libro (vincitore del premio Strega) dedicato al superamento del mito della "diversità comunista". 
Bene, pare che abbia contagiato i grillini,  intenzionati, si legge da un po', ad archiviare alcuni elementi di orgogliosa diversità, peraltro assai scomoda.
Primo tra tutti, quello della riduzione della diaria parlamentare. Fin da subito in realtà questo aspetto aveva creato problemi, con polemiche e anche con la necessità di quali provvedimenti disciplinari adottare nei confronti di chi non si atteneva al versamento dell'obolo in più, da destinarsi ad altro (aiuto alle piccole imprese). Stessa cosa valeva per i soldi pubblici del rimborso elettorale. 
Ecco, facendo politica i giovanotti hanno scoperto che costa, e quei soldi potrebbero servire, ovviamente sempre nell'interesse pubblico e non a foraggiare, come accade altrove, laute liste di rimborsi spese. 
Altro tabù di mira, il limite al doppio mandato elettorale. Vabbè, alcuni, senza la benedizione grillina e in caso di caducazione delle parlamentarie in rete, la rielezione la vedono col binocolo, ma altri, come Di Maio e Di Battista, che grazie alla tv hanno guadagnato una loro visibilità e possono sperare quindi in un consenso personale, hanno meno di 40 anni e confidano, segretamente, di emulare i deprecati dinosauri colleghi, fissi a Montecitorio da lustri e lustri. 
Anche i  miti del "tutto attraverso la rete" e gli eletti come semplici "cittadini portavoce del Movimento" stanno venendo giù.
In fondo, lo dicono anche gli intellettuali : è bello essere come tutti.



Soldi e doppio mandato, il M5S e l’addio alle sue regole

Il direttorio: “Il microcredito non funziona. I soldi andranno usati, in modo politicamente proficuo”. E scricchiolano altre regole storiche
 
 
 
LAPRESSE
Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista fanno parte del direttorio a cinque che guida il Movimento in questa nuova fase

 
Nelle chiacchierate dentro il direttorio del Movimento cinque stelle si può sentire qualcuno dei cinque esporre ormai senza pudori ragionamenti come questo: «Diciamoci la verità ragazzi, il microcredito non ha funzionato, bisogna trovare il modo di usarli, i soldi, e usarli in maniera politicamente più proficua». Traduzione: i giovani stanno per riuscire a mettere in soffitta quella che per il Movimento è la regola delle regole, la regola più cara a Casaleggio, la regola francescana: i soldi pubblici in eccesso si restituiscono (a un fondo per le piccole e medie imprese). Se rinuncia a questo caposaldo il Movimento non è più la stessa cosa. È quello che sta avvenendo. 

Non senza resistenza, naturalmente, ma stanno cambiando alcune regole cruciali, nel M5S che si trasforma in partito. Che sia un passo avanti verso il pragmatismo, o la rinuncia e il tradimento dei propri ideali più coraggiosi, questo decidetelo voi. Ma la regola dei soldi sta per essere infranta. Beppe Grillo disse ai parlamentari, a fine 2013, «forse siamo stati tropo rigidi sui soldi, tremila euro per vivere a Roma, per chi non è di Roma, sono troppo pochi». Poi sono venute le elezioni europee 2014: all’indomani del voto, per evitare di ripetere la querelle sulla diaria, assai alimentata dai media, ai parlamentari europei fu concesso di tenersi tutti i soldi. Così quelli italiani mugugnano: «Perché noi dobbiamo restituire e loro no?». Infine una storia recente, molto indicativa. In Sicilia il M5s ha risistemato, con suoi soldi, una trazzera a Caltavuturo, una strada rurale che è stata pavimentata in cemento e potrà ridurre i tempi per scavalcare un punto del viadotto franato sulla Palermo-Catania. Una cosa molto bella, ma nel Movimento è servita anche a fare due più due: «Vedete? Se i soldi si possono usare a fin di bene, perché restituirli, come ci impone la vecchia regola di Casaleggio?». 

Di Casaleggio, appunto, più che di Grillo. Ieri, sul blog, s’è letto: «La selezione dei candidati per le prossime elezioni politiche manterrà lo stesso metodo di quelle del 2013». Era Grillo che smentiva se stesso del giorno prima («abbiamo imbarcato di tutto»), o era Casaleggio che - in un soprassalto - gli ha corretto il tiro? 

I due - eccoci al punto - non marciano ormai sulla stessissima lunghezza d’onda. Casaleggio è sofferente e isolato. Grillo si sta molto avvicinando al gruppetto-Di Maio. Aveva avuto l’idea di passare ferragosto con Di Maio e la first lady Silvia Virgulti a Marina di Bibbona. I «ragazzi» del direttorio spingono per cambiare una seconda regola: il doppio mandato. Nessuno nel M5S può essere eletto per più di due mandati. Ma ce li vedete i neopotenti trentenni a tornare a casa dopo due mandati in cui hanno assaggiato Roma? Altra regola che rischia. 

La terza regola è già cambiata: i meet up, che prima erano, il Movimento, sono stati declassati a semplici «Amici di Beppe Grillo», non hanno nessuna possibilità di fare recall ai parlamentari, e il Movimento è invece degli eletti, in particolare del direttorio. Luigi Di Maio si sta costruendo una sua struttura, pescando tecnici a piacimento, dal legislativo, dalla comunicazione, attraendo deputati nella sua orbita, come Mattia Fantinati, o come Alfonso Bonafede, unico che resiste alla vicepresidenza di una commissione (la Giustizia). «Non siamo un partito/ non siamo una casta/ siamo cittadini punto e basta», cantava il Movimento dello Tsunami tour. Una stagione ormai sepolta.

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