giovedì 10 settembre 2015

IN SIRIA PUTIN HA LE IDEE CHIARE, OBAMA DECISAMENTE NO . MENO MALE CHE NEL 1942 C'ERA ROOSVELT

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Se  nel 1942 presidente degli Stati Uniti d'America fosse stato Obama anziché Roosvelt, magari con l'aggiunta di un Sergio Romano alla Segreteria di Stato, oggi l'Europa parlerebbe tedesco (oddi, c'è chi dice che comunque un po' meglio impararlo...) e vivremmo sotto la bandiera rossa con la svastica.
Ce lo vedete voi l'attuale inquilino della Casa Bianca mandare i giovani americani a morire sulle spiagge di Francia  (e non solo) per combattere il nazismo ?
Io no. E Sergio Romano predicherebbe allora come fa oggi di "negoziare", sempre e comunque.
Ora, in medio oriente, laddove imperversa l'Isis, negoziare con CHI ??
Nel nodo gordiano che è diventata quella terra, con un intreccio irrisolvibile di interessi contrapposti  in cui geopolitica, religione e ambizioni di primato regionale si alternano e si aggrovigliano, io credo che la negoziazione non sia possibile nello stallo sanguinoso che si è stabilizzato. Bisognerebbe imprimere una svolta militare, eliminando intanto il Califfato (vasto programma), senza retropensieri sull'utilità di quest'ultimo a danno del dittatore che vogliamo deporre.
Putin, scrive bene l'amico Anetrini, è molto concreto e ha ben chiare le sue priorità. Obama decisamente no. 
Non è difficile che chi lo sostituirà - ormai manca un anno - farà un pochino meglio. 
 



Il groviglio di Obama



 

Non posso immaginare che il rafforzamento della presenza militare russa in Siria, annunciato ieri a Mosca, abbia colto Washington di sorpresa. Nelle scorse settimane, dopo le ultime operazioni militari dell’Isis (lo Stato Islamico), la Russia aveva lasciato comprendere che era disposta a collaborare con gli Stati Uniti e le democrazie occidentali contro la minaccia islamista. L’offerta non è stata raccolta. Gli Stati Uniti vogliono sconfiggere il Califfato, ma vorrebbero anche contemporaneamente sbarazzarsi di Assad, del suo alleato russo e della base navale di cui dispone sulla costa siriana.
Qualche giorno fa Putin è tornato sull’argomento con una dichiarazione in cui ha annunciato che Assad è pronto a fare nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento ed è disposto a governare con la parte «sana» dell’opposizione siriana. Al di là di ogni considerazione sulla credibilità di una tale prospettiva, il messaggio dimostra che Putin continua a rivendicare un ruolo nella crisi siriana e non è disposto a permettere che il presidente Assad venga travolto da una paradossale convergenza tra l’Isis e le democrazie occidentali. Gli Stati Uniti sono contrari.


Washington non vuole Assad, non vuole l’Isis e non vuole Putin nel Mediterraneo. Un tale groviglio di desideri incompatibili sarebbe più facilmente sostenibile se il presidente Obama fosse disposto a impegnare le forze americane sul terreno. Ma esclude anche questa possibilità, forse perché non vuole concludere il suo mandato con una operazione che ricorderebbe, anche se in circostanze alquanto diverse, quella del suo predecessore alla Casa Bianca. Ha un altro piano? Se crede ancora che una guerra, come quella combattuta dall’Isis in Siria e in Iraq, possa essere vinta con i droni, commette probabilmente un errore. E commettono un errore, per le stesse ragioni, quei Paesi occidentali (Francia e Gran Bretagna) che sembrano pronti, pur di provare la propria esistenza, a ripetere la disastrosa esperienza libica. Una voce intelligente e pacata, in questo panorama di vie senza uscita, sembra essere quella del ministro degli Esteri tedesco. Frank-Walter Steinmeier ha chiesto ai russi di rinunciare all’invio in Siria di uomini e materiale militare, e a Francia e Gran Bretagna di astenersi dall’intervenire militarmente; e ha motivato questa richiesta aggiungendo che un tale atteggiamento allontanerebbe la prospettiva di una soluzione negoziata. Tradotta in chiaro questa dichiarazione sembra invitare implicitamente la Russia a farne parte. Se questo è il senso delle parole del ministro tedesco, molti partner europei potrebbero condividerle; e l’Unione Europea dimostrerebbe di avere nella questione siriana la propria linea, molto più sensata di quella adottata da altri Paesi.

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