lunedì 7 settembre 2015

SULLA BATTAGLIA DELLE TASSE, PANEBIANCO TIFA RENZI. MA GLI 80 EURO FURONO UN'ALTRA COSA...

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Angelo Panebianco, nel suo editoriale odierno sul Corsera, riprende un tema sicuramente importante sul quale si era più compiutamente espresso circa una settimana fa. Ne abbiamo puntualmente dato conto : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/08/tagliero-le-tasse-il-nuovo-attentato-di.html
Ci ritorna su, anche a seguito di un commento di Eugenio Scalfari che, partendo da quell'articolo, osservava come i famosi 80 euro poco si erano rivelati utili in funzione di una condivisibile politica di riduzione fiscale, che andrebbe però orientata più a favore delle imprese e del lavoro che non a mettere una manciata di soldi in tasca agli italiani, che per lo più alla fine li useranno per pagare ALTRE tasse...
Panebianco concorda con questa analisi, ammettendo, lui che comunque, a differenza del fondatore di Repubblica, è fiducioso (cum iuicio...) nei confronti del premier, quello che solo i renziani più oltranzisti ancora negano : quella degli 80 euro fu una mancia elettorale, che se realizzata in altro modo sarebbe potuto essere oggetto di indagine sotto la voce : voto di scambio. 
Andiamo oltre, a patto che renzino non sia proprio lui ogni tanto a tirarla fuori continuando a ripetere una versione buona solo per il giglio fiorentino e dintorni. 
Buona Lettura



La rottura che serve sulle tasse
di Angelo Panebianco 
 
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La disputa sulle tasse è uno dei due temi (l’altro è l’immigrazione) al centro dell’agenda politica. Renzi vi si giocherà il proprio futuro politico oltre che quello del Paese.
La «battaglia delle tasse» si preannuncia come un conflitto epocale. Non solo interessi ma anche incompatibili visioni del mondo si affronteranno in una lotta senza esclusione di colpi. Volendo aggredire l’ideologia del «tassa e spendi», Renzi sembra deciso a una definitiva resa dei conti con quella parte della sinistra che lo odia e vorrebbe sbarazzarsi di lui. Si tratta appunto di una resa dei conti perché, più che sulle riforme costituzionali, più che sulla scuola, sulle tasse si combatte una battaglia per l’identità della sinistra. Non si scherza con le identità: una volta che siano entrate in gioco, nessuno è più disposto a fare prigionieri.
Fondamentalmente, lo scontro è fra chi propone di abbassare la pressione fiscale allo scopo di rilanciare la crescita economica (e quindi allargare la torta della ricchezza nazionale) e chi, invece, non è interessato alla crescita ma alla sola ridistribuzione del reddito (che verrebbe garantita, secondo tale ideologia, da tasse alte e da alta spesa pubblica) pur in presenza di una torta che va riducendosi, di una ricchezza nazionale in declino. 

 È il conflitto fra una visione che apprezza il dinamismo sociale e una visione che preferisce le società statiche, a bassa crescita, ove i conflitti sono a somma zero (togliere a Tizio per dare a Caio anziché fare in modo che — ampliando la torta — ottengano di più entrambi).


Commentando un mio editoriale su questo tema ( Corriere , 28 agosto), Eugenio Scalfari ( La Repubblica , 30 agosto), ha osservato che Renzi avrebbe mostrato molta più coerenza a suo tempo se, anziché impegnare risorse nella distribuzione degli ottanta euro a certe fasce di lavoratori dipendenti, avesse puntato a una seria riduzione del cuneo fiscale. 

 Concordo con Scalfari. La misura degli ottanta euro (presentata come una riduzione delle tasse ma, in realtà, un classico caso di ridistribuzione del reddito), come mostrato anche dallo studio — di cui ha dato conto due giorni fa il Corriere —, diretto e coordinato da Luigi Guiso, ha avuto effetti ambigui: gli ottanta euro sono stati per lo più impegnati in consumi da coloro che ne hanno beneficiato, il che ha aiutato, in un momento di grave difficoltà, la domanda interna. Però, all’effetto positivo si è sommato un effetto negativo dovuto al varo di diverse misure, ivi compresi aumenti delle tasse, necessario per reperire le risorse. 
In realtà, quella degli ottanta euro fu una mossa spiegabile soprattutto in termini politici: servì, nelle consultazioni europee di due anni fa, per mantenere ancorato al Pd un elettorato che, senza quella misura, forse, lo avrebbe abbandonato (per l’astensione o per i Cinque Stelle).
Non mi pare però che questo cambi sostanzialmente il quadro. Se Renzi si impegnerà sul serio nella battaglia delle tasse, sarà coinvolto in uno scontro durissimo. Peraltro, con non molte probabilità di farcela: è possibile che in un Paese che invecchia coloro che scommettono sul futuro, che puntano su dinamismo e innovazione, risultino in minoranza. In ogni caso, egli dovrà consumare definitivamente quella «rottura sentimentale», di cui ha parlato Massimo D’Alema, con la tradizione post-comunista.
 

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