martedì 20 ottobre 2015

IL COMPLOTTISMO E I SUOI PROFETI. LA CRITICA DI PAOLO MIELI

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Nel 2018, o più probabilmente nel 2017, si tornerà a votare, e siccome il 40% ben difficilmente lo prenderà qualcuno al primo turno, quand'anche l'Italicum venisse modificato perché i sondaggi non rassicurano più renzino sulla vittoria sicura se si presenta da solo col suo PD, ragion per cui potrebbero essere accontentati quelli di Area Popolare con l'apertura alle lista di coalizione, ecco che al ballottaggio con ogni probabilità arriveranno gli ortotteri di Grillo.
Bene, in quel caso, pochi dubbi nel votare il putto fiorentino, perché uno come Casaleggio, per il quale va abolita la prescrizione, o Di Maio con la sua fissa sul reddito di cittadinanza (sei nato, allora ti meriti lo stipendio ! ) , per non parlare di quel dandy buffo di Di Battista, proprio non posso immaginarli a Palazzo Chigi, nemmeno nel peggiore degli incubi.
Ovviamente confido nel miracolo che da qui a due-tre anni il centrodestra partorisca qualcosa di commestibile e competitivo, e poter dare il voto ad una formazione almeno blandamente liberale.
Ma tra il male e il peggio, toccherà scegliere il primo.
Faccio queste considerazioni alla lettura del compendio di Paolo Mieli dedicato alle straverie complottiste di cui gli esponenti dei 5 Stelle sono fieri enunciatori. Le scie chimiche, i microchip sottopelle, le sirene, lo sbarco delle luna inventato...
Mieli lo fa per contestare l'opposizione pentastellata ai vaccini, forieri di indimostrate conseguenze patologiche, dicendo di accontentarsi di una retromarcia sul punto, trascurando il pirotecnico resto.
Temo che non lo sarà (accontentato).


Vaccini e Falsi Complotti  
 
di Paolo Mieli   

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                Sarebbe stato assai importante se al raduno di Imola Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio (ma anche Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio o chi per loro) avessero compiuto una Bad Godesberg in merito ai dogmi cospirazionisti che sono nel Dna del loro movimento. Così come il 15 novembre del 1959, nella piccola città poco distante da Bonn, i socialdemocratici tedeschi gettarono nel cestino l’ideologia marxista aprendosi la  via al governo, così adesso, per una questione di  tempi, i Cinque Stelle avrebbero dovuto sbarazzarsi dell’ideologia complottista che non si addice a chi aspira ad entrare a Palazzo Chigi e, da quella postazione, a cambiare il Paese.   La questione dei tempi  è relativa alla circostanza che oggi la Conferenza Stato Regioni dovrebbe approvare il nuovo Piano nazionale per i vaccini.

In un’intervista a Margherita De Bac pubblicata domenica su queste pagine la responsabile del Ministero della Salute, Beatrice Lorenzin, ha reso pubblici dati davvero allarmanti.

Ben oltre 5 bambini su 100 sfuggono alla profilassi antipolio, tetano, difterite, epatite B, pertosse. Addirittura il 14 per cento si sottrae ai vaccini contro morbillo, rosolia e parotite. Possono sembrare percentuali di entità trascurabile. Invece sono davvero alte se si considera che da molti anni la soglia di copertura necessaria, che è all’incirca del 95% di vaccinati, sembrava essere a portata di mano.  

 Se non ci si colloca stabilmente entro i confini di quella soglia del 95%, virus e batteri non saranno mai debellati, potrebbero presentarsi rinvigoriti e perfino causare epidemie.

 E che c’entra Grillo? Il mondo che crede a congiure e complotti universali, che ha nel web la sua platea universale, è nemico giurato dei vaccini. Grillo ne è una sorta di pontefice dall’8 settembre del 2007 allorché al Vaffa day lanciò la sua prima invettiva contro queste misure di profilassi dalle malattie infettive. Resta agli atti una proposta di legge dei suoi seguaci (il 23 luglio 2013, qualche mese dopo essere entrati in Parlamento) per boicottare i vaccini. La proposta si richiama a «recenti studi» che avrebbero «messo in luce collegamenti tra le vaccinazioni e malattie specifiche quali leucemia, intossicazioni, infiammazioni, immunodepressioni, mutazioni genetiche trasmissibili, malattie tumorali, autismo e allergie». I «recenti studi» non sono mai stati identificati a meno che non ci si riferisse alla gaffe della rivista The Lancet che pubblicò una «ricerca» di Andrew Wakefield tesa a mettere in relazione il vaccino contro il morbillo e l’autismo. Il British Medical Journal dimostrò che l’articolo di Wakefield era inzeppato di prove false e The Lancet fu costretta a ritirarlo. Una vicenda di fine anni Novanta che non consente adesso di parlare di uno «studio» e nemmeno «recente».

Non intendiamo con questo sostenere che Grillo sia l’unico responsabile del fatto che un numero crescente di famiglie sottraggano i loro figli dalle piccole iniezioni che li immunizzerebbero da un gran numero di malattie. Ma è certo che quel suo pronunciamento di qualche anno fa contribuisce a provocare un clima di diffidenza nei confronti di un’elementare profilassi. Colpisce ad esempio che, in reazione all’allarme della Lorenzin, il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, abbia espresso dubbi sull’entità del pericolo (e fin qui...) ma si sia altresì sentito in dovere di denunciare «le grandi manovre delle case farmaceutiche per arricchirsi grazie all’allarme vaccini». Dove sono le prove specifiche? E siamo al punto. I responsabili di queste cospirazioni non vengono mai identificati per nome e cognome dai complottomani.

 È il caso di un altro cavallo di battaglia dei Cinque Stelle: le «scie chimiche» rilasciate da aerei non meglio identificati. Di Battista e Carlo Sibilia (responsabile Cinque Stelle per l’educazione, per lui lo sbarco degli americani sulla Luna è stato «una farsa») diedero credito alla teoria secondo cui queste misteriose entità aeree avrebbero prodotto nell’aria «irrorazioni» di «lunghi e appiccicosi filamenti che fluttuano nel cielo». Paola Taverna fu più prudente: «Chi può escluderle?», domandò (sull’ Espresso ). Marco Zullo si impegnò a portare il caso a Bruxelles. Di Maio disse che interrogazioni dello stesso tenore erano state presentate anche da deputati del Pd. Se è per questo il primo a «far esplodere» in Parlamento il caso delle scie chimiche era stato, nel febbraio del 2011, Domenico Scilipoti.

 Sempre in tema di complotti, bersaglio unanime del movimento è il gruppo Bilderberg responsabile, secondo l’appena citato Sibilia, della strategia della tensione in Italia. Le prove, a suo dire, gliele avrebbe fornite il giudice Ferdinando Imposimato, lo stesso che in un libro ha «dimostrato» il pieno coinvolgimento di Francesco Cossiga e Giulio Andreotti nel rapimento e nell’uccisione di Aldo Moro (anche se poi il pm Luca Palamara si vide costretto a incriminare l’informatore di Imposimato, tale Giovanni Ladu: aveva inventato le «prove»). Monia Benini ha sostenuto che Goldman Sachs e JP Morgan finanziano i matrimoni gay per ottenere una massiccia riduzione della popolazione. Tiziana Ciprini Cicchi ha «dimostrato» che la norma per poter dare al neonato il cognome della madre era riconducibile a un Nuovo Ordine Mondiale intenzionato a «demolire la cultura patriarcale ormai scomoda e pericolosa per il sistema». Davide Bono si è detto convinto che i filmati delle decapitazioni Isis fossero «un falso Usa per giustificare all’opinione pubblica i bombardamenti americani». Di Battista si è detto convinto che le guerre in Africa siano per lo più «combattute per il rifornimento idrico all’industria della carne». Tatiana Basilio ha accusato entità sempre misteriose di aver fatto sparire «prove schiaccianti» dell’esistenza delle sirene. Paolo Bernini godette di una qualche notorietà per aver rivelato a Ballarò che gli americani ci controllano con dei microchip sottopelle.

 Qualche volta però nomi e cognomi sono stati fatti. Maurizio Buccarella, ad esempio, ha denunciato Pietro Grasso che disporrebbe sul suo banco di presidente del Senato di un tasto che gli consente di staccare il collegamento video quando c’è la diretta tv così da non far apparire sullo schermo i rappresentanti di Cinque Stelle. E in almeno una occasione il movimento ha avuto l’onestà di fare marcia indietro. È stato nel caso della proposta di legge, primo firmatario Filippo Gallinella, per uno stop all’importazione del grano «saraceno». Quando fu fatto loro osservare che la denominazione della spiga non aveva niente a che fare con l’area di provenienza e che quel grano non veniva da terre islamiche ma pur chiamandosi «saraceno» era prodotto qui in Italia, dissero che si era trattato di un «refuso» e che avrebbero corretto con «grano straniero». Bene così.

 Quanto a noi, ci accontenteremmo che l’élite più informata dei simpatizzanti grillini si pronunciasse non già per mettere un freno a questa allegra combriccola di buontemponi ma per una radicale revisione limitata ai vaccini.

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