sabato 24 ottobre 2015

IL VIGILE IN BUDGE E MUTANDE DIFESO DALLA MOGLIE : LEGGEREZZA, NON TRUFFA

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L' articolo potrebbe anche far sorridere, perché francamente non è semplice credere alla difesa del signor Alberto Muraglia e di sua moglie..., specie di fronte ad una foto così comica e inchiodante : lui che timbra il badge in mutande...
Però magari il processo rivelerà che in effetti, se anche l'evidenza è così clamorosamente accusatoria, poi nella sostanza, come dicono i consorti, l'uomo il suo lavoro lo svolgeva regolarmente...
Vedremo.
Quello che però ritengo più importante evidenziare è il giustissimo commento fatto da Paolo Beltramin, sulla stessa pagina del Corriere della Sera e che integralmente riporto :

Piove, governo ladro? Peggio: «Io non mi vergogno di essere italiano, mi vergogno solo di essere rappresentato da politici condannati e corrotti che saccheggiano ogni santo giorno uno dei Paesi più belli del mondo». È solo uno dei tanti, generici sfoghi «anti Casta» che si incontrano su Facebook. C’è chi la prende sul ridere, con battute che sorpassano il limite dell’insulto: «Papà, tu la paghi la tassa sugli animali? Ma certo! — risponde il padre — Con tutti i maiali che mantengo a Roma...». Frasi e toni a cui siamo abituati: colpisce che ad averle scritte nei loro profili sul social network siano stati alcuni dei 43 dipendenti pubblici assenteisti arrestati a Sanremo per truffa. Perché queste invettive violente quanto superficiali fotografano una pessima abitudine di alcuni italiani: predicare bene e razzolare male. Se piove così tanto, è anche colpa loro.

Ecco, in Italia il problema non è tanto l'impossibilità ad essere coerenti, che in effetti non è impresa facile, ma l'indigeribilità dell'ipocrisia. Insomma, fai anche tu il furbetto, quando nel tuo piccolo ti capita, cerca di tenere un profilo basso... Invece no. Tutti pronti a indignarsi, a sproloquiare contro disonesti, corrotti e corruttori, gli italiani incivili..., però poi, quando si arriva a Rodi, quando siamo noi a dover saltare, ecco quasi sempre queste misere figure.
Ma stare zittini no ?



 Il Corriere della Sera - Digital Edition

 
Il personaggio «Badge in mutande?
Nessuna truffa, io abito proprio lì»
La moglie «Se si ricordava del timbro mentre faceva
la doccia, diceva: vai tu per favore?»

Sanremo, il caso degli assenteisti al Comune
Parla il vigile diventato simbolo dell’inchiesta

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dalla nostra inviata
Giusi Fasano



SANREMO Mi faccia capire. Suo marito è il tizio che si vede mentre timbra il cartellino in mutande, giusto? «È capitato, sì». Adriana ha gli occhi rossi di una che non ha dormito nemmeno un’ora. Accenna un sorriso e spiega: «Lo so che mi sembra tutto assurdo ma mi creda, siamo brave persone. Abbiamo commesso delle leggerezze, sbagliato qualche dettaglio, è vero. Ma non siamo né ladri né truffatori».
Alberto Muraglia, suo marito, è il vigile urbano di Sanremo diventato simbolo dell’inchiesta sugli impiegati comunali furbetti che timbravano la presenza al lavoro e poi facevano tutt’altro. Strana storia, la sua. Lavoratore modello da 30 anni al servizio del municipio, tre figli che lo adorano, bravo cuoco, una schiera infinita di amici, una doppia attività come custode del mercato annonario che praticamente è casa sua (il suo appartamento è dentro il mercato) e — cosa di cui lui va più orgoglioso — italiano di fiducia dei reali del Belgio per vent’anni. Paola Ruffo di Calabria, regina dei belgi fino al 2013 e consorte del re Alberto II, lo conobbe per caso quando il vigile di Sanremo sostituì il comandante abituale del suo yacht. Assaggiò i suoi piatti e decise che quel comandante-cuoco sarebbe stato del suo staff a ogni passaggio italiano della famiglia reale.
«Alberto è sempre stato un motivo di orgoglio per il Comune e adesso guarda cosa doveva capitare...» sospira Adriana.
«Ma tu pensa...» ha commentato lui stesso con sua moglie, «una vita intera a lavorare, lavorare, lavorare e alla fine mi ricorderanno tutti come il vigile in mutande...».
Agli arresti domiciliari da due giorni (stesso provvedimento per altri 34 dipendenti), il vigile Muraglia ha il divieto di parlare con persone che non siano l’avvocato, la moglie e i suoi tre figli. Quindi lui non si vede né si sente dal portone in fondo alle scale che Adriana apre dopo un po’ di incertezza. «Abbiamo passato tutta la notte a ricostruire come sono andate le cose per ognuno degli episodi che gli contestano» annuncia sfinita, con la sua voce gentile. «E sa cosa abbiamo scoperto? Che per ciascun fatto abbiamo le prove — e ripeto: prove — che niente è come è stato descritto nelle accuse. Dicono che si allontanava dal servizio e invece abbiamo carte e testimoni che dimostrano che stava lavorando eccome! Dicono che timbrava in ritardo per far la cresta sugli straordinari eppure non ha mai preso un centesimo di straordinario se non richiesto e approvato dai suoi superiori per motivi certificati».
E le immagini che mostrano lei e sua figlia mentre timbrate? «Certo, non dovevo farlo né avrebbe dovuto farlo nostra figlia. È stata una leggerezza, un errore. Però per quegli stessi giorni abbiamo la dimostrazione che mio marito aveva lavorato le ore che doveva. Lui si occupa di rimozioni, mercati esterni. Ci sono i verbali, le foto, i documenti delle manifestazioni che seguiva fuori ufficio. È che magari si ricordava del timbro mentre era sotto la doccia e ci diceva: per favore vai tu? Non era un imbroglio, mi creda. Noi siamo gente perbene».
Per accettare una spiegazione del genere bisognerebbe conoscere gli ambienti in cui tutto questo avveniva. La casa del vigile Muraglia — con vista sulle bancarelle di frutta e verdura dentro il mercato — ha un ufficio con due porte: da una parte si va nell’appartamento, dall’altra nel corridoio che mette in comunicazione diversi uffici comunali. Così la descrive sua moglie. Cinque-sei passi e si arriva alla macchinetta timbra-tempo, «magari in mutande se si ricordava di farlo fuori tempo massimo, quando si era già messo in libertà».
Adriana di mestiere fa la maestra in una scuola materna. Ieri per la prima volta ha chiesto un giorno di permesso per motivi familiari.
«Alberto è tranquillo perché ha la coscienza pulita ma non potevo lasciarlo solo proprio adesso» dice. «E lì che studia le carte e cerca le vecchie agende per ricostruire ogni passaggio. Non è il vigile in mutande. È soltanto un uomo che non vede l’ora di mostrare a tutti la verità».

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