lunedì 19 ottobre 2015

LA GIUSTIZIA PUO' MIGLIORARE CON PRESIDENTI DI TRIBUNALE PIù CAPACI ED EFFICIENTI

Risultati immagini per lentezza della giustizia

Se senti quelli di certa sinistra, gli ortotteri e naturalmente magistrati e loro corifei (quelli de Il Fatto Quotidiano, per citare i principali), l'unica vera riforma della giustizia consiste nell'avere più personale, giudicante e coadiuvante (cancellieri e loro subordinati), più aule e più tribunali.
Del resto, sono gli stessi per cui la spesa pubblica non è mai troppa, gli sprechi non sono mai il vero problema, basta far pagare le tasse agli evasori ed è tutto risolto.
Non si sa come mai questa semplice ricetta non funzioni da nessuna parte, e nei paesi dove le tasse le pagano quasi tutti, si combatte col problema degli eccessi di debito e spesa. Forse il teorema economico è sbagliato.
In realtà, in Italia non si spende affatto poco per la giustizia, anche perché gli importi specifici pagati dai cittadini per accedervi - leggi nel campo civile il contributo unificato, senza contare i bolli extra e altri balzelli, come l'imposta di registro sui vari provvedimenti ecc. ecc. - non sono affatto irrilevanti, anzi. Il problema è come vengono distribuite le risorse, per la grande parte destinata agli stipendi...
Come risolvono 'sta cosa secondo le menti illuminate ? Aumentandoli.
Eppure un'alternativa c'è, quantomeno per migliorare le cose, ed è affidare la direzione dei Tribunali a Presidenti efficienti, capaci di organizzare il lavoro dei loro colleghi.
I numeri dicono che si può.
Ecco di seguito l'analisi di Roger Abravanel, che parte da uno studio affidato al Dr. Barbuto, presidente del Tribunale di Torino e chiamato a Roma per vedere se il buon lavoro fatto nel capoluogo piemontese fosse riproducibile su scala nazionale.
Si è partiti ovviamente con il fotografare la situazione presente, con immagini decisamente sconfortanti.
 Quelle che potete leggere di seguito.





Giustizia inefficiente il rimedio più valido resta la meritocrazia

  Un centinaio di tribunali su 140 danno risultati mediocri
Risultati immagini per lentezza della giustizia
 
 Nei giorni scorsi il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha dichiarato apertamente guerra all’antimeritocrazia dei tribunali italiani, iniziando un tour in Calabria dove, sostiene, «la giustizia per cittadini e imprese è peggiore». Ha criticato una settantina di tribunali in «gravi difficoltà» e dichiarato che il Csm deve essere molto più selettivo nella scelta dei «capi ufficio»(chi guida tribunali e procure) che non devono essere solo bravi giuristi, ma anche buoni manager.

 È una notizia importante che non deve essere sottovalutata. Sembra che il ministro abbia deciso di affrontare finalmente il nodo della riduzione dei tempi delle cause civili più contenziose (successioni, fallimenti, contratti commerciali) e che si sia convinto della importanza della leadership dei 140 tribunali civili. A convincerlo ha sicuramente contribuito uno studio effettuato da Mario Barbuto, l’ex presidente del tribunale di Torino chiamato a Roma da Matteo Renzi a guidare la direzione organizzativa del ministero. Pochi mesi dopo il suo insediamento, con l’aiuto di un team del ministero e di consulenti di management (a titolo gratuito), Barbuto ha analizzato 3 milioni di cause e misurato la performance di ognuno dei 140 tribunali.

 Emerge chiaramente che le prestazioni in termini di durata delle cause e numero di cause ultratriennali variano incredibilmente da un tribunale all’altro: ce ne sono 27 eccellenti (un anno e tre mesi di tempo medio in primo grado, meglio della media europea), 16 mediocri (un anno e 9 mesi) e 97 pessimi (due anni e sette mesi).
 Tra questo centinaio ce ne sono 70, di cui parla il ministro, che hanno più di un terzo di cause invecchiate oltre tre anni e che sono i peggiori tra i peggiori.

 I presidenti dei tribunali sostengono che ci sono poche risorse (magistrati e cancellieri) ma il ministro dichiara di non essere d’accordo e lo studio di Barbuto gli dà ragione: i tribunali migliori riescono ad esserlo pur essendo scoperti sull’organico standard quanto i peggiori. Molti presidenti di tribunale mediocri o pessimi danno anche colpa alla litigiosità locale; ma i tribunali migliori sono in zone con la stessa litigiosità dei peggiori.

 Uno dopo l’altro, l’analisi di Barbuto ha smontato tutti i possibili alibi. Ne restava uno, il classico problema Nord-Sud. Perché, anche se tra i 97 pessimi ce ne sono alcuni del Nord, la maggioranza è al Sud. Ma non è colpa del contesto meridionale: il tribunale di Marsala in tre anni si è portato tra i migliori dei 27 migliori. Come? Gioacchino Natoli, presidente del tribunale di Marsala, dopo avere studiato il «metodo Barbuto» (ribattezzato “Strasburgo” perché è stato celebrato in Europa), lo ha applicato (e migliorato) con grande successo nel proprio tribunale.

 Si dimostra così che i capi (come sempre) contano. E che i 97 presidenti dei tribunali peggiori hanno un ruolo chiave per migliorarli. La posta in gioco è alta. Per sostenere e ampliare la crescita del Prodotto interno lordo non basta la fiducia nel premier. Ci vuole anche quella nella giustizia, il che in economia vuole dire certezza del diritto civile e tempi compatibili con le attività delle imprese, soprattutto quelle di servizio. Le leve a disposizione del governo non sono tante, perché i magistrati sono indipendenti dalla politica e il loro referente è il Csm (Consiglio superiore della magistratura) che, sino ad oggi, non ha dato prova di grande volontà di cambiare. Il roadshow annunciato dal ministro presso i tribunali più in difficoltà è una leva che va sfruttata.

 Che cos’altro è possibile fare? Chiedere di ridurre ulteriormente le ferie di tutti i magistrati, servirebbe a poco. Semmai si potrebbe minacciare di chiudere i tribunali più inefficienti. Il governo precedente ha chiuso 40 piccoli tribunali per tagliare i costi, ma lo studio dimostra che sarebbe stato meglio considerare l’efficienza degli uffici nell’accorpare i tribunali, indipendentemente dalla loro dimensione (ce ne sono piccoli efficienti e medio grandi inefficienti). 
 Chiudere un tribunale inefficiente sarebbe un bel segnale.

 Un’altra leva è una campagna di comunicazione, nei confronti di cittadini e imprese, i veri «clienti» del servizio della giustizia civile. Sino ad oggi le loro impressioni sulla magistratura sono dovute più ad avvenimenti legati alla cronaca, come le intercettazioni, o alla politica come nella guerra tra Silvio Berlusconi e la magistratura.
 Una massiccia campagna di comunicazione, magari guidata personalmente da Matteo Renzi, per spiegare a cittadini, imprese e avvocati che risiedono dove ci sono i 97 tribunali peggiori potrebbe portare a qualche effetto. Le imprese porterebbero, quando possibile, i fori competenti dove ci sono i tribunali migliori e, in un Paese democratico, i tribunali sono indipendenti dalla politica ma non indifferenti ai movimenti di opinione dei loro concittadini.

 Forse allora anche il Csm si muoverà e il Paese potrà finalmente partire.

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