Ha ragione da vendere l'Unione Camere Penali nel denunciare la sorprendente iniziativa della procura di Bari che ha partorito un corto cinematografico dei video e delle intercettazioni raccolte durante le indagini riguardanti l'ennesimo caso di corruzione (o concussione ?) stavolta riguardante il Teatro Petruzzelli di Bari.
Gianrico Carofiglio, ex magistrato (pm ) , oggi coinvolto nella direzione artistica del Teatro, e che è stata parte attiva nella denuncia tesa a scoprire il malaffare che aveva inquinato il prestigioso palazzo barese, intervistato, ha espresso tutta la sua vibrante indignazione, emozione suscitata dalle immagini in questione.
E questo si può capire. Meno il fatto che non fosse sorpreso - io lo ero - che queste immagini lui (noi, tutti) le potesse vedere, visto che le indagini sono in corso e una esplicita norma del codice ne vieta la divulgazione.
Il commento di biasimo, che di seguito riporto, è ben fatto, condito da aguzza ironia, però mi resta una perplessità.
Perché SOLO un documento ? Perché non una denuncia vera e propria, depositata presso la procura (Taranto immagino)competente a registrare quelle che riguardano contestazione di illeciti da parte dei colleghi baresi ?
Magari aggiungendo anche un esposto, formale, al CSM .
Di fronte ad una violazione così palese, io avrei cercato il modo di mettere vieppiù in imbarazzo le toghe "etiche".
l video del furgone di Bossetti era opera di dilettanti: a Bari sì che ci sanno fare!
Cronaca di un trailer processuale e della missione etica di una Procura
L'Osservatorio sull'informazione giudiziaria dell'Unione delle Camere Penali Italiane non può che esprimere viva e vibrante ammirazione per il filmato trasmesso dai mezzi di informazione il 14 gennaio scorso, su "autorizzazione" della Procura della Repubblica di Bari, a beneficio di tutti gli spettatori italiani, e relativo alle indagini condotte nel capoluogo pugliese a carico del direttore amministrativo del Teatro Petruzzelli ed altri per un'inchiesta sul pagamento di "tangenti" (il cui merito, ovviamente, in questa sede non interessa).
Il montaggio del filmato appare veramente professionale, oltre che stupefacente per gli effetti speciali messi in campo, e segna un deciso passo in avanti (nella speciale classifica del film festival degli investigatori italiani) rispetto a quello dell’ormai celebre video del furgone dell'imputato Bossetti.
Gli "stacchi" visivi alternano le riprese all'interno degli uffici di polizia giudiziaria a quelle girate nell'ufficio del direttore indagato, con suggestivi squarci del Teatro Petruzzelli. Il tutto allietato da una coinvolgente e deliziosa colonna sonora di musica classica.
Esaurite però queste considerazioni estetiche, l'Osservatorio si trova, suo malgrado (visto il contenuto artistico del filmato), a dover denunciare l'ennesima violazione dell'art. 114 c.p.p., ormai vilipesa disposizione del vigente codice processuale.
In questo caso il filmato - una sequenza di stralci di video e intercettazioni, e dunque di atti di indagine non pubblicabili neppure parzialmente nel loro tenore "testuale" fino alla chiusura delle indagini preliminari- è stato addirittura trasmesso e diffuso prima che il difensore avesse precisa e adeguata contezza degli atti, sui quali - peraltro - è fondata la richiesta di arresto e la relativa ordinanza di custodia cautelare.
Non finiscono qui, però, le innovazioni della Procura barese.
In questo caso, infatti, la "autorizzazione" alla diffusione del video ha inteso rivestire non solo una finalità autoincensatoria degli investigatori ma anche un aperto intento moralizzatore (uno ne filmi, cento ne educhi?), posta dichiaratamente a fondamento, da parte del Procuratore di Bari, di una esigenza di "deterrenza" nei confronti dei cittadini.
Come se l'ufficio di Procura avesse una missione etica, da condurre, appunto, anche con l'ausilio di filmati propagandistici diretti a rappresentare una sorta di gogna mediatica.
In definitiva, dunque, al di là delle intenzioni, ci si trova di fronte all'ennesimo esempio di processo spettacolo, con il consueto pericolo del condizionamento dei giudici e dell’opinione pubblica attraverso la diffusione di atti di indagine in spregio dell'art. 114 c.p.p. Diffusione che, in questo caso, è addirittura supportata da un "trailer" della vicenda processuale.
Spiace constatare che, nonostante le segnalazioni ripetute di episodi di questo genere, nessuno avverta l'esigenza di arrestare la costante degenerazione del processo, trasformato ormai in evento mediatico già nella fase delle indagini, e che, da parte dei mezzi di informazione, si stenti a comprendere la consistenza del problema in termini di civiltà giuridica, aprendo una seria riflessione sugli effetti devastanti di questo circo mediatico giudiziario.
Roma, 15 gennaio 2016
L’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’UCPI
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