venerdì 4 marzo 2016

I MERCATI E LA SINDROME DEL MALATO IMMAGINARIO

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Divertenti, come sempre, le similitudini di Alessandro Fugnoli, l'esperto di finanza "amato" dal Camerlengo per il suo indefesso ottimismo.  Il suo motto "il mondo non finirà domani", replicato a dispetto di qualsiasi orso di borsa, piace moltissimo ad un realista poco portato a vedere le cose rosa come chi scrive.
Stavolta il "Nostro", per descrivere, e ironizzare, sui soloni del Mercato, gli esperti del senno del poi, che prevedono continue catastrofi senza azzeccare quelle vere (chi aveva previsto il crollo del 2007 ? Molto pochi, come ben racconta e documenta il bel film "La Grande Scommessa" ). E in precedenza non è stato molto diverso. In realtà, come avviene anche tra i tifosi di calcio, ci si schiaccia molto sul presente, per cui dopo una sconfitta la squadra è in crisi e a rischio retrocessione e dopo una vittoria è rinata e pronta ai più alti traguardi. Così quando le borse vanno su, lo faranno all'infinito, quando scendono l'armageddon è vicino.
Né cercare di capire di economia aiuta le persone normali.
La mia giovinezza è stata caratterizzata dallo shock petrolifero e da una inflazione arrivata a sfiorare il 20% (!!) .
Oggi il pericolo è il petrolio che va giù e la deflazione.
Capisco che in media stat virtus, però i miei amici cha fanno il faticoso mestiere di promotori finanziari capiranno bene un mio scetticismo crescente nei confronti della loro professione.
Buona Lettura



IL MALATO IMMAGINARIO

 
Ipocondria, la malattia dei mercati sani

 
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Sto morendo e tutti quanti mi stanno lasciando solo. Argante, il malato immaginario di Molière, soffre ogni tanto di mal di testa e di mal di pancia come la maggioranza degli esseri umani, ma pensa sempre di essere a un passo dalla fine. Si circonda di medici e farmacisti e vuole maritare la figlia non a un nobile o un ricco, come farebbe un normale padre del ceto medio francese del XVII secolo, ma a un dottore, in modo da averne uno sempre pronto in casa.

I medici, la cui professionalità consiste nel dare nomi latini alle vaghe indisposizioni e nel prescrivere sempre e comunque purghe e salassi, trovano in Argante il paziente ideale, quello che non muore e non guarisce mai, non ha malattie serie, è pronto a sottoporsi a qualsiasi trattamento stravagante e paga regolarmente. Beraldo, fratello di Argante, pensa che i medici servano a poco e suggerisce di lasciar fare alla natura. Tonina, la serva sveglia, sostiene che un buon arrosto e vino rosso siano cure migliori di quelle consigliate dai medici. Il lieto fine sarà un compromesso. Invece di accettare il noioso dottore proposto dal padre, la figlia sposerà l’amato, che si impegna a studiare medicina. Argante, dal canto suo, verrà invece proclamato medico da parenti e amici con una cerimonia in latino. In questo modo si potrà curare da solo, risparmiando un sacco di soldi.

Il Malato Immaginario è del 1673, ma tre secoli e mezzo più tardi fa ridere ancora e conserva intatta la sua carica eversiva di satira feroce tanto dei pazienti quanto dei medici quanto, alla fine, dei pazienti che diventano medici di se stessi.
La commedia diventa ancora più divertente se la si riambienta nel mondo dell’economia e della finanza, con i mercati come pazienti, gli economisti e i banchieri centrali come medici, la matematica al  posto del latino e, alla fine, con i mercati che diventano gli economisti e i policy maker di se stessi e si prescrivono cure spesso controproducenti per malattie inventate o diagnosticate male.
Con tutto il rispetto per i grandi progressi della medicina e dell’economia le dinamiche psicologiche sottostanti sono del resto sempre le stesse. La paura che fa perdere il lume della ragione e del buon senso, l’inventarsi i problemi dove non ci sono e il non vedere quelli che ci sono, l’affidarsi al ciarlatano con la soluzione sempre pronta erano tra noi nella Francia del Re Sole, sono tra noi oggi e lo saranno anche quando l’intelligenza artificiale disegnerà i nostri portafogli e sarà protagonista dei mercati.

E così fino a tre settimane fa i mercati si sono inventati una malattia da deflazione proprio mentre l’inflazione, almeno in America, faceva bruschi salti all’insù anche nella parte core, quella che esclude il petrolio e gli alimentari. Salti, dovuti all’aumento degli affitti e delle spese mediche, che hanno tutta l’aria di non essere una tantum e ci portano ad aspettare con il cronometro in mano il momento in cui qualcuno salterà su a dire che abbiamo seri problemi di inflazione. E mentre si calcolavano le probabilità di recessione, alzandole ogni giorno, l’economia si riprendeva in America anche nel manifatturiero e restava in uno stato più che dignitoso in Europa.

E mentre i mercati, diventati medici di se stessi, si prescrivevano tassi profondamente negativi anche in America come cura di una recessione inesistente, i medici veri della Fed (che come tutti i medici da Ippocrate in avanti, per quanto fallibili, ci hanno quasi sempre capito qualcosa di più dei malati) continuavano ad accarezzare l’idea di altri rialzi dei tassi.

Visti i danni che i mercati sono riusciti a infliggersi in questa rivisitazione del 2008 che sono stati gennaio e febbraio, è però ben possibile che la Fed non alzi i tassi il 16 marzo. In questo caso il grande recupero in corso non si fermerà con una presa di profitto quando Draghi ci illustrerà le nuove misure espansive della Bce la settimana prossima, ma potrà ancora proseguire.
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