mercoledì 9 marzo 2016

SPALLETTI CONTROCORRENTE : NON SI TRATTA DI SFORTUNA, NON SIAMO ANCORA BRAVI

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  Niente miracoli al Bernabeu, e poi, a sentire certe radio romane, nemmeno di questo si trattava. In fondo, bastava fare un gol, quelli - che hanno vinto 10 coppe tra Campioni e Champions - si sarebbero messi paura, e quindi sarebbero venuti il secondo e il terzo. Che ce voleva ?
E invece no. 2-0 la Roma ha perso all'andata e lo stesso risultato lo ha subito al ritorno.
Eppure... C'è sempre un ma, un però nel cuore dei tifosi, e naturalmente c'è anche stavolta. All'andata mancò la concessione di un rigore ("tu daccelo e poi vedemo..." un classico del tifoso di calcio ! ) , al ritorno la fiera del gol mancato ("tu segnalo, e poi ne riparlamo...").  Un modo strano di vedere le partite, per il quale l'evento mancato SICURAMENTE avrebbe prodotto tutt'altro risultato SE si fosse avverato.
Il vantaggio, come nelle teorie complottiste, è che non c'è controprova.
Come una sorta di nemesi, ancorché non esattamente percepita, sulla panchina della Roma è arrivato Spalletti che, invece di assecondare il famoso vittimismo proprio degli appassionati di calcio (se romani meglio, che noialtri un po' piagnoni lo siamo in generale) , va ai microfoni e non si attacca minimamente ai gol mancati, che non sono, per il tecnico giallorosso, la prova di un destino cinico e baro (o magari di un complotto plutocratico contro l'ex caput mundi) bensì di una squadra ancora non matura per gli scenari più grandi.  I toni del toscano, come spesso accade con lui, mi sembrano sopra le righe. In fondo la Roma è venuta su un campo difficile e ha giocato una buona partita, e questo lo avrei sottolineato. Però la sostanza delle parole di Spalletti la condivido.
Se crei e non segni, non sei sfortunato, piuttosto non sei bravo, quantomeno non abbastanza.
Ed in proposito, il giudizio di Mario Sconcerti, che trovate di seguito, mi sembra azzeccato. La Roma, grazie a Spalletti, è tornata ad essere una grande squadra qui da noi, in Italia.
Solo che noi è parecchio che non siamo più grandi.
E vedrete che il concetto varrà, mutatis mutandis, la settimana prossima, a Monaco.



 

Il campione, l’unica differenza

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L a Roma non è stata inferiore al Real come squadra. Lo è stata come somma di qualità individuali. Il Real gioca un calcio vecchio, non ha schemi, ha giocatori. Zidane sembra un classico ex grande calciatore che fondamentalmente non stima i suoi perché non li considera all’altezza del ricordo che ha di sé. Il suo Real non ha un’idea di gioco, ha le idee dei suoi giocatori. Ha l’energie delle sfumature. Meglio la Roma come chiusura degli spazi e interpretazione della partita, cioè ricerca costante del contropiede. La colpa è stata non aver usato nemmeno una delle tante occasioni avute. Questa era una partita da gol immediato per smuovere i sentimenti, riequilibrarli, creare speranze e paure. La Roma ha sbagliato almeno 3 gol evidenti, l’avventura è finità lì. È tornata a diventare regolare l’eliminazione e una sudditanza storica eterna contro una squadra che è solo un’ombra illustre di se stessa. Come all’andata ha deciso Cristiano Ronaldo (oltre all’ingresso di Vazquez). Non credo che Ronaldo avrebbe sbagliato le occasioni che ha avuto la Roma. Si può parlare allora di calcio in qualunque modo, ma a questi livelli diventa utile considerare importanti soprattutto le qualità dei singoli. Ronaldo ha segnato ieri il 40° gol stagionale. Il miglior realizzatore della Roma è Salah con 12. Questa è la differenza, questo in fondo è il calcio. Vince chi fa gol. Anche contro questo Real un po’ vintage, un caldo esempio di occasionalità, di calcio squilibrato, lungo, lussuoso e abbastanza improvvisato, la Roma non ne ha segnato nessuno. Resta il rimpianto per un gol rapido che poteva cambiare la gara e per un calcio italiano che continua a scambiare l’Europa per un muro. Resta anche la dimostrazione di qualità in senso italiano della Roma. Da noi è evidente che è una grande squadra. Ma non sappiamo più chi siamo noi.

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