IL tramonto di Berlusconi, inevitabile dopo 20 anni di leadership , di traversie di ogni genere, di salute precaria e il crescere dell' età (80 anni a fine settembre, auguri ), ha portato alla crisi del centro destra, unito dal carisma e dalla risorse del Capo, e che ora si divide in vari medi piccoli partiti . La perdita di consensi, di Forza Italia, ché gli altri i loro bacini li hanno tenuti, anzi anche un pochino migliorati, non ha però favorito il PD, nonostante gli sforzi negli ultimi anni di Renzi, che cattura parlamentari (ha conservato Alfano, ha conquistato Verdini... bell'acchiappo, non c'è che dire...) ma non elettori. Quelli di centro destra preferiscono astenersi, oppure votare 5 Stelle.
La stessa cosa accade a sinistra, dove i delusi della eretica politica renziana non confluiscono in Sel or similia, ma anche qui o non votano e scelgono i grillini. In realtà la scelta astensionistica è prevalente, ma comunque nelle intenzioni di voto il M5S è stato fino a poco tempo fa accreditato diffusamente di un circa 30%, praticamente equivalente al bacino piddino, e quel 5% in più rispetto al 2013 sarebbero appunto i delusi di destra e sinistra...
I fatti di Roma, il caos giunta, i contrasti tra Raggi e Direttorio, hanno gettato acqua fredda dopo gli entusiasmi post elezioni, che però, rivela Pagnoncelli, non costituiscono, almeno per ora, un sisma per l'elettorato grillino...
Giustamente, ritengo, aspettano di vedere come ne usciranno, e poi i più raziocinanti (i fedeli restano tali, ché la Fede è un dono mica un motto del pensiero) decideranno.
La flessione quindi c'è, un 2%, ma non rovinosa.
Altro dato interessante nella rilevazione pubblicata dal Corsera è che , come avvenuto per Forza Italia, e prima per il Popolo della Libertà, coloro che decidono di non votare più il Movimento, NON scelgono come alternativa il PD. Come già evidenziato sopra, per lo più si astengono, oppure, in subordinata, votano gli altri due partiti "anti sistema" : Lega e Fratelli d'Italia.
Infine, sempre stando ai sondaggisti, il centrodestra unito (Lega, FdI e Forza Italia) addirittura supererebbe, sia pur di poco, il Pd renziano : 30,3% contro 29, 3) e questo senza contare l'unione di centro di Alfaniani e Casiniani, prezzata un 4%...
Se uno scenario simile si realizzasse, l'inventore dell' Italicum rimarrebbe addirittura fuori dal ballottaggio....
M5S perde il 2 per cento ma il Pd non
ne approfitta L’astensione cresce ancora
Cala la fiducia in Di Maio. Il 55% li boccia come forza di governo
I fatti di Roma manifestano almeno tre elementi: le difficoltà di governo in una realtà complessa come quella romana, la divisione interna al Movimento 5 Stelle, dove militanti e dirigenti provengono spesso da tradizioni politiche distanti, la problematicità nell’affermare concretamente il principio di assoluta trasparenza. Con il corollario, tipico dei partiti d’antan, dei due pesi e due misure, per cui un assessore indagato rimane al suo posto e un altro viene presto rimosso.
Lo stato di confusione, di scontro, il continuo emergere di aspetti non chiari, le dimissioni a catena, l’irritazione della base, l’inciampo del leader designato, Di Maio, hanno fatto ritenere a molti che il Movimento si stia giocando a Roma l’ accountability , la credibilità come forza di governo responsabile. È il tema del sondaggio di questa settimana.
Le vicende romane sono state seguite con attenzione: il 13% le conosce nel dettaglio, il 46% almeno nelle linee generali. Per dare una misura, più di quanto si conoscano i contenuti del referendum.
Quanto alla valutazione della gravità della vicenda, prevale però un orientamento tollerante, se non assolutorio. Un terzo degli intervistati ritiene che siano situazioni che possono capitare a chiunque governi una città complessa come Roma. Più di un quarto (27%) giustifica gli accadimenti con l’inesperienza dei nuovi amministratori e si dichiara convinto che in poco tempo impareranno. Solo il 29% condivide un giudizio drastico che valuta Raggi e il Movimento incapaci di far fronte a responsabilità di governo. Più critici naturalmente gli elettori dei partiti di opposizione, anche se solo tra gli elettori pd la maggioranza assoluta (51%) valuta i pentastellati incapaci di governare Roma.
Se prevale uno sguardo «indulgente» sui fatti, ampia è invece la critica sul dibattito interno al M5S. È convinzione diffusa (41%) che sia in atto una feroce guerra tra gruppi di potere che si contendono il primato. Le diatribe, le bugie o il non detto, la guerra di post e mail hanno lasciato il segno. Ma un quarto giudica i conflitti emersi come il prodotto di una normale discussione, e più di un quinto condivide la tesi di un Movimento unito contro cui si scagliano i poteri forti, come sostenuto da esponenti pentastellati e da Raggi. È la tesi prevalente tra gli elettori M5S (46%), anche se poco meno del 20% ritiene che sia in atto una guerra di potere intestina.
Tutto questo provoca comunque una non trascurabile perplessità tra gli elettori grillini: se per il 70% il proprio orientamento non è intaccato, in circa un quarto emerge un disagio. Che però non è ancora fuga: solo il 5% è orientato a non votare più M5S, mentre un quinto è indeciso.
Certo, la credibilità come forza di governo del Paese si è ridotta. Se, dopo il successo delle Amministrative, gli italiani esprimevano una certa fiducia sulle capacità di governo (43%), anche se comunque il 46% ne dubitava, oggi i rapporti si sono invertiti tornando a essere quelli di un anno fa. Meno di un quarto scommetterebbe sulla riuscita di un esecutivo pentastellato, la maggioranza (55%) opta per una manifesta incapacità. Solo gli elettori 5 Stelle lo accreditano nettamente come forza di governo credibile (77%), anche se il 17%, pur votandoli, non li ritiene all’altezza.
Luigi Di Maio paga le conseguenze del suo ruolo nella vicenda e delle sottovalutazioni: rispetto a luglio oggi la sua popolarità diminuisce di 6 punti e il saldo tra valutazioni positive e negative torna ai livelli precedenti alle Amministrative.
L’orientamento critico ma parzialmente assolutorio si conferma anche nelle intenzioni di voto. Il Movimento subisce un contraccolpo ma non un crollo: rispetto a luglio perde 2 punti percentuali. I voti in uscita non favoriscono in nessun modo i partiti tradizionali. Ne beneficia innanzitutto l’astensione, che cresce di oltre due punti, quindi i partiti che sono vissuti da molti elettori come «antisistema»: Fratelli d’Italia e Lega.
Per i 5 Stelle l’avvertimento è chiaro, ma, se sapranno riprendere la rotta, molte delle perplessità rientreranno. Per gli altri partiti si conferma la difficoltà di pescare in questo bacino, con un elettorato assai difficile da recuperare.
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