Non che siano cose che in genere non si sappiano, ancorché non così nel dettaglio, ma leggere in fila gli imbarazzanti - incresciosi ? - numeri che Paolo Mieli snocciola prendendo di mira la Sicilia, e facilmente estensibili a buona parte del Meridione ( non che sprechi e ruberie manchino altrove, ma, appunto, con numeri meno eclatanti) fa venire molto amaro in bocca.
Non ripeto qui il tristissimo elenco, lo potete leggere da soli più avanti.
Piuttosto mi verrebbe da domandare, a giornalisti e osservatori, anche tra noi cittadini comuni, perché, di fronte a tanto scempio diffuso, endemico oserei dire, per loro il problema è principalmente dato dalla classe politica corrotta.
Mi verrebbe da dire : MAGARI !!
Ma ne riparleremo, magari commentando un bel libro che ho appena finito di leggere, titolato : Il Salento Uccide, dove la bella terra così di moda negli ultimi anni viene raccontata con crudissimo realismo, amore rabbioso e angosciato, da un suo figlio, l'amico e collega Giovanni De Francesco.
Ci torneremo.
La Sicilia delle tasse perdute
e dei soldi pubblici svaniti
Se l’Ue conoscesse questi tristi primati forse sarebbe ancor più restia a prendere sul serio i nostri solenni impegni per il contenimento della spesa
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha testé
promesso che troverà le risorse per ridurre la tassazione attraverso un «più
efficace» contrasto all’evasione e alle frodi. Ottimo intento. Ci permettiamo
di suggerirgli di fare due chiacchiere con Antonio Fiumefreddo, assai benvoluto
dal presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta nonché amministratore
dell’ente per la riscossione delle tasse nell’isola. Il capo di «Riscossione
Sicilia», in una recente audizione parlamentare, ha rivelato che nel 2015
avrebbe dovuto incassare 5 miliardi e 700 milioni, euro che, al momento della
verità, si sono ridotti a 480 milioni. Pari all’8% del dovuto. Fiumefreddo,
facendo poi conti complessivi, ha reso noto che mancano all’appello 52
miliardi, 22 dei quali, per fortuna, «non ancora prescritti». Dopodiché,
all’Arena, una trasmissione televisiva condotta da Massimo Giletti, ha ritenuto
di entrare in polemica con alcuni deputati della sua terra parlando di ambienti
opachi che si opporrebbero al corposo rifinanziamento del suo ente.
Impedendogli così di riscuotere le tasse. Il presidente dell’assemblea
regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, lo ha accusato di fare «antimafia di
facciata». L’assessore al Bilancio (renziano) Alessandro Baccei gli ha mosso
altri rilievi critici. Fiumefreddo ha minacciato le dimissioni. Un potente del
Pd, Giuseppe Lumia, si è detto allarmato per il fatto che, a seguito di questi
diverbi, la vita di Fiumefreddo sarebbe in pericolo.
Proprio
come, sempre secondo Lumia, lo era stata quella del presidente del parco dei
Nebrodi, Giuseppe Antoci, il quale nel maggio scorso subì un attentato.
Antoci ha colto l’occasione per inserirsi nel dibattito sulle primarie del Pd e
dichiarare la sua adesione alla candidatura di Michele Emiliano. Fiumefreddo ha
ritirato le dimissioni… Insomma la notizia della sparizione di quelle decine di
miliardi di euro si è dissolta nel consueto polverone siciliano (stavolta della
sinistra siciliana) che tutto avvolge e tutto inghiotte. Meglio così, forse.
Perché, mentre auspichiamo che Padoan approfondisca le circostanze di quegli
oltre cinquanta miliardi di tasse scomparsi nel nulla, confidiamo che l’Europa,
alla quale l’Italia chiede sempre più spesso la concessione di flessibilità,
non si accorga di queste baruffe accompagnate da giochi di prestigio a Palazzo
dei Normanni. Incantesimi che, beninteso, provocano sempre lo stesso effetto:
quello di far svanire soldi pubblici.
Speriamo che all’Europa sfugga che negli oltre
quattro anni in cui Crocetta è stato governatore della Sicilia, magia dopo
magia, l’indebitamento della Regione è cresciuto in modo spaventoso (oltre il
quaranta per cento). Speriamo altresì che l’Europa non si allarmi per
l’epidemia di cecità che colpisce la
Sicilia , regione che, pur contando un dodicesimo circa della
popolazione italiana, ha un settimo dei non vedenti dell’intero Paese. Speriamo
che l’Europa non noti come in Italia (secondo l’Inps) un milione e 335.093
trattamenti di invalidità, pari al 44,8% del totale, riguardino il Sud dove
risiede il 34,4% della popolazione italiana. Se si fa una comparazione con il
Nord, un terzo di questi invalidi (445.000) è di troppo. In Veneto, Lombardia
ed Emilia Romagna ci sono 45 pensioni «assistenziali» ogni mille abitanti. In
Sicilia 91 (ma — se vogliamo consolarci — in Sardegna sono di più: 92; e in
Calabria 97).
Speriamo che l’Europa non faccia caso alla
presenza, nel database della Regione Sicilia, di ben 2.800 dirigenti sindacali
su un totale di quindicimila lavoratori. 2.800 sindacalisti, ovviamente, inamovibili.
Altri 2.900 (anche qui: record assoluto) sono «titolari di legge 104» cioè
assistono un familiare o un parente disabile. E per questo neanche loro sono
trasferibili. In totale, perciò, circa un terzo dei dipendenti della Regione
Sicilia non può essere trasferito. Neanche ad un palazzo adiacente. Luciana
Giammanco, dirigente generale della Funzione Pubblica siciliana, ha raccontato
di aver ricevuto dinieghi causa «attività sindacale» o «104» anche da persone
che avrebbero dovuto essere spostate dall’assessorato dell’Economia a quello
del Turismo, distanti pochi metri uno dall’altro.
Speriamo che l’Europa non si renda conto del
fatto che sui 29.093 italiani che ricevono un corposo assegno previdenziale
(costo totale 1,41 miliardi ogni dodici mesi), metà, 16.500, sono a carico
della Regione Sicilia. Per una spesa di 677 milioni di euro. Maria Cacciola
- figlia del monarchico messinese Natale Cacciola che settant’anni fa fece un
mandato di circa quaranta mesi - dal 1974 (quando morì suo padre) incassa con
regolarità un sostanzioso vitalizio. Oltre duemila euro. Mese dopo mese. Da più
di quarantadue anni. Speriamo che l’Europa non si sia accorta di un dato assai
singolare reso noto, anche questo, da Crocetta: i portatori siciliani di
handicap grave sono passati, nel giro di due anni, da 1.500 a 3.600, cioè sono
più che raddoppiati. Il record è a Giarre dove i disabili sono aumentati del
3.500 per cento. Misilmeri da sola conta la cifra straordinaria di cento
disabili: ma un accertamento dell’Azienda sanitaria ha messo in evidenza come
quelli autentici fossero 47, meno della metà dei segnalati. Tra i quali
figuravano ben quindici deceduti.
Speriamo che l’Europa si distragga di fronte al
fatto che - in aggiunta alle incredibili differenze di entità e costi del
personale pubblico - laddove in Lombardia la spesa per l’acquisto di «materiale
informatico e tecnico» nel 2016 è stata di 112 mila euro, quella della Sicilia,
per lo stesso «materiale informatico e tecnico» è stata di un miliardo e
settecento milioni.
Speriamo che l’Europa non rilevi che i celeberrimi
ventitremila forestali siciliani (record mondiale soprattutto se calcolato in
rapporto alla popolazione e alla vastità di aree boschive) costano 250 milioni
di euro l’anno. Per di più, dal 2002, seimila di loro, in virtù di un accordo
sindacale, hanno ottenuto il rimborso di trasferte, anche di pochi chilometri,
per ulteriori quaranta milioni. Inoltre Crocetta un anno fa ha reso pubblico un
dossier sui suoi forestali - compilato da un’ex dirigente regionale, Anna Rosa
Corsello - in cui si documentavano singolari modalità di reclutamento: ben
3.500 di loro avevano condanne passate in giudicato per crimini contro il
patrimonio (tra cui l’incendio doloso), non pochi altri per reati contro
l’amministrazione della giustizia e qualcuno addirittura per associazione
mafiosa (erano cioè persone condannate, con sentenza definitiva, a norma di 416
bis; per inciso: il costo per l’erario pubblico di questi pregiudicati è di
trenta milioni l’anno). Lo scorso giugno, poi, sempre Crocetta, a fronte di
incendi che i suoi non riuscivano a spegnere, ha sostenuto di aver licenziato
180 di quei «forestali mafiosi e piromani» di cui si è testé detto e ha
avanzato il sospetto che qualcuno di loro, a «vendicarsi» dell’allontanamento dal
posto di lavoro, stesse appiccando il fuoco all’intera isola.
Confidiamo in una grande distrazione continentale
dal momento che, se l’Unione Europea avesse all’improvviso contezza dei tristi
primati siciliani (alcuni dei quali purtroppo condivisi con l’intera Italia
meridionale), forse sarebbe ancor più restia a prendere sul serio i nostri
solenni impegni per il contenimento della spesa pubblica.
Peggio ancora
sarebbe se a Bruxelles venissero a sapere che il denunciante di questi record
negativi non è un consumato leader dell’opposizione bensì il governatore
mandato dagli elettori siciliani a risolvere i problemi all’origine di quei
primati. E che, per giunta, maledice la situazione generale e lancia le sue
invettive da un talk show che va in onda, la domenica pomeriggio, sulla tv di
Stato. Bizzarrie italiane a cui il resto d’Europa non è avvezza.
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