giovedì 27 aprile 2017

LA LEZIONE DELLE ELEZIONI FRANCESI IN VISTA DI QUELLE ITALIANE

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Il Presidente della Repubblica torna a parlare di riforma elettorale, preoccupato che non si faccia nulla e si finisca per votare con due sistemi molto differenti al Senato e alla Camera, peraltro entrambi proporzionali, senza premio di maggioranza a Palazzo Madama e uno irraggiungibile, allo stato, a Montecitorio.
Nel frattempo si stanno svolgendo le elezioni francesi, e molti osservatori e politici prendono spunto da quelle assumendolo come modello.  Quello che piace, soprattutto, è che alla fine ci sarà un vincitore, e questo sarebbe sinonimo di governabilità.
Cinque anni di Hollande hanno insegnato poco mi pare.
Dunque, durante il suo mandato, talmente pieno di successi che non si è ricandidato (peggio di Hamon difficile che faceva...) , ha visto cambiare TRE primi ministri.
In Francia il capo del governo è indicato dal Presidente, ma deve ricevere la fiducia dall'Assemblea Nazionale (la nostra Camera dei Deputati) e quest'ultima potrebbe anche avere una maggioranza diversa da quella elettoralmente schierata col presidente. Negli USA questo per esempio accade non infrequentemente, e in quei casi di parla di Presidente "anatra zoppa", avendo le camere legislative la forza di stoppare le iniziative del capo dello Stato.
E' il principio della divisione dei poteri : esecutivo e legislativo sono separati.
In Francia, per evitare che questo capitasse troppo spesso, hanno pensato di diminuire il mandato presidenziale (originariamente di 7 anni), equiparandolo, nella durata, a quello parlamentare, cinque anni, e collocando le elezioni legislative a immediato ridosso di quelle presidenziali, confidando che l'elettorato che ha eletto il presidente, poi premi il suo partito o coalizione per dargli la forza di governare.
Nel 2012 andò così, ma nonostante questo Hollande è stato il presidente più impopolare della storia francese, con una politica di governo tentennante, incapace di fare le riforme necessarie causa la mancanza di un consenso sufficiente a far passare un piano riformatore necessario ma socialmente duro.
Insomma il "vincitore" poi non ha avuto la forza di governare.
Ed è qui il "lepre" !! Il consenso.
Per governare, in democrazia, non basta l'investitura, questa deve essere sorretta da un consenso adeguato, specialmente se non mi devo limitare all'ordinaria amministrazione, ma devo prendere decisioni difficili, impopolari.
Altrimenti la gente ti si rovescia in piazza, ti paralizza con gli scioperi. Sicuramente questo accade anche con un favore largo : se vado a toccare gli interessi di singole categorie, queste si rivolteranno. MA se ho dalla mia la maggior parte dei cittadini, o comunque una significativa parte degli stessi, potrò reggere il confronto duro, altrimenti dovrò ripiegare.
Comunque, tornando all'attualità, in Francia sono arrivati al ballottaggio Macron e Le Pen, il primo con 8.600.000 voti circa, la seconda con un milione di voti in meno.
Gli elettori in Francia sono circa 45 milioni, quindi Macron, il favoritissimo, ha il consenso convinto di poco meno del  20%. Pochini per dirsi, un domani, il "Presidente di tutti i francesi".
Certo, al secondo turno prenderà almeno il 51% (probabilmente il 60) , ma bisognerà vedere quanti si recheranno alle urne e comunque quanti lo voteranno persuasi che, al di la della propria prima scelta, lui potrebbe essere un buon presidente, e quanti invece solo considerandolo il male minore.
Essendoci dall'altra parte la Le Pen, la seconda specie appare vasta.
Comunque, se si ripetesse l'alta affluenza del primo turno (80%), il Presidente eletto avrebbe una buona legittimazione popolare. Se ci andasse il 50%, e tutti gli altri a casa, direi molto meno.
Ma avremmo comunque un Presidente !! Esclamano i fautori del maggioritario tout court (io preferisco il maggioritario al proporzionale, ma con correttivi che salvaguardino la rappresentanza, esattamente come indicato dalla nostra Corte Costituzionale bocciando il ballottaggio dell'Italicum privo di una soglia minima di partecipanti al voto ).
Parlano così perché sono CERTI che vincerà Macron.
Però in America gli ha detto male : ha vinto Trump. E allora il sistema non andava più tanto bene, e il fatto che Trump avesse preso un paio di milioni di voti in meno della Clinton viene ricordato, ancorché sia inutile, ai fini concreti.
Chiudete gli occhi, e pensate che vinca invece la Le Pen.
Improbabile ma non impossibile (Trump docet) : la differenza degli elettori dei due non è elevata, e se i radicali, i cd. populisti, anti sistema e anti euro, propendessero per la giovanotta, mentre i gollisti si astenessero in blocco, o pensassero di votare comunque "a destra" ?
Ripeto, scenario assolutamente teorico, però non del tutto impossibile quando, alla fine, il sistema di consente di essere eletto anche solo con il 20% di voti effettivi.
Da noi in tanti, vedendo come i sondaggi testimonino la grande difficoltà a raggiungere il premio di maggioranza salvato dalla Consulta (la lista che prende il 40% dei voti, poi si accaparra il 55% dei seggi alla Camera) e comunque l'assetto del tutto proporzionale della Camera (dove però c'è uno sbarramento ciclopico per i partiti minori : 8% !!!) , paventano che dalle urne non uscirà alcun vincitore, stracciandosi le vesti al pensiero della ingovernabilità o del dover ricorrere a "larghe intese", coalizioni che si formino in Parlamento.
Vale a dire quello che accade oggi in Germania, in Olanda, in Spagna, ieri accadde addirittura nella patria del maggioritario uninominale, la Gran Bretagna...
E' questo che mi è inaccettabile.
Dire che sarebbe meglio avere un governo forte, sostenuto da una maggioranza solida, per poter fare cose importanti e difficili, è banale, lapalissiano.
Ma se NESSUN partito, movimento, lista, ha questa forza, dobbiamo inventarla ?
Ok, la società è complicata, non ci sono più i grandi partiti, gli schieramenti di campo netti, favoriti anche dalle divisioni internazionali, e quindi aiutiamo la minoranza più forte.
Ci posso stare, ma cum iuicio, proprio come fatto dai giudici della Consulta.
Il 40% NON è la maggioranza, pure te la attribuisco. Però almeno a quel 40% ci devi arrivare cacchio !!!! (e, aggiungerei, un 40% VERO, cioè con un'affluenza alle urne del 70% dei cittadini, cosa SEMPRE avvenuta nelle nostre elezioni politiche).
Invece, a sentire il pretino Orlando - che piace tanto a molti miei amici pd... io a quel punto quoto renzino - bisogna assolutamente fare una legge elettorale che dia un vincitore, col premio alla coalizione, senza minimamente fare riferimento a uno sbarramento minimo di consensi da ottenere !
Eppure per ben DUE volte la Consulta, bocciando il Porcellum e azzoppando l'Italicum un salsa dalimontiana, l'ha spiegata la necessità COSTITUZIONALE, di salvaguardare la rappresentanza dell'elettorato.
Niente, nun ce sentono.
Io naturalmente non auspico che vinca la Le Pen, così come giudicavo la Clinton il male minore negli USA.
Però la soddisfazione di vedere, per la seconda volta di seguito (anzi la terza, se ci mettiamo la Brexit) gente come Geremicca,, Sorgi (editorialisti de La Stampa) , Sergio Romano (Corsera) collassare increduli di fronte ad un risultato impensabile, (come loro, tanti, ma veramente tanti "benpensanti" della sinistra per bene)  ebbè per 10 minuti mi piacerebbe provarla.
Poi magari tiro su il cartello "siete su scherzi a parte".
Ma 10 minuti così, manco MasterCard !

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