lunedì 15 maggio 2017

NELLA SETTIMANA DEL TRIONFO DI CONTE IN PREMIER, ALLEGRI FALLISCE IL MATCH POINT ALL'OLIMPICO.

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Nella settimana in cui Conte trionfa in Premier, Allegri toppa l'ennesimo match point per lo scudetto, e assottiglia, di molto, la dota accumulata nel corso della stagione.
Eravamo arrivati a + 9 dalla Roma, ora siamo a +4.
Certo, mancano solo due giornate, ci basta una vittoria, c'è da pensare che allo Stadium, domenica, contro il Crotone - che comunque lotterà alla morte per non perdere ancora avendo speranze di salvezza - i tre punti arriveranno. In teoria, anche fallendo il quarto match di fila, saremmo ancora davanti e  vincere lo storico sesto scudetto di fila battendo un forse arrendevole Bologna.
Insomma, come scrive il buon Luca Valdisserri, che riporto di seguito come esempio di tifoso che può tranquillamente essere sereno e sportivo, lo scudetto, al 99%, è solo rimandato.
Ma la brutta impressione resta.  Allegri troppo ragioniere, col pallottoliere sempre in mano, laddove veramente Conte è un cannibale che pensava e pensa solo a vincere tutte le partite.
Certo, mi si obietterà che il toscano è arrivato due volte, e meritatamente (specie quest'anno, superando in modo chiaro il Barcellona e non perdendo nemmeno una partita), in finale nella Champions, però la Juve contiana non era reduce da tre scudetti, vinti con records assoluti e prestigiosi, ma da due settimi posti, e specie le prime due stagioni non aveva certo una rosa paragonabile all'attuale.  Attenzione, io non sono un orfano di Conte, non ho mai creduto, come tanti juventini, alla favola dell'"Antonio, uno di noi".
Conte è un'ultrà sì, ma di se stesso, e lo dimostra ovunque va. Prima o poi affronterà la Juve e vedrete che non dirà le parole dolci e apprezzate di uno Zidane.
Però, per me, è più bravo di Allegri. Oltre ad essere anche lui un ottimo tecnico (oltretutto le sue squadre giocano meglio) e tattico, è assolutamente un trascinatore.
Tornando alle cose nostre, a parte la delusione personale, grande, di perdere contro i giallorossi (è la partita di campionato che non vorrei perdere mai), permane una sensazione di preoccupazione per le altre competizioni in ballo.
Allegri dice sempre che tutto si decide in primavera, il che è quasi banale. Ecco, alla primavera ci siamo arrivati, e a giudicare dall'ultimo mese, mica tanto bene. Pareggio con l'Atalanta, che nel primo tempo aveva strameritato di chiudere in vantaggio, e dalla quale alla fine ci siamo fatti rimontare con un gol che altro che difesa impenetrabile ! Col Toro, abbiamo pareggiato al 92mo.
Ieri, secondo tempo da dimenticare. Certo, nel mezzo abbiamo battuto, bene, il Monaco in semifinale di Champions, ma se non ci fosse stata la Lazio oggi non avremmo paura, con la Roma ad UN punto anziché quattro ?
Non ho buone sensazioni per mercoledì, dove diremo, nel caso, che era il trofeo minore e... penso che "triplete" sia una parola che porta sfiga.

Di seguito, oltre al commento di Luca Valdisserri, riportato, come detto, come modello di giornalismo sportivo esemplare, per stile ed obiettività, trovate anche quello di Mario Sconcerti, critico nei confronti delle scelte di Allegri in una partita decisiva.
Buona Lettura


Il Corriere della Sera - Digital Edition

Con troppi giocatori di forza la Juve diventa come le altre
Ora qualcosa può cambiare

di Mario Sconcerti
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La tentazione è dire che Allegri stavolta ha sbagliato analisi, quindi formazione. Ha rovesciato nuovamente la Juve, due mediani per rimediare all’assenza di Khedira; a riposo Dybala, Pjanic a fare il regista nel mezzo, quindi marcabile, un riferimento stabile, la cosa che sa fingere meglio il bosniaco, ma non ancora giocarla. Meno qualità sulle fasce con Lichtsteiner e Asamoah, più un Cuadrado in serata lenta.
Eppure sembrava ormai chiaro che la Juve non sa reggere più di un giocatore di forza, ha bisogno di respiro, di qualità, altrimenti diventa simile alle altre.
Allegri ha ricordato alla vigilia che la sua Juve ha sempre cambiato dai cinque agli otto giocatori a partita. È quasi vero, ed è la differenza reale di una stagione con la Roma, altrettanto forte nei quattordici giocatori di base. Ma stavolta ha sbagliato cambi, ha sbagliato la gestione del calendario. La primavera tarda è la stagione che decide, è l’attimo della differenza. Non tutti i giocatori ce l’hanno, nemmeno la Juve. Nel particolare la Juve è stata lentamente sconvolta dalla geometria romantica della Roma, un misto di cuore e ragione permesso dalla routine muscolare e un po’ annoiata della Juve. Ma va anche ricordato che la Roma ha fatto lo stesso campionato della Juve tranne la partita dell’andata. Questo è l’errore di Allegri: era un grande avversario. Andava rispettato fino in fondo, non solo contenuto.
A questo punto qualcosa cambia. La Juve è ancora nettamente favorita, ma il campionato che aveva vinto molte domeniche fa è tornato sommariamente in gioco. Ed è arrivata la quinta sconfitta, una più del Napoli, che a questo punto sembra davvero l’avversario che ha perso di più. Non c’è stato all’Olimpico spazio per Totti, quei pochi minuti finali non fanno testo. Sulle sue spalle è rimasto un pieno allo stadio fuori indirizzo. Forse c’è davvero tra lui e Spalletti qualcosa di metafisico e villano, un’ombra surreale che nessuno dei due vuole cancellare. Ma Totti deve essere davvero in condizioni imbarazzanti per stare così sempre fuori. Oppure è fuori Spalletti. Un tempo nel mezzo stava la cosa giusta.

 

 

 

Da Capitan Futuro a leader dal gol facile

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ROMA Per battere i più bravi c’è una strada sola: dare qualcosa in più. Non è un caso che nella vittoria della Roma, che impedisce alla Juve di festeggiare lo scudetto dentro l’Olimpico, ci sia tanta «romanità». Quella di Daniele De Rossi, che recupera subito la fuga dei bianconeri perché ogni minuto in più avrebbe aperto una crepa nella «fede». Quella di Radja Nainggolan, che non ha avuto paura di dire quello che (quasi) tutti i romanisti pensano della Juve, facendosi così nemici (quasi) tutti i bianconeri nei secoli dei secoli. Quella di Francesco Totti, che è entrato negli ultimi minuti perché era buono e giusto che partecipasse anche lui a questa vittoria. E Spalletti, al contrario di quello che aveva fatto a San Siro contro il Milan, ha capito.

Dopo una vita da Capitan Futuro, per Daniele De Rossi c’è un presente che si fa sentire: tre gol nelle ultime tre partite. DDR ha deciso che era tempo di mettersi anche a segnare, per dare una mano nella rincorsa al secondo posto. Il Napoli aveva sorpassato nel pomeriggio, Dzeko era in tribuna con la bellissima figlia Una, Totti in panchina. Serviva qualcosa in più e lui l’ha dato: «Questa è una vittoria importantissima, perché siamo riusciti a tenere sotto il Napoli. È stata una partita difficile, ma dopo lo svantaggio iniziale siamo riusciti a reagire e l’abbiamo fatto nel migliore dei modi, contro una grande squadra. A questo punto vincere le prossime due diventa fondamentale. Abbiamo sentito il sostegno dei tifosi, mi piacerebbe fosse così in tutte le partite, non solo contro la Juventus. Il mio futuro? Quello che conta è il risultato che c’è sul tabellone». Ma come ha detto Monchi, quando due persone vogliono la stessa cosa bisogna essere dei fessi per non farla capitare.

Radja Nainggolan ha giocato sul dolore di un polpaccio tormentato a San Siro. Ma non voleva perdersi la Juve per niente al mondo e anche i fischi dei tifosi bianconeri, per lui, sono stati bellissimi. Chiede una sola cosa: giocare a Roma fino al termine della carriera. Il gol di ieri vale come una firma. Il 17 giugno 2001 Buffon, con la maglia del Parma, consegnò a Totti lo scudetto che il numero 10 aveva sempre sognato: quello nel suo stadio, con la maglia che non avrebbe mai tolto per tutta la vita e davanti alla sua gente. Sedici anni dopo si sono rivisti in campo per pochi minuti, ma di sicuro a Gigi non è dispiaciuto che a sorridere, almeno per una sera, sia stato Francesco.
Buffon vincerà il suo scudetto domenica prossima e Totti gli farà i complimenti.

Luca Valdiserri

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