LONDRA – Un ironico tweet riassume bene la situazione: “Gli italiani dicono che la Gran Bretagna è ingovernabile. Siamo messi male. Mammia mia!” Eppure è proprio così: le urne producono un Regno Unito italianizzato secondo le nostre peggiori tradizioni. Con la differenza che qui non sono abituati alle soluzioni fantasiose, ciniche o azzardate. Ma probabilmente dovranno adattarcisi, almeno per un po’. Theresa May fa sapere che non intende dimettersi – almeno non subito. Ma Jeremy Corbyn la invita ad andarsene e anche tra i conservatori c’è già chi la esorta ad ammettere di avere “fallito”, come titola la stessa stampa filo-Tories, a cominciare dal Times: ha indetto elezioni anticipate con l’obiettivo dichiarato di allargare la propria maggioranza per avere mano libera nel negoziare la Brexit, si ritrova senza maggioranza. Ecco allora gli scenari che si profilano per formare un governo e le date che incombono per farlo in fretta.

Governo Tories-Dup. Sommando i voti dei conservatori e del partito unionista protestante nord-irlandese, il quorum di 326 voti che fornisce la maggioranza assoluta, necessaria a governare, sarebbe raggiunto. Ma se era difficile, secondo la stessa May, trattare l’uscita dell’Unione Europea con la maggioranza uscente di una ventina di seggi, sembrerebbe quasi impossibile farlo con un maggioranza di un paio di deputati, quale sarebbe quella con i nordirlandesi. Che comunque si sono detti disponibili all'accordo. Un’ipotesi è che la premier nei prossimi giorni ammetta di avere comunque “perso la sua scommessa” (titolo del Telegraph) e si faccia da parte, lasciando che sia un altro conservatore a guidare una coalizione così fragile: il favorito, secondo i bookmaker, è l’attuale ministro degli Esteri Boris Johnson, che già aspirava a Downing Street dopo avere guidato alla vittoria il fronte euroscettico nel referendum sulla Brexit e dovette rinunciarvi per le accuse ricevute a tradimento da un suo stretto alleato, l’ex-ministro degli Interni Michael Gove.

Grande coalizione. In teoria la Gran Bretagna potrebbe fare quello che è stato fatto in Germania e altrove: un accordo tra i due maggiori partiti, in nome della stabilità nazionale almeno fino alla conclusione dei negoziati sulla Brexit. In fondo le posizioni di Tories e Labour su questo punto non sono così distanti: entrambi favorevoli, entrambi determinati a ottenere “il migliore accordo possibile” con Bruxelles, con qualche divergenza su atteggiamento da tenere e punti minori. Anche in questo caso è quasi certo che il prezzo dell’intesa sarebbe un nuovo premier al posto di Theresa May. Il vantaggio sarebbe una larghissima maggioranza che rappresenti gli interessi di tutti. Ma le differenze, su tutto il resto a parte Brexit, sarebbero enormi. E dire alla sinistra che deve governare con la destra (in Italia ne sappiamo qualcosa) potrebbe provocare una rivolta nei ranghi dei sostenitori di Corbyn.

Governo di minoranza laburista. E’ un’ipotesi ventilata nella notte da qualche collaboratore di Corbyn. Il Labour potrebbe formulare un programma di governo e sottoporlo ai voti della camera dei Comuni, contando sull’appoggio di tutti i partiti più piccoli e di qualche franco tiratore o astenuto nelle file dei conservatori. Ma sarebbe una navigazione a vista che difficilmente andrebbe molto lontano. E il Labour non pare in grado di formare un’alleanza che arrivi al quorum di 326 seggi.

Nuove elezioni. E’ già successo: anche nei primi anni ’70 ci fu un “hung parliament”, un parlamento senza una possibile maggioranza assoluta, e si tornò a votare dopo tre mesi. Ma gli elettori britannici hanno votato alle europee nel 2014, alle politiche nel 2015, nel referendum sulla Brexit nel 2016, a queste elezioni anticipate del giugno 2017 e per il momento la prospettiva di tornare alle urne in settembre non piace a nessuno.

Scadenze. Il 19 giugno si deve riunire il nuovo parlamento ed è previsto il Queen’s Speech, l’annuale “discorso della regina” che presenta il programma del governo: ma quale programma e di quale governo? Come se non bastasse, lo stesso giorno è in programma a Bruxelles l’inizio ufficiale del negoziato sulla Brexit fra Unione Europea e Gran Bretagna: forse sarà necessario rinviarlo, ma il conto alla rovescia innescato il 29 marzo scorso dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che regola il procedimento di secessione di uno stato membro dalla Ue, è già iniziato, dura due anni e a questo punto resta già soltanto un anno e nove mesi per concluderlo. Il tempo stringe. Sarà una lunga estate calda per la politica britannica. A chi ha fatto l’ironico tweet sul Regno Unito ingovernabile come l’Italia potremmo suggerire un termine che a Londra certamente non conoscono, ma di cui noi italiani abbiamo esperienza: “governo balneare”.