mercoledì 15 novembre 2017

BUFFON COME ETTORE ? L'EROE OMERICO PIANGEVA DI MENO

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Il titolo è tutto un programma : ELOGIO DELLA DISFATTA.
Suggestivo, e non ricevibile.
Vero che vi può essere gloria anche nella sconfitta (Feltri scomoda Omero ed Ettore, per avere ragione) , però è pure vero che gli azzurri poco somigliavano all'eroe troiano dell'Iliade, e sicuramente gli svedesi non sono sembrati nemmeno lontani parenti di Achille.

Neppure Buffon, che è un po' l'emblema del dramma sportivo consumatosi, ricorda Ettore : troppe lacrime, e non è la prima volta (anzi, è la regola, quando perde una finale o uno scontro ad eliminazione diretta, e tra Juve e Nazionale gli è successo non infrequentemente).
Attenzione, io sono grato a gigione e non dimenticherò MAI che nel 2006, quando senza dubbio era il portiere più forte del mondo, con un mondiale a dir poco strepitoso ( incredibilmente quei pupazzi della FIFA non gli diedero il pallone d'oro, attribuendolo a Cannavaro...un'ingiustizia che grida ancora vendetta !) e con offerte principesche dall'estero, decise di andare con la Juve in serie B !!
Certo, lo fecero anche altri grandi giocatori, e pure alcuni di loro appena iridati : Del Piero, Zambrotta, Camoranesi (non Cannavaro...).
 Ma nessuno di loro era all'apice della carriera, della forma e della fama come Buffon, ripeto, unanimamente considerato il portiere più forte del calcio mondiale. 
I pregi sono l'ombra dei difetti, scriveva un'autore, ed è proprio così.
La scelta nobile e romantica di allora fu frutto di un'emotività grande che segna il "nostro", ed è la stessa che lo fa piangere a singhiozzi quando subisce una cocente delusione.
Comprensibile. Come il fatto che, personalmente, magari preferisca personaggi più "virili", alla Gigi Riva, per ricordare un altro grandissimo azzurro, pure lui di nome Luigi.

Ciò detto, non si può non convenire con Feltri sulla mediocrità umana assoluta dei dirigenti federali e tecnici di questa nazionale.
Signori Tavecchio e Ventura, diteci mai : come si fa a NON dimettersi nemmeno dopo una catastrofe sportiva come questa ? 
L'Italia che non si qualifica ai mondiali, perdendo lo spareggio con una Svezia decisamente inferiore anche ad una nazionale azzurra non eccelsa (ma sicuramente male condotta : con Conte non sarebbe successo sicuramente). 
Non so che poteri abbia Malagò, il presidente del Coni, ma pochi o tanti che siano, spero che li usi.
Media e social faranno il loro.
Ma quei due devono andarsene, senza se e senza ma. 



LaStampa.it

Elogio della disfatta

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MATTIA FELTRI

Aver mancato la qualificazione ai Campionati mondiali di calcio non è un dramma, nemmeno sportivo, sebbene non succedesse da sessant’anni, il che dà la misura del fiasco. Ma il tracollo, come il trionfo, sa portare l’incanto della grandezza: Ettore non è meno glorioso di Achille, e l’altra sera il tracollo ha consegnato alla gloria della polvere quel monumento di Gigi Buffon, ridotto alle lacrime di una fragilità molto virile. Qui, poi, a differenza dell’epica di Omero, c’è il non trascurabile vantaggio di essere rimasti in vita: il calcio è commedia umana, un feuilleton che prevede sempre la prossima puntata, in cui il tracollo è un’opportunità, è il presupposto della catarsi e della rinascita. 


Vale anche per il presidente della federazione, Carlo Tavecchio, che nel tracollo aveva l’occasione di riscattare l’immagine di intellettuale da osteria coi gomiti sul bancone. Vale per il commissario tecnico, Giampiero Ventura, decenni di ottimo calcio ai margini della nobiltà, e infine umiliato dall’azzardo come un sublime personaggio dei Malavoglia. Il tracollo, dovevano sapere, non è il fallimento di un uomo, ma il fallimento di un’impresa. Bastava presentarsi dopo la partita e dimettersi, farsi da parte con la struggente dignità di chi ha perduto. La gloria. Invece no. Hanno scelto di restare lì, per vedere se c’è ancora qualcosa da raccattare, nascosti dietro una sintassi burocratica e furbina, in fuga dalle loro responsabilità che è sempre una fuga cieca, e porta allo strapiombo in cui l’uomo precipita insieme alla sua sconfitta.  

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