martedì 25 ottobre 2011

IL LIBRO DI DE CATALDO: IN GIUSTIZIA . PROGRAMMA (TROPPO) VASTO.

Iniziato a leggere il libro che il Giudice De Cataldo ha scritto sulla sua esperienza di Magistrato.
L'ho fatto per tre motivi : 1) Apprezzo De Cataldo come scrittore....ho letto tre suoi libri, tra cui Romanzo Criminale, famoso anche per le traduzioni cinematografiche, e I Traditori , sul Risorgimento 2) Penso sempre che bisogna  ascoltare anche il pensiero degli altri, quelli che sappiamo non la pensino come noi. Con una unica condizione : il rispetto reciproco 3) Lettura suggerita da un collega, l'avv. Domenico Battista, paladino del nuovo processo, che poi tanto nuovo non è visto che dal 1989 è stato introdotto ma con veramente tante difficoltà di reale "accettazione" da parte del sistema processuale.
Ho letto una cinquantina di pagine e dico subito che non mi sono pentito dell'acquisto. Del resto quando uno sa scrivere, lo leggi sempre piacevolmente anche se condivi non molto  di quello che leggi.
Già dalla premessa, che scomoda Hammurabi, si capisce che De Cataldo vola molto ALTO nell'idea di GIUSTIZIA. E nonostante che la sua esperienza pratica gli abbia fornito centinaia se non migliaia di episodi come dire "ridimensionanti", lui continua ad essere ispirato da questo principio nobile.
Nulla di male, se non facesse il giudice. Non vi sembri un paradosso.
Ispirarsi alla giustizia è un moto ideale che andrebbe condiviso da tutti...ma proprio chi ha studiato il diritto e la storia vede come il concetto è impregnato di relativismo...Proprio Hammurabi , il codice di 3000 anni fa, ne è un esempio, laddove spiega come la vita di uno schiavo non valga quella di un uomo libero. Per cui se il secondo uccide il primo, sarà tenuto solo ad un risarcimento nei confronti del proprietario...
3000 anni fa, questo era GIUSTO tanto da essere CODIFICATO.
Il mondo, le civiltà si sono evolute...ma non tutte, non allo stesso modo.
Per questo esistono, nelle democrazie, strumenti volti a registrare e anche guidare l'evoluzione sociale della collettività e fare in modo che le LEGGI progrediscano e regolino in modo migliore la convivenza dei cittadini.
Questo è il compito della politica e del LEGISLATORE.
NON del GIUDICE.
Il Giudice la legge la deve applicare. Certo, anche interpretare, visto che non sempre è così semplice applicarla (ma DOVREBBE esserlo, e se non lo è la colpa è del legislatore).  Ma interpretare non significa PIEGARE la volontà del legislatore al PROPRIO criterio di GIUSTIZIA.
Questo NON è dato al Giudice.
E infatti coloro che sono impregnati di questo senso di "missione" fanno bene a smettere la toga e ad entrare in politica, come fanno in tanti (discutibile che non lo facciano SUBITO, ma vuoi mettere farsi un po' di popolarità con processi ad alto impatto mediatico ? ).
Ogni tanto ricordo gli insegnamenti del mio maestro, il Prof, Bordi, psichiatra e uomo di cultura immensa.
Amava, tra l'altro, la filosofia.
E mi spiegava che la Giustizia è degli DEI, la Legge è degli uomini. I giudici sono uomini.

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