In Egitto la gente torna in Piazza Tharir ma stavolta il regime militare non ha più un fantoccio da
sacrificare, Mubarak, per rabbonirla e quindi gli scontri continuano, i morti si contano a decine, i feriti a centinaia.
Delle strane elezioni dovrebbero iniziare il prossimo 28 novembre e finire non ho ben capito quando, perché, a differenza di come le conosciamo noi, procederanno a tappe....E i risultati di quelli che hanno già votato si sapranno? Resteranno "segreti"? Non lo so. So che da noi al massimo arriviamo al ballottaggio dopo due settimane.
Leggendo in giro, vedo il sarcasmo duro di chi a questa primavera araba ci ha creduto poco e niente e adesso commenta gli scontri attuali come la dimostrazione della propria ragione.
Ho letto anche delle repliche sdegnate che qualcosa di vero secondo me lo contengono: le rivoluzioni ben difficilmente sono pacifiche, e chi ha il potere, in regimi NON democratici, difficilmente lo lascia senza combattere. Qualche volta, tramite transizioni MOLTO lunghe, si è assistito anche ad un passaggio meno cruento, come in Spagna dopo Franco e nel Cile di Pinochet. Si sperava probabilmente che nell'Egitto di Mubarak sarebbe andata così, anche approfittando che nei regimi filo occidentali, che fruiscono di aiuti USA, sparare sulla popolazione non lo si può fare troppo a lungo. Certamente non per nove mesi come fa Assad in Siria.
In Egitto si sono accorti che abbattere Mubarak non aveva risolto il problema vero, e cioè la dittatura militare continuava a gestire le cose come prima, pur fissando la data delle elezioni legislative, ma spostando bene in là quelle presidenziali, che evidentemente sono il vero nocciolo del potere. Oltretutto la crisi economica, VERA ragione dell'inizio delle manifestazioni, morde e lì non è un problema di ristoranti più o meno pieni, lì per tanti strati della popolazione è la miseria. Il turismo è crollato (qualche matto italiano ci va "a sti prezzi sarebbe peccato non approfittare! "....). Insomma fatto fuori il Faraone le cose sono PEGGIORATE, almeno per il presente e il più prossimo futuro.
Tornando all'indignazione contro i commenti scettici sulla primavera araba, indirettamente visti come irridenti le morti di questi giorni, sono d'accordo, lo ripeto, sull'affermazione generale che senza il sacrificio generoso di coloro che rischiano la vita, e la perdono, per cercare un cambiamento VERO, laddove lo stesso non potrebbe mai passare per strumenti democratici perché inesistenti, le dittature non crollerebbero mai.
Siamo nel 150 anniversario dell'Unità nazionale, e rileggendo la nostra storia vediamo come senza l'utopia generosa di poche migliaia di uomini l'Italia non sarebbe nata (non è questa la sede per discutere se poi non sarebbe stato meglio, visti i tanti errori compiuti nel farla).
Quindi sono d'accordo che il sarcasmo è fuori luogo di fronte ai morti.
Ma lo scetticismo rimane lecito.
Perché, a mio avviso, coloro che si entusiasmano delle primavere altrui troppo spesso le vedono e le valutano con gli occhi propri, di cittadini occidentali, senza conoscere adeguatamente le realtà di quei paesi.
Se ci si togliesse questo filtro idealista sbagliato, si dovrebbe allora riflettere su alcune cose:
1) In Egitto la democrazia non hanno MAI saputo cosa fosse. Finito l'impero ottomano, conobbero il protettorato britannico e dal 1922 la monarchia. Nel 1952 prese il potere, grazie ai militari della cui gerarchia faceva parte, Nasser, poi venne Sadat e infine Mubarak. Quindi l'affermazione di un sistema veramente basato sulla scelta da parte del popolo dei propri governanti è cosa assai complessa per un popolo del tutto neofita al riguardo
2) Si confonde l'Egitto col Cairo, città gigantesca con quasi 20 milioni di abitanti comprendendo anche il circondario. E in effetti al Cairo le istanze laiche, moderniste, di quella parte della popolazione istruita, colta, che naviga su internet e ha come modello le democrazie occidentali, sono più presenti, ancorché anche nella capitale contrastate dai partiti religiosi. Ma nel resto del paese, e quindi per 60 milioni di abitanti, le tribù e l'appartenenza alle varie fedi è assolutamente principio prevalente.
3) Diretto corollario di quanto sopra è che in Egitto si prevede andrà come in Tunisia, dove alle elezioni ha vinto nettamente il partito dei fratelli musulmani. Perché il principio democratico, una testa un voto, non potrà vedere il prevalere delle forze laiche. Almeno non ora e non si sa per quanti decenni ancora (ammesso che prima o poi cambi). In Turchia, dopo che Ataturk Kemal aveva imposto la prevalenza e la distinzione tra Stato e religione, l'attuale leader Erdogan sta progressivamente invertendo l'ordine dei fattori, sia pure con moderazione ( dovuta al non entrare in aperto conflitto coi vertiti militari, più fedeli al kemailismo, e poi perché la Turchia vorrebbe essere ammessa nella UE - e ce manca pure questo).
La conclusione è che bisognerebbe guardare a quando accade fuori di noi con più prudenza e conoscenza, senza cadere ogni volta nella tentazione della semplificazione partigiana.
Dire , parlando dell'Egitto, e in genere degli arabi, "io sto con lo popolo" è dire NULLA. Perché il popolo è molto variegato, e se oggi coopti, laici, islamisti moderati e salafiti potrebbero avere un comune nemico, l'Esercito, subito domani - ma già oggi a quanto si intravede - si combatteranno tra di loro.
E il risultato più probabile resta che non vincerà la democrazia laica che auspichiamo noi al di qua del mare.
Perché la Fallaci aveva ragione, e gli altri torto.
Nessun commento:
Posta un commento