mercoledì 16 novembre 2011

MONTI..PRIMI PASSI INCERTI



Davide Giacalone, un repubblicano lamalfiano che fa ALTRO, ma anche il notista su Libero, sono mesi che scrive alcune cose  tra cui :
1) Berlusconi si doveva dimettere nel 2010 dopo la diaspora finiana
2) Si doveva pertanto tornare a votare, visto che la maggioranza che aveva VINTO le elezioni era venuta a mancare (senza inseguire scilipoti o altri del genere)
3) la crisi economica finanziaria non è italiana (anche se noi la soffriamo di più perché più deboli strutturalmente e quindi più esposti ad attacchi speculativi ) ma Europea e Occidentale
4) che non sarebbe certo bastato fare fuori Berlusconi perché le cose cambiassero, per noi e per gli altri (troppa importanza all'uomo del MALE...), a livello finanziario.
5) che un governo Monti avrà i suoi bravi problemi a fare le cose che i partiti che devono sostenerlo non vogliono fare, ciascuno per non sgradire il proprio elettorato. In questo il PD è messo peggio del PDL
6) che misure come la patrimoniale e altre forme di tassazione non risolvono il problema della CRESCITA
7) che comunque qualunque cosa c'inventiamo noi , servirà a poco se l'Europa non si decide a combattere la speculazione con armi proprie : euro bond o altre forme di sostegno definitivo, senza se e senza ma, dei debiti sovrani.
Perché per quanto siano grandi questi poteri forti, questi Grandi Fratelli ricchissimi e malvagi, il denaro ancora non lo possono stampare.....
E' una soluzione molto pericolosa, un veleno, diciamolo pure, con tutte le controindicazioni che comporta (inflazione in primis) ma in guerra a volte si deve ricorrere a misure estreme, sperando che risolvano in fretta...
Sui primi passi di Monti, rileva una serie di segnali contraddittori non di buono auspicio ....
Buona Lettura

DAVIDE GIACALONE 
 Per fare il gioco delle tre carte occorre mestiere, in caso contrario si parte per fregare e si finisce fregati. Mario Monti è stato chiamato a formare un governo commissariale, necessario per fronteggiare la tempesta della speculazione sui titoli del debito pubblico e impostosi nonostante il Parlamento non abbia mai votato la sfiducia al governo precedente, frutto di una vittoria elettorale. Questo è il senso di una chiamata autorevole, ma priva di forza politica. Il mandato è di fare, subito, quel che la politica non è stata e non è in grado di fare. Ma se Monti si cimenta con l’imitazione del piccolo politico, pretendendo una maggioranza tanto vasta quanto predefinita e tendenzialmente eterna, se arriva al ridicolo potente di consultare i giovani e le donne (quando fette della società sono prive di rappresentanza il rimedio non consiste nell’inventarsene una a capocchia), allora siamo su una pessima strada. Che può portare dal commissariamento all’esautorazione delle istituzioni democratiche, ma, più facilmente e probabilmente, al fallimento.
La scena che si svolge sotto ai nostri occhi è incredibile. Il Quirinale ha dedicato la domenica alle consultazioni, laddove tutti sapevano come sarebbe andata a finire, sicché si stavano facendo dei giri a vuoto. Ha cercato copertura formale a un incarico già conferito quando il governo era nella pienezza dei suoi poteri. E passi, per salvare la facciata istituzionale. Ma Monti avrebbe dovuto ritornare al Colle lunedì mattina, se proprio non direttamente la stessa domenica sera. Tocca a lui, e solo a lui, stabilire il programma immediato del suo governo e come deve essere composto. Tocca al Parlamento, poi, stabilire se deve ricevere la fiducia e durare in carica più di qualche settimana (al massimo fino alla primavera del 2013), oppure gestire solo il pronto soccorso, per poi passare la mano al primo governo della prossima legislatura. Monti, invece, ha commesso l’imperdonabile errore d’incassare il primo veto, quello che il Pd ha posto contro Gianni Letta, passando da commissario a commissariato. Da lì non può più tornare indietro: o lo ignora o lo subisce. Nel primo caso il tempo lavora contro di lui, nel secondo la natura del suo governo è già cambiata. Il che lo rende infinitamente più debole.
Nel frattempo, come non era vero che i mercati “bocciavano” Berlusconi così non è vero che ora “bocciano” Monti, ma era ed è vero che ci stanno massacrando e che noi, prima e ora, si dimostra di non sapere reagire. Con una differenza: prima era inerte un governo regolare, ora è inerte un incaricato il cui compito era proprio quello di mettere in atto la reazione.
Quando Monti dice che vuole l’appoggio convinto di tutti, con la partecipazione dei capi politici al suo esecutivo, apre una partita che non può essere sua. Quando afferma che non vuole scadenze al proprio governo dimentica che nella Costituzione non c’è traccia di governi cui si vota la fiducia una volta e poi governano per il resto della legislatura. Questo sovvertimento delle regole e della logica non porta bene a nessuno e aumenta il caos.
Un osservatore capace e prudente, Stefano Folli, ha scritto, su Il Sole 24 Ore, che Monti ha adottato questa tattica dimostrando “l’attenzione che deve al suo alleato: l’opinione pubblica”. E’ appunto quello che non deve fare, la natura dell’incarico che ha ricevuto è opposta, perché se si deve dare ascolto all’opinione pubblica, posponendo l’intervento al consenso, allora sarà bene ricordare che esiste uno ed un solo modo per auscultare gli elettori: votare. Stabilire cosa pensano gli italiani non spetta ai giornalisti che titolano su “SuperMario”. E non spetta nemmeno ai mercati. Siccome, però, non si può non opporre alla speculazione interventi immediati (risolutivi non lo saranno mai, perché il problema non è in Italia, ma nell’euro) ecco che si giustifica il governo commissariale. Ma solo in tal senso.
Quando Monti non aveva ancora ricevuto l’incarico scrissi che il suo governo sarebbe stato breve o brevissimo, giacché l’orizzonte temporale è comunque ristretto e non si riforma l’Italia in pochi mesi. In compenso, però, traccheggiando in politichese si sprecano anche i giorni. Questo è il buco nero in cui Monti sta cadendo, e noi tutti con lui.

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