martedì 8 novembre 2011

PERCHE' E' GIUSTO TORNARE A VOTARE, ANCHE SE PERDIAMO

Siamo ai titoli di coda. Oggi leggevo sul Corriere della Sera Aldo Cazzullo (nome infelice, specie per un giornalista) l'elogio di Craxi, che aveva deciso di uscire di scena drammaticamente, "esule" (latitante per altri), laddove Prodi (ebbene si, Prodi, abbarbicato per quasi due anni a Palazzo Chigi contro ogni evidenza, elemosinando voti dovunque capitasse, specie quelli dei senatori a vita) ieri e Berlusconi oggi scelgono la gogna parlamentare con brindisi, scherni e urla di gioia per la caduta del "nemico".
La maggioranza non c'è più e il dato adesso è anche numerico: 308 voti ad approvare il Rendiconto dello Stato, con astensione degli altri (fair play istituzionale...sarebbe bello crederci). Alla Camera la maggioranza assoluta è a 316 voti, che non si troveranno più.
Si dimetterà Berlusconi o attenderà l'esecuzione del prossimo voto di fiducia?
Cambia poco, nella sostanza.
Quindi adesso che fare? Se ne parla da tanto,  oltre un anno, da quando Fini uscì dal PDL coi suoi.
Berlusconi doveva forzare la mano allora, dove ben avrebbe potuto parlare di maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni del 2008 e che ora non c'era più e chiedere il voto.
Napolitano non lo avrebbe concesso? Avrebbe dato luogo ad una maggioranza che andasse da FLI al PD passando per UDC e Di Pietro? E' lo stesso problema che si pone oggi, ma con una differenza non da poco a mio avviso : in questo anno e mezzo si è sopravvissuti attraverso un bruttissimo spettacolo di transumanza dei deputati, tutti tesi ad acquistare posti di prestigio, al posto dei finiani, e comunque a tenere in vita il governo nel timore delle elezioni anticipate e la perdita del vitalizio che l'aver fatto parte di UNA legislatura spetta agli ex onorevoli.  E quindi in qualche modo già Berlusconi è ricorso all'escamotage parlamentare per tenere in piedi il suo governo.
La norma costituzionale che permette questo indegno spettacolo è l'art. 67 che recita: " Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".
In altre parole, se lascia il partito di appartenenza originaria, non è tenuto a dimettersi, perché comunque resta un eletto del popolo.
Ora, questa cosa è sempre stata una gigantesca truffa. Quanti dei 900 e passa signori che vengono eletti lo sono per scelta autenticamente popolare? Si è vero fanno campagna elettorale, riusciranno anche a ottenere delle preferenze veramente ad personam...ma QUANTI sarebbero eletti INDIPENDENTEMENTE dal partito dal quale vengono presentati?
E questo era così già nella prima repubblica. Adesso poi con l'abolizione delle preferenze???
Questo è un parlamento di nominati dai partiti!!! La gente ha votato le coalizioni, il partito, NON l'uomo!!
"Le crisi di  coscienza" di queste persone, che sanno benissimo di rappresentare se stessi , i parenti e qualche centinaio di clientes, mi fa ridere...
E questi peones, che vagolano da un pascolo all'altro nella speranza di trovare erba più fresca, non pensate quanto sarebbe bello punirli con elezioni anticipate, dove molti di loro NON verranno rieletti e perderanno quel tanto sospirato vitalizio?
Alcune di queste mie considerazioni , le ho ritrovate espresse (insieme ad altre), con l' arguzia e la salacità che i suoi lettori ben gli conoscono, in questo articolo di Filippo Facci su Libero.
Le propongo augurando buona lettura


In Italia c’è un serio problema di democrazia. Vi saremo grati se potrete smentire i seguenti punti.
 1) Un governo avrebbe il diritto/dovere di governare sino alla fine del suo mandato e non sulla base di un monitoraggio in tempo reale dei suoi consensi. Questo in linea di principio: ma è un principio importante, altrimenti nessun governo potrebbe mai prendere misure impopolari e tuttavia necessarie; quelle, cioè, che spesso hanno svoltato l’economia di una nazione. 

2) Un governo che non abbia più la maggioranza parlamentare è giusto che vada a casa. Dopodiché, secondo il comune sentire e una sorta di legislazione materiale, è giusto che si torni a votare per legittimare un nuovo governo. Un governo «tecnico» e sostenuto da pochi oligarchi - peggio ancora se stranieri - è un problema per la democrazia. Un governo allargato a forze che alle elezioni non figuravano nello schieramento vincente (l’Udc tra queste) è un problema per la democrazia. L’unica vera obiezione a che si torni a votare, ora, non riguarda «urgenze» dettate dall’estero, ma che si andrebbe alle urne con il famigerato Porcellum, che a sua volta rappresenta un altro problema per la democrazia.

3) Questo sistema elettorale, che a parole nessuno vuole ma che in concreto vogliono tutti, ha oltretutto tre cose: ci ha donato il celebre Parlamento dei nominati, ha svuotato il Parlamento delle sue prerogative e soprattutto ha fatto sì che i maledetti partiti appaiano più legittimati degli uomini che li compongono. Ecco perché i transfughi rappresentano gli stipendi che ricevono ma non certo il seguito popolare che non hanno. Ed ecco perché sono traditori due volte: del mandato popolare (che appartiene al partito, non a loro) e di coloro che li hanno messi in lista. Questo vale per chiunque, compreso chi è passato dall’opposizione alla maggioranza. 

4) Siamo alla sovranità internazionale: la democrazia e l’economia sono commissariate rispettivamente dai mercati, dalle banche e da alcune nazioni che possono decidere se il nostro debito pubblico debba strozzarci oppure no. La loro decisione, all’apparenza, è vincolata al presidente del consiglio che avremo e alle riforme che intenda fare.

5) L’attuale presidente del consiglio ha detto e scritto che queste riforme le vuole comunque fare: eppure è ritenuto di scarsa credibilità dalla comunità internazionale e dai partiti di opposizione. Gli stessi partiti di opposizione, quelli che appunto ritengono Berlusconi di scarsa credibilità, non sono viceversa in grado di fare le riforme che Berlusconi dice di voler fare. Pare chiaro che far fuori Berlusconi, per l’opposizione, rappresenti il fine e non il mezzo.    

6) Se anche Berlusconi facesse un cosiddetto passo indietro o «di lato», come direbbe Maroni, è ridicolo pensare che gente come Renato Schifani o Gianni Letta possano fare delle riforme che Berlusconi non possa. Se Berlusconi se ne andasse, il contraccolpo positivo che potrebbe venirne dai mercati durerebbe tre giorni, questo senza contare - se non viene ritenuto un ragionamento troppo scolastico - che in Italia è Berlusconi ad avere preso milioni di voti, non Schifani o Letta. Per non parlare, a proposito di democrazia, dei voti che non ha preso un tecnocrate alla Mario Monti. 

7) In tutto questo, a proposito di democrazia, siamo riusciti a non citare neppure una volta il ruolo della magistratura. Data la situazione, si sta riposando. 

Caro Facci, se per miracolo il Caimano ce la facesse anche stavolta, vedrai che le Toghe riprenderebbero alacremente il loro lavoro...

GLI ONOREVOLI MODELLO TRANSUMANZA 

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