mercoledì 15 febbraio 2012

"SIAMO TUTTI ATENIESI "

GLI INCENDI AD ATENE DI DOMENICA 12 FEBBRAI
Oggi in uno scambio di battute con Giuseppe Turani - su FB capita di parlare con persone che hai sempre letto e stimato, è il bello dei socialnetwork - mi sono trovato questo commento : "la Grecia ha un'economia insufficiente per la propria popolazione..".
Sono rimasto agghiacciato...cose così non le avevo mai concepite possibili per l'Europa. Certo i greci , come i portoghesi, come gli irlandesi, non erano mai stati tra i paesi benestanti del continente, ed era stato incredibile nel XXI secolo vedere i loro numeri improvvisamente decollare...Un decollo finito assai bruscamente, d'accordo, ma da qui a leggere qualcosa immaginabile solo per i paesi del sud del mondo!?!?
Nel frattempo apprendiamo:
1) gli aiuti di 130 miliardi, coi quali si eviterebbe (ritarderebbe?) il default greco restano congelati. E' vero che il parlamento ha votato provvedimenti che hanno scatenato la piazza ateniese, con incendi, feriti, assalti a banche e uffici del fisco (si inizia anche a vedere qualche bandiera tedesca bruciata), ma non basta, perché i responsabili europei NON si fidano e vogliono atti formali d'obbligo  dalle forze politiche di rispettare gli impegni assunti anche DOPO le elezioni indette per il prossimo aprile.
2) tra i tanti tagli imposti al debito greco, un settore viene risparmiato dalla scure: la DIFESA. Curioso, visto che se sono passati 23 anni dalla caduta del muro (Grecia e Turchia erano il fronte sud-est della NATO ai tempi della guerra fredda) e se c'è una cosa che l'Europa ha saputo fare negli ultimi 67 anni è stata la PACE (che obiettivamente non è poco, ancorché aiutata). Quindi perché tenere alte le spese della difesa? Perché ci sono dei contratti da onorare con alcuni partner europei importanti...Germania in testa. Ora, una cosa così potrebbe anche andar bene in tempi normali...( qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una sorta di tangenti politiche, però noi siamo uomini di mondo...), ma in un momento in cui ai Greci si chiede di rinunciare all'assistenza sanitaria, ridotta all'osso, come si fa a dire che i carri armati o gli elicotteri made Germany devono essere acquistati lo stesso??
E allora arrivano gli articoli come quello di Panebianco, che abbiamo postato l'altro ieri, sui rischi per la democrazia,  e quello di Davide Giacalone che metto su oggi.
"Siamo tutti ateniesi", conclude il bravo analista. E non è detto che bastino gli scongiuri.
Buona Lettura  

Jean Claude Juncker e Evangelos Venizelos
Juncker, presidente Eurogruppo a colloquio con il ministro greco Venizelos - La Press
Non esiste solo il contagio della crisi, perché l’idea, pessima, di mettere democrazia e mercato in contraddizione minaccia di scatenare un’epidemia. Guardiamo la piazza greca e domandiamoci cosa succederebbe, in qualsiasi parte d’Europa, in condizioni analoghe. Chiediamoci quale sarebbe la reazione dei cittadini al sentir dire che l’approvazione parlamentare delle condizioni imposte dalla troika (Bce, Commissione e Fmi) ha risollevato le Borse. Degli altri. Interroghiamoci su come verrebbe accolto, in qualsiasi democrazia, l’annuncio che la spesa pubblica deve essere tagliata duramente, a eccezione di quella che riguarda gli investimenti nelle armi. E ricordiamo che prima di comparire nelle piazze italiane i black bloc si esercitarono ad Atene.
Ci sono colpe greche, lo abbiamo detto e ripetuto, ricordando a noi stessi che non si può stare dentro una moneta unica e continuare a espandere la spesa pubblica, e il debito, senza il rispetto di alcuna compatibilità. Ci sono colpe europee, consistenti nell’avere affrontato il sorgere della crisi con l’occhio rivolto alla tutela delle banche e cieco innanzi alle conseguenze politiche. Il sommarsi delle colpe non si compensa, non mette la bilancia in equilibrio, ma la fa saltare e moltiplica gli effetti negativi. Ci sono forze e movimenti che puntano sulla crisi per soddisfare la propria vocazione antistatale, antieuropea e nemica del mercato. Vanno sconfitti. Ma non ci riusciremo mai se Stato, Europa e mercato divengono sinonimi di depressione e impoverimento, quasi che un popolo debba scontare le colpe della propria classe politica. Anche perché quella stessa classe trovò complicità e sponde nei gruppi dirigenti degli altri Paesi, nelle istituzioni bancarie e finanziarie, negli ambienti politici che vollero allargare l’euro e l’Ue senza riguardo all’innescare una bomba a orologeria.
Prendete il caso delle armi. La Grecia ha un bilancio della difesa tradizionalmente ricco, essendo ciò dovuto anche al fatto che ha rappresentato, assieme alla Turchia, per molti lustri, il confine orientale della Nato. Data la complessità dei rapporti fra Grecia e Turchia, i militari hanno avuto grande influenza, dall’una e dall’altra parte. Quegli stessi investimenti nella difesa possono ancora rispondere agli interessi comuni europei, non certo a quelli esclusivamente ellenici. Europei, oltre tutto, sono i venditori interessati. Ebbene: come può spiegarsi a chi sarà licenziato, o a chi viene ricoverato e non trova assistenza adeguata, che la spesa militare non può essere toccata, per il bene dell’Ue e per la convenienza di costruttori tedeschi e francesi, ovvero di quegli stessi governi che impongono i tagli? E’ ovvio che una tale condotta getta benzina sul fuoco.
Quelle fiamme, a loro volta, scalderanno il brodo nel quale ribollono disagi forti e letture rozze della realtà: dalla Francia all’Inghilterra, dalla Germania all’Italia. Se si prova a chiedere un’opinione sull’Europa, o sulle banche, si ottengono, dai popoli, risposte terrificanti. Il fatto che ciascuna elezione nazionale non si decida (fin qui) su questi temi, ma si risolva in una disfida dialettale, non solo non rassicura, ma suggerisce l’ulteriore aggravante dell’irrilevanza democratica rispetto alla preponderanza della finanza. Sono cose con le quali è pericoloso giocherellale.
La paura per i debiti e per le crisi politiche, che riguardano tutti, ha chiarito che l’Europa non può essere la convivenza di ristrutturazioni e dilapidazioni, giacché la contraddizione è incontenibile. Neanche può essere la casa penitenziale entro cui ciascuno si rinchiude per espiare colpe storiche e genetiche. Si può far finta di credere che l’impotenza politica del Parlamento e la rabbia di un popolo spinto all’odio siano questioni elleniche. Non è neanche una menzogna: è una sciocca illusione.
Non meno impotente, del resto, è il fin qui inutile Parlamento Europeo. Che incarna il trionfo della forma democratica e il tonfo della sostanza. Tocca ai parlamenti nazionali e ai cittadini d’Europa dimostrare che l’Ue può avere un’anima politica, non declassandosi ad area d’obbedienza tecnocratica, in realtà sublimazione affaristica. Faremmo bene a sentirci ateniesi, come ieri, quando era sfregiata l’unità tedesca, ci sentivamo berlinesi
JOHN KENNEDY PRONUNCIA IL SUO FAMOSO DISCORSO A BERLINO DIVISA DAL MURO

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