martedì 20 marzo 2012

VUOI ESSERE ASSUNTO? DAMMI LA TUA PASSWORD DI FACEBOOK!

Giacalone, tra gli enti inutili che ha proposto di abrogare, c'è quello della privacy. In effetti, cosa c'è rimasto di privato, di riservato nella nostra vita? La mania di conoscere la vita privata degli altri convinti che da quello poi potremo meglio valutare ciò che ci interessa è definitivamente approdata anche nel campo del lavoro, con una formula strana ma in fondo perfettamente al passo coi tempi: al colloquio ti chiedono la tua password di Facebook!
La notizia viene ovviamente dagli States ma vedrete che presto il sistema sarà adottato anche da noi.
E figuriamoci se non ci attrezzeremo per costruire profili ad hoc per la bisogna!!
Ecco la notizia sul Corriere on line

  

LE AZIENDE PREFERISCONO VIOLARE LA PRIVACY PUR DI SAPERE CON CHI HANNO A CHE FARE

Vuoi il posto? Dammi la password di Facebook
Negli Usa è ormai pratica comune a livello privato e pubblico obbligare i candidati ad aprire le porte dei profili personali
 
Vuoi essere assunto? Allora dammi la tua password di Facebook in modo che ti possa conoscere molto da vicino. E' questa la richiesta, proveniente da aziende private ma anche da agenzie governative, che si trova a fronteggiare sempre più spesso chi negli Stati Uniti è alla ricerca di un posto di lavoro. Insomma nel tentativo di scrutare il candidato da sempre diversi punti di vista si cerca di osservarlo ora da un punto di vista privilegiato: il suo.
PRATICA COMUNE - Per farlo il selezionatore spesso chiede di accedere a tutti i social network a cui il candidato è iscritto. Del resto è pratica comune almeno negli Usa monitorare il comportamento del candidato su Twitter, Facebook e altri social network per trovare eventuali punti deboli nel suo passato. Proprio per questo molti utenti hanno reso i loro profili personali inaccessibili alla massa. E qui scatta la contromisura aziendale e la «proposta indecente». «E' come chiedere a qualcuno di consegnarmi le chiavi di casa: è una violazione della privacy bella e buona» spiega Orin Kerr professore di legge alla George Washington University. Così qualche società si comporta in maniera un po' più furba chiedendo ai candidati di collegarsi a un computer aziendale durante il colloquio o di concedere l'amicizia al direttore del personale. La richiesta della password è poi prassi normale per tutti quelli che aspirano a lavorare nell'ambito della sicurezza. Certo ci si può rifiutare, ma allora è matematico essere scartati perché si passa come qualcuno che ha qualcosa da nascondere. Tanto che molti esperti di ricerche del personale consigliano ai potenziali candidati di farsi dare una mano da un esperto per «ripulire» i propri profili prima di lanciarsi alla ricerca di un lavoro.
C'è poi chi nell'operazione di selezione del personale non si prende neanche la briga di convocare chi ha mandato il curriculum e procede alla cernita studiando le informazioni apparentemente inaccessibili dei candidati contenuti sui social network grazie a nuovi tipi di software. Applicazioni come BeKnown possono infatti permettere di accedere ai profili personali, sempre se chi è in cerca di lavoro lo permette, magari proprio per evitare l'imbarazzante domanda: «Mi dice la sua password?». Ci sono poi anche degli aspetti legali secondari ma altrettanto importanti. Negli Usa è infatti vietato rivelare la propria password ad altri. Ma ha spiegato ufficialmente il Dipartimento di giustizia, nessun reato di questo tipo è mai stato perseguito.
 

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