Spread ormai è termine che usa anche la portiera di mia mamma, in genere più adusa a condannare per omicidio tutti i mariti adulteri senza bisogno di processo.
Adesso stiamo imparando Spending Review , che in italiano significherebbe "revisione della spesa".
In concreto, si tratta dell’analisi dei capitoli di spesa nell’ambito dei programmi delle attività da attuare da parte dei singoli dicasteri ministeriali al fine di individuare le voci passibili di taglio, per evitare inefficienze e sprechi di denaro.
Solo a scriverlo mi viene da ridere, o da piangere, a seconda dell'umore.
Alla questione dedica il suo pezzo odierno a Davide Giacalone, e vi lascio senz'altro alla sua lettura
Ghost review
Un fantasma si aggira per le stanze governative: la spending review. Fra ululati di terrore e mugolii d’attesa non si sa più neanche cosa sia, al punto che ne viene annunciata l’apparizione per propiziare il taglio di quattro miliardi dalla spesa pubblica. Come aspettarsi da una fotografia che sappia ristrutturare la casa cadente o far ricrescere i capelli a chi li ha persi. Quegli strumenti, se non truccati, servono per conoscere e capire, per raffigurare fedelmente, non per modificare la realtà o cambiarne i connotati. Luigi Einaudi usava dire: “conoscere per deliberare”, sapere prima di decidere. La spending review appartiene al “conoscere”, poi serve “deliberare”.
Alcuni componenti dell’esecutivo hanno sulle spalle lunga
esperienza, relativamente alla spesa pubblica. Vale per il presidente del
consiglio, Mario Monti, per Piero Giarda, per Vittorio Grilli ed altri ancora.
Insomma la spending review è importante, ma non è che si tratta di persone
altrimenti sprovviste di strumenti culturali atti a comprendere quel che è bene
fare. E come farlo. Che il fantasma strascichi le sue catene per il palazzo è suggestivo,
quel cui si deve fare attenzione è non inciampare in quelle catene. Hanno un
potere magico: chiunque le tocchi ne resta ammaliato, al punto di credere,
subito dopo, che nulla può essere cambiato, al più leggermente limato.
Appartiene a questo maleficio l’idea che il governi s’appresti a tagliuzzare
senza radicalmente cambiare.
L’obiettivo, a quel che si legge, è trovare le risorse con
cui evitare l’ulteriore aumento dell’iva, dal 21 al 23 per cento, nel prossimo
autunno. Intento lodevole, perché quell’incremento penalizzerebbe ancora i
consumi e avrebbe il solo effetto di intensificare la recessione, ma non
sufficiente. La spesa pubblica italiana non va ridotta, va rivoluzionata e
dimezzata. La via c’è.
Una consiste nell’accorpare le provincie, sostengono alla
banca centrale europea. Capisco da dove viene l’errore: a forza di sentir
ripetere, dagli italiani stessi, che le provincie sono inutili, e a forza di
vedere che non cambia un accidente, quelli provano una via intermedia:
accorpatele. Ricetta sbagliata. E’ l’intero capitolo della governance locale a
dovere essere riscritto. L’unico ente territoriale che appartiene alla nostra
storia sono i comuni. I piccoli non costano, quindi il problema degli
accorpamenti, in quel settore dell’amministrazione territoriale, riguarda le
municipalizzate, capitolo che porta direttamente a quello delle
liberalizzazioni (clamorosamente mancate). Dal comune in su siamo nel campo
della sovrapposizione, dell’inutilità, della dissipazione e della burocrazia
che, per mantenere in vita se stessa ammazza il cittadino e l’impresa. Tutti a
dire che le province vanno chiuse (e sarebbe ora), perché, le regioni vi
sembrano da proteggere? Sono piccole, inutili, dispersive nella spesa, fuori
controllo e senza alcun rapporto diretto con il cittadino. Un fallimento.
La spending review non serve a stabilire che si deve
tagliare nella spesa per la scuola o per le carceri, perché per un simile rozzo
concetto è sufficiente un mestierante nasometrico. Serve a conoscere per
disboscare. Se il machete non lo impugnano i tecnici, che non dovrebbero avere
consanguinei al governo degli enti territoriali, che ci stanno a fare? Se anche
loro, che hanno scienza e libertà, finiscono prigionieri dei fantasmi, in cosa
propizieranno un risultato diverso? Non vorrei tornare all’esorcista, anche per
ragioni culturali.
Quando vai a disaggregare e conoscere la spesa sanitaria ti
rendi conto che si può risparmiare migliorando il servizio, senza nulla
togliere ai malati. Quando studi la digitalizzazione della scuola ti rendi
conto che diminuendo la spesa complessiva, quella dello Stato più quella delle
famiglie, puoi realizzare una scuola interamente computerizzata. Quando esamini
la spesa per la giustizia ti rendi conto che il problema non è trovare i soldi
per finanziarla, ma la lucidità per tagliarla di brutto, in modo da far
riemergere la giustizia stessa dalla fanga di un’amministrazione che ha
sminuzzato e spappolato tutto, nel nome dell’autonomia e a eterna gloria dello
spreco (e della ruberia).
Più sento parlare di spending review più cresce la paura che
il fantasma abbia già sottratto l’anima e incatenato i nuovi inquilini del
palazzo, come già fece con i predecessori. Ha anche mollato una catenata sulla
testa di quelli della Bce, che pure sono lontani. Un suggerimento: aprite le
finestre e buttatelo di sotto.
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