In ordine allo scontro tra Presidenza delle Repubblica e
Procura di Palermo, che si trascinerà per un bel po' - anche se la scena perde
un protagonista : il procuratore aggiunto Antonio Ingroia se ne va in
Guatemala, per un incarico ONU. Finalmente questa inutile organizzazione fa una
cosa meritevole, togliendoci dalla palle questo Torquemada invasato - riporto
un articolo di Davide Giacalone che già in passato si era espresso sulla
questione dei rapporti tra Stato e mafia e sulla querelle del famoso Papello
(le condizioni di Riina per far cessare la stagione delle stragi e delle
bombe).
La ricostruzione stavolta mi è apparsa ancora più chiara e
cronologicamente dettagliata, per cui suggerisco vivamente di leggerlo.
In particolare, condivido il parere del noto politologo che
sottolinea come l'obiettivo primo di questa indagine è sempre stato il solito
Berlusconi, come infatti gli attuali sviluppi (la accuse a Dell'Utri di ricatti
all'amico brianzolo, con estorsione di milioni di euro) fanno ricordare.
Aver trovato nelle intercettazioni nomi non
"interessanti" per gli scopi dell'inchiesta, e quindi Conso, Mancino,
addirittura Napolitano, sono stati "Incerti del mestiere"....
Buona Lettura
Lo schiaffo
La procura di
Palermo convoca Silvio Berlusconi, e la figlia Marina, quali vittime e
testimoni di una supposta estorsione, ideata da Marcello Dell’Utri. Posto che
nessuno dei due convocati s’è presentato e posto che nessuno di loro aveva
interesse a diffondere la notizia, che si trova su tutte le agenzie, radio, tv
e giornali, resta che l’ipotesi risulta fantasiosa a chiunque abbia potuto
seguire, nel corso degli ultimi quaranta (e più) anni la storia di una
collaborazione molto stretta, di un rapporto che i diretti interessati definiscono:
amicizia. Possibile che finsero al punto da occultare rapporti tesi, feroci,
estorsivi? Possibile che la cosa possa essere interessante per una procura
della Repubblica? Ebbene sì, perché questa convocazione ci riporta alla memoria
un dettaglio decisivo: come e perché cominciò l’inchiesta che poi ha coinvolto
anche la presidenza della Repubblica.
Nell’accavallarsi
d’incontenibili loquacità e di caduche ipotesi accusatorie, nell’inseguirsi
d’improbabili riscritture della storia d’Italia, credo che moltissimi abbiano
perso il filo conduttore e neanche ricordino che i supposti responsabili della
trattativa fra lo Stato e la mafia erano, all’inizio di questo film, proprio
Dell’Utri e Berlusconi. Nello spezzone odierno il ruolo dei protagonisti se lo
sono presi Nicola Mancio e Giorgio Napolitano. Non conosciamo ancora i titoli
di coda, ma il manifesto che attirava spettatori strillava i nomi della coppia
originaria. E siccome noi c’innamorammo giovincelli della razionalità, inadatti
a vivere di verità rivelate e straordinarie boiate, fummo i primi a far
osservare che Berlusconi avrà pure fatto un patto con la mafia, grazie a
Dell’Utri che, panormense come me, faceva da interprete, ma è difficile che una
trattativa finalizzata a concedere la fine del carcere duro possa essere stata
da loro conclusa, dato che giunsero al governo nel 1994, mentre quella era
stata concessa nel 1993. Andammo oltre, ricostruendo e pubblicando l’intera
catena decisionale che aveva portato a cancellare, per centinaia di delinquenti
e disonorati, il regime speciale: governava Carlo Azelio Ciampi; presidente
della Repubblica era Oscar Luigi Scalfaro; il quale volle rimuovere il capo del
Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) e mettere al suo posto
Adalberto Capriotti, il cui nome gli era stato fatto, su sua esplicita
richiesta, da Cesare Curioni, cappellano carcerario e suo caro amico; Scalfaro
incaricò Curioni di trasmettere il nome a Giovanni Conso, allora ministro della
giustizia, che, non conoscendolo, lo nominò subito, eseguendo il volere
presidenziale; Capriotti suggerì la sospensione del 41 bis, anche per far sì
che si fermassero le bombe mafiose; Conso eseguì, ripetutamente. Correva l’anno
1993.
Ciascuno può pensare
quel che crede (io che “quella” trattativa neanche ci fu), ma questi sono
fatti. Incompatibili con l’idea che a trattare fu Berlusconi, l’anno appresso.
A meno che non si voglia credere nella potenza magica della sua fama da
bugiardo raggiratore, capace d’intortare la mafia vendendole quel che aveva già
ottenuto. Fosse vero, sarebbe miracoloso.
Fu per fregare
Berlusconi che si montò questa storia. E fu per manifesta incoerenza con lo
scopo che la nostra ricostruzione, dimostratasi esatta, rimase silenziata per
lungo tempo. Oggi è sulla bocca di tutti, quale scoperta tardiva. Poi, visto
che l’accusa non reggeva, la procura è passata a trovarsi altri accusati,
sicché, da quel momento, la trattativa divenne “supposta”. Quanti tacquero
quando la trappola doveva colpire l’odiato capo del centro destra, e fra questi
Mancino, se la ritrovarono sulla testa. Ebbero paura e chiesero aiuto. Alla
fine, trattasi di storia miserabile. E Berlusconi? Rieccolo, convocato quale
testimone chiamato a fornire informazioni sui soldi dati a Dell’Utri, possibile
pagamento di un ricatto. Per cosa? E che importanza ha? Tanto, oramai, sono le
telefonate di Mancino a Napolitano il piatto forte. Questo è solo un contorno
secondario. Noi non abbiamo cambiato opinione: il menù è velenoso.
Una parola per Rita
Borsellino, che si sente schiaffeggiata dal conflitto fra il Quirinale e la
procura di Palermo: forse lo schiaffo forte, capace di ridestare da un sonno
ventennale, si dovrebbe darlo ricordando che Paolo Borsellino fu isolato e
combattuto proprio dai colleghi della procura di Palermo. Come prima era
capitato a Giovanni Falcone. Forse è in quella procura (di allora) che si deve
cercare la ragione di quei morti. Il coraggio e l’onesta di quei due magistrati
merita qualche cosa di più che il falso rito ricorrente, celebrato da quanti li
avversarono.
E' amaro dover dire fatta giustizia per le stragi di Capaci:Falcone e di via d'Amelio: Borsellino . Di accordi tra mafia e Stato (rettifico ; da uomini rappresentanti dello Stato)... dopo anni non serve a niente . I proprietari di questa morale hanno vissuto all'aombra di questo Stato e continuato la "gestione" di questo Stato con la stessa morale.
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