Adesso prepariamoci per la nuova ondata di polemiche per la
nuova esternazione dei "tecnici", lontani dai problemi della gente
comune.
A suo tempo era stato Martone a suscitare scandalo per aver
dato, sostanzialmente, degli "sfigati" a coloro che a 28-30 anni non
avevano concluso il corso di studio universitario.
Apriti cielo!!!! Una rivolta! Revenge, la brillante ospite
del Camerlengo, si scatenò con una geremiade che ottenne grandi consensi
( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/01/gli-sfigati-ringraziano-il-viceministro.html ).
Io replicai, schierandomi contro corrente dalla parte del peraltro
antipaticissimo vice ministro, scrivendo http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/01/ieri-bamboccioni-oggi-sfigati-povera-la.html.
Chi vuole può andarseli a rileggere.
Nell'introdurre il flash di cronaca sulla esternazione del
Ministro Profumo che ripropone, in tema di risparmio di spese, il problema dei
troppi fuori corso che COSTANO, mi limito a riproporre la convinzione che nello
stigmatizzare il mancato rispetto dei tempi non ci si riferisce agli studenti
lavoratori, ma agli ALTRI. Questi ultimi rivendicano il diritto, durante gli
anni universitari, di fare anche altro oltre che dedicarsi allo studio, e
quindi viaggiare, fare altre esperienze. Giustissimo. Se le pagano queste altre
cose ? Sì, ovviamente ( o loro o papà) . Bene, finiti gli anni di corso
regolari, si pagheranno anche il proseguio degli studi, con le tasse che
aumenteranno esponenzialmente.
Mica che li espelliamo dagli atenei. Semplicemente, se il
contributo per gli anni di corso è pari al 20% del costo effettivo, per quelli
fuori corso sarà se non totale (io lo farei), il triplo.
Cosa c'è di scandaloso? Anni sabbatici? Corsi paralleli (di
danza, di teatro, qualunque cosa diletti e appassioni i nostri giovani)?
Sacrosanto. Però la collettività sostiene il costo dei giovani all'università
per coloro che sono in regola. Gli alti continuino, ma a spese proprie (o
quasi).
Fuori da questo discorso, lo ribadisco per i distratti,
coloro che lavorano per mantenersi e che comunque hanno l'ambizione di
completare gli studi.
Buona Lettura
Università, quei 600 mila fuori corso
Il ministro Profumo:
sono troppi, più tasse
Il titolare
dell'Istruzione: manca il rispetto delle regole e dei tempi
«I fuori
corso all'università esistono solo da noi», per questo «bisogna cambiare
rotta». Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo mette il dito nella
piaga, a suo parere tutta italiana, dei quasi 600mila studenti che non hanno
completato il ciclo di studi nei tempi previsti dall'ordinamento universitario,
il 33,59% del milione e 782 mila iscritti all'anno accademico 2010/2011. E lo
fa senza mezzi termini, sollevando quello che ritiene «un problema culturale»:
«All'Italia manca il rispetto delle regole e dei tempi. Credo che la scuola sul
rispetto delle regole debba dare un segnale forte» perché «gli studenti fuori
corso hanno un costo, anche in termini sociali», incalza Profumo.
Tanto è vero che uno
dei provvedimenti inseriti all'interno della spending review sembra puntare
proprio all'aumento delle tasse per quegli studenti che trascorrono
all'università molti più anni del necessario. Ogni università attualmente non
può ottenere come finanziamento dalle tasse universitarie più del 20% di quanto
riceve dal ministero dell'Istruzione attraverso il fondo di funzionamento
ordinario. Con il nuovo decreto nel computo di questo 20% non verrà considerata
la quota delle tasse che deriva dagli studenti fuori corso ed extracomunitari.
Di fatto, gli atenei potrebbero decidere di alzare le tasse a questi studenti.
«Questo farà in modo
che imparino a non perdere tempo», sottolinea il ministro, che però ci tiene a
precisare: «Non puniamo nessuno, il 20% va depurato solo perché nel tempo sono
cambiate le condizioni». Però, di fatto, pagare di più spinge gli studenti a
«sbrigarsi»? «Non credo. Penso che piuttosto bisogna valorizzare le capacità
delle persone, orientandoli in maniera mirata, come stiamo facendo con il
portale www.universitaly.it». Un'altra strada suggerita dal ministro è
valorizzare il regime «part-time», ovvero una formula che permette di diluire i
tempi di studio, senza risultare fuori corso, pensata proprio per studenti
lavoratori. «Alla Sapienza di Roma è obbligatorio dopo tre anni di fuori corso
- spiega Luigi Frati, rettore dell'università più grande d'Europa, con i suoi
130mila studenti - è uno dei modi per facilitarli nel raggiungimento della
laurea». Per Frati, i 162mila studenti che in Italia si sono laureati fuori
corso (su 289mila totali, dati Miur 2010) non sono «bamboccioni, ma solo
giovani in difficoltà» che andavano aiutati con misure concrete: come
Telmasapienza, l'unica università telematica pubblica messa su dalla Sapienza
per aiutare gli studenti fuori regione. Eppure la Sapienza ha comunque 40mila
studenti fuori corso, non roba da poco.
La Luiss, l'ateneo
di Confindustria, ha invece poche decine di fuori corso e un tasso di abbandono
dopo il primo anno dello 0%, rispetto al 17% nazionale. E gli studenti si
laureano in 5 anni e tre mesi in media (per la laurea specialistica o di
vecchio ordinamento), contro una media italiana di 8. Tutto merito di quegli
8mila euro all'anno da pagare? «I soldi possono essere un deterrente, ma il
vero problema è che gli studenti vanno seguiti», sostiene il direttore generale
Pierluigi Celli. «Se uno studente da noi non dà esami per due semestri
consecutivi, cerchiamo di capire quali sono i suoi problemi, lo facciamo
seguire da un tutor. E se continua a non produrre risultati, lo faccio studiare
nel mio studio», conclude con una battuta. Una situazione ovattata rispetto
allo «studente che si ritrova in atenei strapieni, con una spersonalizzazione
totale della didattica, costi altissimi, soprattutto fuori sede» sottolinea
Giuseppe Failla, del Forum nazionale dei giovani. E come conferma Anna
Buonanno, studentessa di Giurisprudenza all'università di Salerno, che con i
suoi quasi vent'anni di iscrizione e perseveranza potrebbe essere considerata
un modello: «Mi manca un ultimo esame e spero di dare la tesi entro l'anno.
Sono una studentessa lavoratrice, è vero, e questo mi ha creato dei ritardi. Ma
l'atteggiamento autoritario dei professori, le corsie preferenziali, la
distanza dall'apparato, possono creare grossi problemi agli studenti. Comunque
io alla laurea ci arriverò, questo è certo. E mi iscriverò anche all'Albo degli
avvocati». Con buona pace di Profumo, che a un figlio fuori corso direbbe: «Il
tempo nel raggiungimento degli obiettivi è fondamentale».
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