venerdì 28 settembre 2012

FRANCIA. L'ALTRO MALATO D'EUROPA DI CUI NON SI PARLA. E LI LE TASSE LE PAGANO TUTTI...



So che è un articolo che non leggeranno in molti, questo di Massimo Nava presente tra le opinioni pubblicate oggi sul Corriere della Sera, visto che ha carattere prevalentemente economico e poi si parla di un paese estero, per quanto a noi vicino come la Francia. Eppure lo reputo interessante, quale testimonianza di come l'ultimo grande baluardo del Welfare europeo fatichi sempre di più a garantire un modello di stato sociale a cui i francesi sono legatissimi (anche quelli di destra sostanzialmente ) ma che nonostante l'elevatissima pressione fiscale, 46%, e un debito pubblico altrettanto gigantesco ( ufficialmente circa il 90%, ma con qualche trucco...) mostra il fiato corto. Il partito socialista ha vinto le elezioni grazie anche ad un sistema elettorale invocato ora da noi ma che francamente qualche perplessità me la solleva. Col 30% scarso dei voti,il PS ha finito per prendere quasi il 50% dei seggi in parlamento. E' vero che da loro c'è il secondo turno e nella seconda tornata elettorale i socialisti sono saliti al 40....e questo è già più accettabile.
MA da NOI, in Italia, il secondo turno alle politiche NON c'è, con l'attuale sistema elettorale, e quindi immaginare che un partito, o una coalizione, con meno del 40% dei voti abbia un premio   che gli assicuri la maggioranza in parlamento, mi sembra troppo anche a me che pure ritengo la governabilità, e quindi il sistema maggioritario, da preferire al parlamentarismo puro, garantito dal sistema  proporzionale, più fedele alla fotografia del voto ma propedeutico all'instabilità dei governi (come la nostra prima repubblica ha ampiamente dimostrato ). Ad ogni modo, in Francia , con un Presidente e un'assemblea legislativa appena eletta, forte e dello stesso colore, i problemi sono già grandi proprio per questa enorme crisi economica finanziaria. Hollande ha creato la super tassa per i milionari (il 75% oltre il milione di euro. Se però i ricchi se ne vanno, li chiamano "traditori" !!!) , sono state comunque aumentate quelle ai ceti considerati abbienti, medio alti. Si cerca di toccare meno possibile i benefit cari ai francesi, e quindi l'assistenza alla famiglia, in campo sanitario e previdenziale . E infatti i conti sono FUORI CONTROLLO. Portare il deficit statale al 3% pare una mission impossible, e il Fiscal Compact viene duramente contestato da sinistra assai più di quanto non faccia Berlusconi qui in Italia !
Tutta l'attenzione dei mercati è puntata sui malati gravi, Spagna e Italia (la Grecia è solo un dead state walking ) , e grazie ad essi nessuno per il momento pensa che , DOPO, nel caso, toccherà a Parigi. Ecco perché Hollande si è smarcato dal rigore prussiano e si è collocato su una posizione intermedia tra la Merkel - di cui non si può fare a meno - e Monti e Rojoy .
Ma come mostrano i primo borbottii di risveglio del vulcano, gli interventi di Draghi servono solo a sedare la malattia europea, NON a guarirla, visto che la politica del rigore, basata però solo sulle TASSE, non produce assolutamente , né scientificamente potrebbe (se l'economia può essere in qualche misura una scienza ) , alcun stimolo alla crescita, anzi, l'esatto CONTRARIO. Si dovrebbe lavorare sulle spese, tagliandole, per recuperare le risorse utili a ridare fiato all'economia. Ma, come si vede bene ovunque, solo quelli con la pistola puntata lo fanno, e nemmeno nella misura necessaria. Per molti la soluzione rimane sempre il DEBITO, e quindi l'alimentazione della Spesa Pubblica, il vero volano della "Felicità".
Peccato che però, con la BCE, il Debito non possa essere più autonomamente gestito.
Vale per tutti, anche per la Grande France
P.S. Ah, per inciso, in Francia pare che le tasse le paghino tutti ...eppure non scendono mai. Anzi....
Buona Lettura


CRESCITA E SPESA PUBBLICA
Francia, il malato invisibile dell'Unione


Mentre gli indignados infiammano le piazze di Spagna e Grecia; mentre l'Italia ancora non sa se i «compiti a casa» siano insufficienti o finalmente apprezzati dai mercati, un grande e invisibile malato s'aggira per l'Europa. Grande perché parliamo della Francia e perché i sintomi sono davvero gravi. Invisibile perché la malattia appare di sfuggita nel dibattito sulla crisi dell'eurozona, sotto una coltre di immagini stereotipate sui primati del modello statuale transalpino e di considerazioni politiche del peso specifico e indispensabile della Francia nelle questioni europee.

Questa «cecità» - ovviamente relativa - è un po' voluta dagli stessi francesi, i quali non s'indignano come gli altri europei impoveriti dall'imposizione di sacrifici, bensì di fronte alla sola eventualità che il sistema di ampissimi diritti e protezioni sociali venga messo in discussione.

Anche il presidente Hollande non incoraggia una presa di coscienza collettiva sui guasti del sistema, preferendo un approccio più tradizionale, nella speranza (o nella presunzione) che il ritorno della crescita agevoli il risanamento del Paese e quindi il ritorno a politiche ridistributive. La manovra finanziaria che il governo socialista si appresta a varare prevede effettivamente tagli della spesa pubblica (incidendo persino su totem intoccabili quali cultura e agricoltura), ma il costo della macchina statale resta fra i più alti al mondo (56 per cento del Pil; 1120 miliardi nel 2011), appesantito dalla voragine della spesa sanitaria e assistenziale e da ambiti irriformabili e intoccabili. Un costo coperto con un aumento della già altissima pressione fiscale (46,5 per cento), che graverà sui ceti medi e abbienti e sulle imprese e accentuerà la spirale recessiva.

Può essere che la scommessa riesca (secondo Hollande, gli effetti del suo «risanamento» si vedranno nel 2014) così come è riuscito al presidente francese di convincere i partner europei e soprattutto la Germania che il rigore non può escludere crescita e solidarietà, ma i dati dell'economia e la diagnosi della malattia sembrano dare ragione alle poche inascoltate Cassandre.

La disoccupazione ha superato la soglia dei tre milioni, senza contare l'area del precariato e di giovani in cerca di primo impiego. Le imprese perdono competitività, la bilancia commerciale è in rosso, si aggrava la crisi di settori vitali come l'automobile, si moltiplicano chiusure d'aziende e tagli occupazionali, ma il costo del lavoro resta altissimo e il modello 35 ore non viene messo in discussione. In media, un salariato francese lavora 224 ore in meno di un tedesco e 124 in meno di un italiano. Il differenziale di competitività con la Germania è un rischio non solo per la Francia, ma per tutta la zona euro. I dipendenti pubblici per abitante sono quasi il doppio che in Germania e godono di privilegi e trattamenti pensionistici solo parzialmente ridotti dalle riforme di Sarkozy. La spesa degli enti locali (non immuni da scandali e sprechi) è aumentata negli ultimi anni, nonostante un trasferimento di competenze ancora limitato da parte di uno Stato che resta centralista.

Come se non bastasse il quadro a tinte fosche, l'obiettivo di riportare il deficit al 3 per cento del Pil si scontra con previsioni illusorie sulla crescita (riviste al ribasso anche da esponenti socialisti) e con il proposito annunciato da alleati verdi e correnti della sinistra di non approvare il fiscal compact europeo.

Alla fine, magari con il sostegno della destra, la «regola d'oro» verrà approvata lo stesso, ma le tensioni nella maggioranza rimettono in circolo l'atteggiamento molto francese che la spesa pubblica sia una variabile indipendente dell' égalité , del benessere collettivo e in definitiva della felicità. Nell'opinione pubblica crescono euroscetticismo e ostilità verso misure di risanamento percepite come un'imposizione di Bruxelles. I sondaggi indicano un drammatico calo di consenso per François Hollande, proprio in coincidenza con le prime misure di riduzione della spesa e aumento delle tasse.

Pierre Moscovici, ministro dell'Economia e delle Finanze, ha detto: «Se non riusciremo a contenere il deficit al 3 per cento, i mercati diranno che la Francia non è seria e non è credibile». «Le misure d'austerità hanno impoverito la Grecia e la Spagna senza rilanciare l'economia. E noi non vogliamo fare la stessa fine», scrive uno dei deputati socialisti che non voterà la regola d'oro

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