domenica 23 settembre 2012

SIGNORI O RIPRENDIAMO A MORIRE PIù GIOVANI O BASTA CON GLI OSPEDALI GRATUITI PER TUTTI



ALESINA E GIAVAZZI, i professori bococniani editorialisti sul Corsera, hanno il pregio di scrivere con acutezza e sufficiente chiarezza, pur trattando di temi economici. Hanno il difetto di farlo in modo "freddo", non empatico. Più bravi in questo, secondo me, Bisin e Zingales (appena acquistato l'ultimo libro di quest'ultimo "MANIFESTO CAPITALISTA", vi farò sapere...) . E poi dicono cose scomode. Inaccettabile addirittura per quelli che Romney ha definito i "parassiti della società" che non sono gli evasori di Befera ma quelli che lavorano 10 e vogliono 100 (SE lavorano ). Il modo a ciò predisposto è il welfare a PIOGGIA, che cade su tutti, a prescindere dal reddito. Un sistema del genere non ha tutelato solo i deboli, com'era ed è giusto che sia, ma anche i ceti medi e a salire. Con costi crescenti e via via spropositati.
Il giochetto è iniziato con gli anni 70 (quindi non l'ha inventato Berlusconi, che semmai va accusato di non averlo smontato, come aveva invece promesso ) ed è sempre e solo cresciuto con effetti devastanti sia sui conti pubblici che sulla cultura del paese dove rivolgersi al governo per TUTTO è diventata l'unica risorsa per troppi. L'altro giorno Ballarò ha mandato in onda un servizio dalla Sicilia agghiacciante. C'erano dei manifestanti sotto palazzo dello Aquile, a Palermo, che reclamavano i soldi necessari a mandare avanti non so quali contratti a tempo per lavori evidentemente improduttivi ma "sociali" (le famose buche da scavare la mattina e riempire la sera, per intenderci ).  "Roma ci deve mandare i piccioli" gridavano. "E' una vergogna" (quale ? la loro sicuramente ). Alla fine da un balcone del palazzo uscivano un paio di persone agitando dei fogli ,  lo sblocco da parte del governo delle somme pretese. Dalla piazza partiva l'applauso : per tre mesi si mangia. E poi ? E poi si torna sotto al balcone ovvio !
Un'altra donna, devo dire anche dignitosa, spiegava con amarezza che lei aveva lavorato per la giunta Cuffaro, sempre con contratti a tempo Poi era arrivato Lombardo e i contratti non erano stati rinnovati per fare posto agli impiegati "Lombardiani"...."In Sicilia" spiegava la donna "gli unici soldi sono quelli pubblici".
Io conosco dei colleghi bravissimi e serissimi che lavorano in Sicilia, che sono certo  potranno raccontarmi anche altre realtà, non così tristi e fallimentari. Però che questo morbo ci sia, in tutta Italia ma peggiore nella parte meridionale del paese, questo purtroppo temo sia  vero.
Nell'articolo che segue, Alesina e Giavazzi spiegano come lo stato sociale non sia più sostenibile anche solo per meri motivi anagrafici : una popolazione che cresce e che invecchia. La conseguenza sono accresciuti costi previdenziali ( è diventata più lunga la vita dei pensionati) e sanitari ( la gente muore più tardi, ma si ammala lo stesso, e, ovviamente, col passare dell'età, i costi geriatrici aumentano).
Quindi a parte tutte le altre cose per cui come rondinini stiamo sempre con la boccuccia spalancata ad aspettare che lo Stato rondinone ci nutra, solo questi due fattori hanno assunto dimensioni che senza una crescita adeguata , da un lato, ma anche riforme cruciali (nella previdenza è stato fatto, e la si contesta da sinistra, nel campo sanitario ancora no ) , non sono minimamente sostenibili.
La ricetta che i due propongono, da tempo, è una riduzione dei costi pubblici , coperti da un aumento di quelli privati in relazione al reddito. In poche parole, gli ospedali devono restare gratuiti per i poveri e per le fasce economicamente , veramente deboli. Dal ceto medio in su, bisogna mettere la mano al portafogli, in misura proporzionata. Ovviamente il prelievo fiscale dovrebbe essere adeguatamente ridotto.
Bene, già i commenti sul Corriere sono stati alquanto acidi, posso immaginare cosa avrebbero potuto scrivere i lettori di altre testate.
Ah, i due accennano anche al problema di come questo sistema di welfare premi assolutamente gli evasori, gente che non paga i servizi pubblici e ne fruisce. Nel suo piccolo, anche il Camerlengo aveva contestato questa situazione. Si potrebbe obiettare che però, mantenendo l'astrattamente giusto criterio del reddito per stabilire chi ha diritto alla sanità gratuita e chi no, l'evasore sarebbe sempre avvantaggiato, essendo la sua inveritiera dichiarazione bassa. Forse si potrebbe risolvere stabilendo che le famose verifiche befariane scatterebbero ogni qualvolta un cittadino chiede di accedere a servizi gratuiti e/o agevolati. Quindi non il redditometro sui consumi, che ha effetti deprimenti, ma un controllo su chi rivendica uno status di "bisognoso". Ti fai una polizza sanitaria per conto tuo? spendi 5.000 euro l'anno ? Buon per te ma anche per la sanità pubblica ! Chiedi invece l'assistenza sanitaria pubblica ? Bene, controlliamo se ne hai diritto, visto che la stessa è privilegio e diritto solo dei deboli.
Folle vero ?
Buona Lettura

LA DEMOGRAFIA E LA CRESCITA
C'era una volta lo Stato sociale



In quarant'anni, dall'inizio degli anni Settanta ad oggi, l'aspettativa di vita alla nascita si è fortunatamente allungata, in Italia, di dieci anni: da 69 a 79 per gli uomini, da 75 a 85 per le donne. L'allungamento della vita si è anche riflesso in un aumento dell'aspettativa di vita a 65-67 anni, cioè al limite dell'età pensionabile: nel 1970 un sessantacinquenne maschio viveva in media altri 13 anni, oggi la media è diciotto; per le donne è salita da 16 a 22 anni. Ci sono voluti decenni prima che ci accorgessimo che occorreva adeguare l'età di pensionamento all'allungarsi della vita media: nel frattempo la spesa per pensioni è cresciuta dall'8 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) nel 1970 a quasi il 17 per cento oggi.

L'allungamento della vita ha anche prodotto un aumento delle spese per la salute. Un anziano oltre i 75 anni costa al sistema sanitario ordini di grandezza superiori rispetto a persone di mezza età. Risultato, la nostra spesa sanitaria oggi sfiora il 10 per cento del Pil. Insieme, sanità e pensioni costano il 27 per cento, 10 punti più di quanto costavano quando il nostro Stato sociale italiano fu concepito.

A questo aumento straordinario non abbiamo fatto fronte riducendo altre spese (ad esempio quella per dipendenti pubblici, che era il 10 per cento del Pil 30 anni fa ed è rimasta il 10 oggi), bensì solo con un aumento della pressione fiscale: dal 33 per cento quarant'anni fa al 48 oggi.

È questo uno dei motivi per cui abbiamo smesso di crescere. Avevamo uno Stato calibrato per una popolazione relativamente giovane; poi la vita si è allungata, le spese sono salite, ma lo Stato è rimasto sostanzialmente lo stesso, richiedendo una pressione fiscale di 15 punti più elevata.

Il problema dell'invecchiamento della popolazione non è solo italiano. Anche negli Stati Uniti, ad esempio, il Medicare (l'assistenza sanitaria gratuita per tutti gli anziani, che sta facendo esplodere il deficit americano) è uno dei temi al centro della campagna elettorale. Ma in Italia, con una popolazione che invecchia a tassi più elevati rispetto ad ogni altro Paese occidentale (il tasso di fertilità è inferiore al nostro solo in alcuni Stati del Centro-Est Europa) il tema è di particolare attualità. In più la partecipazione alla forza lavoro in Italia è relativamente bassa in tutte le categorie tranne gli uomini adulti. Donne, giovani e anziani lavorano meno in Italia che in altri Paesi occidentali, quindi relativamente pochi «lavoratori» devono farsi carico di tutti quelli che non lavorano.

Le riforme delle pensioni, ultima quella Fornero (in particolare l'indicizzazione dell'età pensionistica alla vita media), hanno fermato la crescita della spesa. In questi mesi la spending review del governo Monti si è occupata di come risparmiare qualche miliardo di euro, ma purtroppo tutto ciò non basta.

Dobbiamo ripensare più profondamente alla struttura del nostro Stato sociale. Per esempio, non è possibile fornire servizi sanitari gratuiti a tutti senza distinzione di reddito. Che senso ha tassare metà del reddito delle fasce più alte per poi restituire loro servizi gratuiti? Meglio che li paghino e contemporaneamente che le loro aliquote vengano ridotte. Aliquote alte scoraggiano il lavoro e l'investimento. Invece, se anziché essere tassato con un'aliquota del 50% dovessi pagare un premio assicurativo a una compagnia privata, lavorerei di più per non rischiare di mancare le rate.

Lo stesso vale per altri servizi offerti dallo Stato. Uno studente universitario costa circa 4.500 euro l'anno. Le famiglie ne pagano solo una parte; il resto lo paga il contribuente. Perché non dare borse di studio ai meritevoli meno abbienti e far pagare chi se lo può permettere il vero costo degli studi? Così facendo si aumenterebbe anche la domanda di qualità da parte degli studenti e delle loro famiglie. E si sarebbe meno disposti ad accettare professori che non fanno il loro dovere. Un passo nella direzione giusta è stato fatto alzando le tasse universitarie dei fuori corso, ma anche qui non basta.

Insomma, il nostro Stato sociale si è trasformato in una macchina che tassa le classi medio-alte e fornisce servizi non solo ai meno abbienti (com'è giusto che sia) ma anche alle stesse classi a reddito medio-alto. Questo giro di conto, con aliquote alte, scoraggia il lavoro e la produzione. Non solo, ma gli evasori ne traggono vantaggio; infatti beneficiano dei servizi pubblici gratuiti o quasi senza pagare le imposte.

Così come la campagna elettorale americana si sta focalizzando proprio sul ruolo dello Stato, così anche i nostri politici dovrebbero spiegarci che cosa pensano del futuro del nostro welfare . Per esempio se ritengono che quello che ci ritroviamo sia compatibile con la crescita. 

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