lunedì 29 ottobre 2012

BERLUSCONI : UN UOMO SOLO E NON PIù AL COMANDO



Quando acquistavo Repubblica (fatto per 30 anni, poi l'ossessione berlusconiana del giornale non l'ho retta più ) , Ilvo Diamanti era uno dei miei opinionisti preferiti. Mi piace il suo modo di scrivere, l'analisi lucida, ragionata e pacata. E questo anche se non sempre condivido quello che scrive. Nell'articolo di oggi molte cose che osserva le trovo giuste e in fondo contesto solo due cose, ancorché non irrilevanti.
1) le "urla" di Berlusconi vanno valutate anche nel merito, e molte delle cose che lui ha contestato rappresentano problemi VERI, per l'Italia e l'Europa, e questo a detta di tantissimi osservatori non berlusconiani :
a) il problema dell'euro, com'è nato (cambio) , come non sia sostenuto da una sufficiente unione politica
b) il problema dell'Europa, con un deficit di democrazia, una sospetta egemonia tedesca, una limitazione di sovranità NON condivisa
c) l'eccesso di pressione fiscale e i suoi effetti recessivi
d) l'indispensabilità di un riforma istituzionale e costituzionale che rafforzi il potere esecutivo (in Italia, notoriamente, un sindaco ha più autonomia e potere del P. del Consiglio )
e) l'indispensabilità della riforma della giustizia, con una magistratura che palesemente (caso Quirinale -Palermo ), a prescindere dai 33 processi 33 a Berlusconi, si mostra politicizzata e fuori asse rispetto all'equilibrio dei tre poteri dello Stato
Diamanti dice una cosa giusta quando scrive che Berlusconi porta la responsabilità delle riforme mancate, ma ne dice una non vera quando lo presenta come il colpevole unico o principale.  Altri osservatori, bravi tanto quanto lui, come Giacalone, Panebianco , Galli della Loggia, da anni denunciano che il vulnus della seconda repubblica è stata di nascere maggioritaria conservando la struttura costituzionale precedente, fondata sul parlamentarismo. Di qui le maggioranze solo numericamente tali e l'effettiva, concreta inefficienza dei governi succedutisi in questi 20 anni ( ricordo sempre che di 18 anni di Berlusconismo, il centro sinistra ha governato l'esatta metà, forse qualche mese in più che in meno...).
2) Sgradevole, non da Diamanti, il riferimento al dato dell'invecchiamento berlusconiano, sottolineando quello fisico. Nemmeno Renzi il rottamatore per eccellenza ha mai fatto scivoloni del genere.  Un dato obiettivo a cui viene però data valenza politica...Certo, Berlusconi non può essere il nuovo (invece possono esserlo Fini, Casini e anche  Bersani che in Parlamento c'erano PRIMA di lui ? ), però quello che dice vale o non vale non sulla base anagrafica. Napolitano ha quasi 90 anni, è in politica dal ginnasio eppure sembra il VATE quando parla (non per me, ma per molti sì ).
A parte questo, che Berlusconi sia ormai un uomo politicamente solo, che la sua stagione sia tramontata e che lui caratterialmente stenti a digerire tutto ciò, su questo concordo pienamente.

 UN UOMO RIMASTO SOLO 


È DIFFICILE uscire di scena. Quando per quasi vent’anni si è stati al centro – non dello spazio politico – ma di ogni dibattito, valutazione, polemica. È difficile.
Quando si è, ancora, alla guida del più grande gruppo televisivo privato. Quando si è abituati a misurare il proprio potere – non solo economico e finanziario – in base al controllo personale dei media. Visto che il sistema politico e il modello di partito imposti da Berlusconi ruotano intorno alla sua persona e alla comunicazione. È difficile farsi da parte. Perché si rischia la devoluzione rapida e devastante della propria posizione politica ed economica “personale”. Ma, soprattutto, si rischia l’isolamento. La solitudine. Sta qui l’origine degli interventi di Silvio Berlusconi, negli ultimi giorni. “Estremisti”, nei toni. L’Uomo-Solo-al-Comando, all’improvviso, si sente solamente Solo. E ha paura del silenzio intorno sé. Reagisce con estrema violenza – verbale. Così grida. E usa, non a caso, linguaggio e stile di comunicazione sperimentati, con successo, da Beppe Grillo. Il quale, a sua volta, ha intercettato una parte degli elettori di Berlusconi, orfani di rappresentanza e di rappresentazione. Il Cavaliere: un uomo solo. Il giorno dopo aver annunciato la rinuncia a candidarsi come premier, a capo del centrodestra, la condanna del Tribunale di Milano, l’ha fatto sentire vulnerabile. Gli ha fatto percepire la debolezza di chi non ha più il potere. Perché è e sarà fuori dalla scena politica. Comunque, non più al centro. E dunque esposto ai nemici di sempre: i magistrati. Il suo stesso “conflitto di interessi” da fattore di forza minaccia di ritorcersi contro di lui. Visto che la sua debolezza politica rischia di indebolire la posizione di Mediaset. Sul mercato dell’informazione e, in generale, sui “mercati finanziari”. Ma, soprattutto, Berlusconi non si è sentito sostenuto, ma, anzi, quasi abbandonato, dai leader del Pdl. O di quel che ne resta. Poche voci a suo favore, da centrodestra. Nessuna dal Centro. Neppure un sussurro dagli uomini del governo. Che egli aveva “accettato” e poi sostenuto. Al punto di candidare Monti a leader della “sua” parte. Berlusconi. Si è sentito solo e vulnerabile. Come quel 23 ottobre 2011, a Bruxelles, quando la Merkel e Sarkozy, interpellati sulla credibilità dell’allora premier italiano, si guardarono e sorrisero, suscitando l’ilarità di tutta la sala stampa. Berlusconi. La sua esperienza di governo si chiuse in quel momento. Sepolta dal ridicolo. Dall’in-credulità europea. Intollerabile per chi era abituato a recitare la parte dell’Uomo Solo al comando. Così, quando, nei giorni scorsi, ha percepito il proprio isolamento, nella Casa e nel Popolo che egli stesso aveva creato: in quello stesso momento ha reagito. Ha inveito. Con rabbia e risentimento. Non contro i “nemici” di sempre – magistrati e comunisti. Ma contro gli “amici” che lo lasciavano solo. E stavano negoziando, alle sue spalle, con i democristiani di Casini e con il salotto buono degli imprenditori, rappresentato da Montezemolo. Silvio Berlusconi ha minacciato di far saltare il tavolo. Non solo del governo tecnico, ma, anzitutto, del centrodestra. Del Pdl. Degli amici fidati che stavano preparando la sua successione. Senza di lui. Non solo. Ma “contro” di lui. Il Padrone – di ieri. Oggi: un Signore imbarazzante. Un’eredità sgradevole, perché è difficile assumere la guida di una forza politica all’ombra, ingombrante, del Fondatore – e unico leader, fino a ieri – del Partito Personale.
Per questo, più che un “ritorno in campo”, l’iniziativa di Berlusconi, in effetti, appare una minaccia di invasione. Espressa in modo perentorio. Un modo per dire, anzi, gridare, che lui, il Cavaliere, non se n’è mai andato. Che il muro di Arcore esiste ancora. Berlusconi. Ha rivendicato la propria capacità di esercitare il potere media-politico. Da solo contro tutti. Perché tutti l’hanno lasciato solo. A costo di ricostruire un nuovo “partito personale”. Una lista di “uomini nuovi”, da opporre ai “vecchi politici” presenti negli altri partiti. Compreso quello che egli, almeno fino a ieri, guidava.
Tuttavia, il tono e i contenuti dell’intervento di Berlusconi – la sua stessa presenza fisica – confermano l’impressione di una storia conclusa. Difficile raccogliere la denuncia della politica e delle politiche dell’ultima stagione espressa da chi ne è stato non “un”, ma “il” protagonista. Difficile immaginare che vi sia spazio per un altro soggetto anti-montista e anti-europeo, in Italia. Oltre a quelli che già agiscono sul mercato politico. Dalla Sinistra alla Lega al M5S. Difficile anche concepire che la maschera esibita dal Cavaliere nella conferenza stampa – artefatta, affaticata: sempre più vecchia – possa “rappresentare” un “nuovo” soggetto politico, composto di persone giovani – e nuove. Nella parabola di Berlusconi, “i due corpi del leader” (per echeggiare la metafora di Mauro Calise) sono indissolubili. Il declino “fisico” si riflette in quello del “corpo politico”.
Le invettive di Berlusconi risuonano, così, come “grida nel vuoto”. Che, per questo, echeggiano più forti. Perché, davvero, intorno a lui, c’è il “vuoto”. Il centrodestra e il Pdl, che egli ha creato a propria immagine e somiglianza, oggi appaiono in seria difficoltà nel tentativo di ricrearsi. Di costruire una nuova immagine e una nuova identità. Non sarà facile, per chi è vissuto e cresciuto alla sua ombra. Ma l’esternazione di Berlusconi rende evidente anche il “vuoto” prodotto dal crollo del Muro di Arcore, costruito sulle macerie del Muro di Berlino. Oggi quel muro non c’è più e Berlusconi resta sulla scena politica non per guidarla. Né per organizzarla. Al più, per condizionarne le scelte e gli indirizzi. Ma, soprattutto, per difendersi. E per farsi intendere deve gridare forte. In prima persona. Visto che sono in tanti a gridare, in questo cambio d’epoca. La Seconda Repubblica è finita. Ora occorre costruirne una nuova. Senza muri e senza nemici. E, tanto per iniziare, senza inseguire Berlusconi.

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