Grazie a Piero Ostellino, ostinato liberale ed direttore del Corriere della Sera, anche lui , come Scalfari, preso dalla passione per la filosofia nella fase "saggia" della vita (dovrebbe esserlo ) , mi sono imbattuto in uno scritto di Aldo Canovari, che normalmente scrive su Il Foglio.
Anche Aldo Canovari è un liberale, anzi un Libertario, quindi un fiero oppositore dello Stato, nella dimensione sovraordinata che ben conosciamo, e fautore della libertà individuale contro il totalitarismo collettivista, passato per "Bene Comune".
Canovari , nell'articolo che di seguito posto, trova dei punti di contatto tra gli scandali che investono senza posa personaggi pubblici, con evidente rappresentazione di cosa possa servire destinare loro tante risorse, e gli annunci retorici che Monti non ci risparmia, e tra questi, come tante colpe sul livello delle tasse abbiano gli evasori e comunque sull'utilità e indispensabilità delle stesse, pur ammettendo che ora sono un po' troppo alte. Non arriva al paradosso Schioppano della "Tasse Bellissime", però si avvicina.
Io resto del parere che il tizio che su FB , all'indomani dello scandalo laziale, scrisse " Se tutti pagassero più tasse, Fiorito avrebbe avuto più soldi", sia un GENIO !
Buona Lettura ( ci vorrà pazienza, l'articolo è un po' lungo. Ma vale la pena ! ).
Anche se apparentemente incongrui, non abbiamo potuto fare a
meno di collegare due fatti di cronaca, di brutta cronaca. Da un lato: a) i
recenti scandali relativi agli sperperi di denaro pubblico che vedono come
protagonisti organi apicali dello stato – enti territoriali (regioni, province,
comuni), società partecipate… –, in altre parole l’intero universo governato
dalla provvida mano pubblica, e dall’altro: b) i recenti, ennesimi ossessivi,
pronunciamenti del presidente del Consiglio, Mario Monti, contro l’evasione
tributaria, “che mina alle fondamenta il patto tra stato e cittadino, senza il
quale è inadatto alla crescita”, la mala pianta “che sbriciola il rapporto di
fiducia tra diversi cittadini e manda a pallino la concorrenza”. Proveremo a
chiarire il nesso che lega strettamente i due episodi, e su cui ogni onesto
cittadino dovrebbe riflettere.
Pur se è probabile che quegli incredibili sperperi non
rappresentino il comportamento della totalità dei nostri governanti, essi
materializzano, proprio grazie alla loro dimensione teratologica (studio delle malformazioni congenite ndC) , quella che è
nei fatti la funzione stabile, non contingente, endemica, direi inguaribile del
nostro apparato pubblico: emungere ricchezza dalla massa dei cittadini, in
primo luogo per beneficare chi è incardinato in esso, e produrre beni e servizi
a un costo immensamente superiore a quello necessario. Se è vero che da ogni
male può nascere un bene, tali episodi – che però non hanno nulla di episodico,
ma marcano una realtà strutturale – possono servire a ogni “cittadino comune”
per veder chiaro quale sia l’effettiva destinazione del denaro che ogni governo
pretende da lui come dovere giuridico e morale. O per dirla diversamente:
quanto siano ipocrite le giustificazioni dei nostri governanti quando con il
pretesto di risanare i conti pubblici impongono tasse su tasse ai cittadini
comuni, e conseguentemente quanto il minaccioso sermone di Mario Monti contro
gli evasori, pur giustissimo in via astratta, sia profondamente immorale, in
quanto viziato alla radice per almeno quattro ragioni.
1. Monti trascura il dato essenziale della mostruosità, in
Italia, del carico fiscale – relativo e assoluto – sui contribuenti (total tax
rate);
2. Monti non tiene conto della incomparabilità tra il nostro
indice grezzo di total tax rate e quello di altre nazioni civili. Per rendere
significativo il confronto infatti andrebbero applicati dei correttori in
relazione alla diversità nelle “controprestazioni” rese dalle altre nazioni ai
cittadini e quelle di casa nostra. E lo stesso vale per i raffronti della
diversa propensione a evadere tra noi e gli altri paesi. Questo servirebbe tra
l’altro a sfatare il trito luogo comune secondo il quale in Italia l’evasione
sarebbe un ineluttabile dato antropologico e non l’effetto naturale delle
politiche spoliatrici dei governanti. Cose che un presidente del Consiglio
economista non può ignorare;
3. Monti persevera nella deplorevole frode linguistica dei
suoi predecessori con il confondere (semplice ignoranza?) “redditi accertati”
con “redditi evasi”, quando ormai è noto lippis et tonsoribus che i redditi
evasi sono in realtà meno del 40 per cento di quelli “accertati”, cioè di
quelli illegittimamente e infondatamente “pretesi” dal fisco;
4. Monti assume nel suo ragionamento una unica
indifferenziata categoria scolastica, quella dei “cittadini”, che se è
ineccepibile sul piano politico-costituzionale, non lo è di certo, anzi è
gravemente sviante, su quello della realtà economica, sociale ed etica. E mi
spiego.
Proprio alla luce di quel che rendono evidente gli scandali
di cui sopra, sarebbe doveroso per chi è a capo del paese scoperchiare
ipocrisie ormai intellettualmente e moralmente indecenti. Il che significa:
– Riporre una buona volta in soffitta la favola secondo cui
esisterebbe un unico gruppo socio-economico identificabile sotto il nome di
“cittadini”. E prendere atto che esistono almeno due classi caratterizzate da
condizioni, interessi, modi di vita diversi e confliggenti;
– Smetterla di propinare agli italiani il menzognero
insegnamento secondo cui “Lo stato siamo noi stessi”;
– Porre fine alla truffa politico-linguistica, in base alla
quale si fa credere che essendo lo stato la sommatoria dei cittadini, il denaro
che ciascuno dà allo stato è denaro che va ai cittadini generalmente e
genericamente intesi;
– Prendere atto, di conseguenza, che lo stato e i cittadini
comuni sono due realtà concettualmente e dimensionalmente diverse, distinte, e
addirittura contrapposte. Da un lato lo stato: costituito da quel ristretto
numero di iper-privilegiati (circa 1.000 parlamentari, 1.113 consiglieri
regionali, le altre molte centinaia di consiglieri provinciali, le decine di
migliaia di consiglieri di enti statali, parastatali, società partecipate
pubbliche e semipubbliche, alte burocrazie civili e militari, magistrati
civili, amministrativi, penali, organi istituzionali con i loro pletorici
innumerevoli apparati appendicolari, le relative clientele dirette e
indirette…), in tutto, a seconda degli scaglioni di privilegio assunti come
criterio di stima, circa 250.000-500.000 soggetti. A questo Olimpo da ancien
régime, a questa nuova Versailles decentrata in dependance regionali,
provinciali, eccetera, dei cui insultanti privilegi e sperperi sono piene le
pagine dei giornali, va poi aggiunta una seconda categoria di cittadini,
rappresentata da tutti gli altri “privilegiati di seconda classe”, forse
qualche milione: dipendenti pubblici e parapubblici in sovrannumero, con posto
e stipendi garantiti, retribuiti ma improduttivi, magari non per propria colpa,
ma che comunque a tutti gli effetti possono considerarsi, stanti le
caratteristiche del posto fisso e garantito e della scarsa o nulla
produttività, non già tax payer, ma tax consumer.
E infine, dall’altro lato, il nuovo Terzo stato, la grande
massa dei cittadini-contribuenti, privi di posto, retribuzione e reddito
garantiti: tutti i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti non pubblici.
Ecco allora che ogni richiamo astratto alla coscienza tributaria dei cittadini
non meglio specificati, in un contesto sociale in cui emergono episodi che in
modo eclatante attestano l’esistenza di categorie di cittadini diverse, contrapposte
e inconciliabili, ogni richiamo di questo tipo, tanto più se proveniente da un
presidente del Consiglio che è esemplare rappresentante della oligarchia
iper-privilegiata non può che risultare oltreché grottesco, anche immorale ed
offensivo.
E’ quindi indispensabile:
– Far capire che il denaro estorto a quei tanti milioni di
cittadini che appartengono al Terzo stato non è una partita di giro, non
ritorna a loro, ma andrà nelle tasche dei membri di quei più ristretti gruppi
parassitari. Una forma di redistribuzione regressiva profondamente ingiusta e
anche micidiale sul piano etico ed economico in quanto, operando un
trasferimento di ricchezza da chi produce, a favore di chi non produce,
disincentiva i capaci e i volenterosi a intraprendere. Impoverisce sempre di
più il paese;
– Far capire che quanto più si estendono le funzioni dello
stato, tanto più ampia sarà la classe dei parassiti. Per cominciare, quindi, sarebbe onesto porre
fine a quelle odiose campagne mediatiche che bollano come parassiti sociali non
già, in primo luogo, i privilegiati dello stato, ma invece proprio quei comuni
cittadini che dai veri parassiti sono costretti a difendersi, attraverso la pur
condannabile pratica dell’evasione. E se proprio il presidente volesse spendere
il nostro denaro in costose campagne di “civiltà e progresso”, queste
dovrebbero indirizzarsi proprio contro quei membri delle innumerabili
arciconfraternite statali, di cui egli, come presidente e senatore a vita, è
autorevolissimo esponente;
– Infine, è assolutamente necessario prendere atto
dell’ormai definitivo svuotamento di senso, nel sistema democratico italiano,
del venerabile principio “No taxation without representation”. Nel nostro
paese, infatti, il legislativo, al quale compete il potere di imporre tasse
come quello di spendere, è costituito da parlamentari che solo formalmente
rappresentano gli interessi di noi elettori ma che di fatto curano quelli
propri e della classe iper-privilegiata a cui appartengono, e il potere
esecutivo, indistinguibile dal legislativo, non ne è che il braccio armato . Da
questa coincidenza e identità di poteri il cittadino comune, il Terzo stato, su
cui si riversa il carico della tassazione, è escluso.
Ne è prova il penoso copione recitato nel corso del corrente
anno dal presidente Monti e colleghi (e incidentalmente va notato che tutti
costoro appartengono alla classe degli iper-privilegiati). A fronte di una
situazione economico-finanziaria drammatica, resa ancor più drammatica dalle
politiche di insostenibile rapina fiscale degli ultimi governi, in ben dieci
mesi non si è saputo fare altro – mentre si predicano e si procrastinano tagli
alla spesa pubblica – che praticare esasperati aumenti della tassazione (tra le
più elevate al mondo!) su quella massa di cittadini comuni, già spremuti fuori
misura, per incrementare le risorse a disposizione della oligarchia di cui
sopra.
Si è accresciuto il potere estorsivo in mano agli organi del
Fisco mediante ulteriore rafforzamento dell’armamentario presuntivo-indiziario
tipico dei regimi polizieschi. Nel campo della riforma del lavoro, ricorrendo
anche alla manipolazione linguistica (soppressione della vox media “mobilità”,
sostituita con quella spregiativa “precarietà”), si è cercato di demolire,
mediante nuovi assurdi lacci e laccioli, forme di lavoro autonomo che negli
ultimi anni avevano consentito a un gran numero di giovani di trovare fonti di
reddito altrimenti irreperibili sul mercato, e a tantissime micro-piccole-medie
aziende di continuare ad operare in una fase di fortissima criticità.
Provvedimenti, questi, che hanno scoraggiato ogni spirito
d’intrapresa. Provvedimenti che stanno provocando cadute verticali nella
occupazione e affossando la nostra economia. Una isterica guerra teologica
contro le partite Iva, il lavoro autonomo, lo spirito d’iniziativa individuale,
il coraggio professionale e d’impresa. Tutte le qualità che fanno prospero un
paese e più liberi i suoi cittadini. Altro che “Decreti salva-Italia”! Si
dovrebbe parlare più propriamente di “Decreti affossa-Italia”!
Ecco dunque quali sono i nessi tra gli episodi di
sperpero-distrazione di denaro pubblico e le grossolane (per un addetto ai
lavori) requisitorie, le roventi crociate, in realtà astute manovre diversive
del nostro presidente Mario Monti. Ecco perché il civico richiamo del
presidente professore, analizzato a fondo, è concettualmente errato, eticamente
ingannevole e per certi versi grottesco se, come di fatto accade, è diretto al
Nuovo Terzo stato. Esso richiama il dilemma noto alle strade deserte “O la borsa
o la vita”, con l’aggravante che nel nostro caso l’estorsore, se rifiutiamo,
oltre ad attuare la mortale minaccia, pretende anche di infliggerci una
condanna morale.
Ci vuole davvero il Suo coraggio, illustre presidente Monti
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