Questa estate mi è capitato di parlare con un uomo di cultura, naturalmente di sinistra, impegnato nel teatro come regista e anche produttore. In questa qualità segue da anni il TEATRO DUE ROMA a via Tomacelli.
A cena, si affrontava il discorso dei tagli che falcidiano tutto, senza minimamente guardare alla qualità. I famigerati "tagli lineari". E' un problema antico che si ripropone ogni volta che si cerca di razionalizzare la spesa, ottimizzare le risorse cercando di indirizzare incentivi laddove veramente si ritenga che vi sia qualcosa di culturalmente valido. Ovviamente si entra nel campo della discrezionalità, ma accade nei concorsi ( i vari premi, tanto discussi eppure sempre ambiti ), e anche i numeri del botteghino, fondamentali, non determinano ciò che è cultura e quello che non lo è, ma il gradimento del pubblico.
Baricco a suo tempo lanciò una provocazione esortando il Teatro in particolare, ma il mondo dell'Arte e della Cultura in genere a prendere il mare aperto, accettare la sfida antica della "strada", intesa appunto come PUBBLICO, e ad affidarsi al giudizio di quest'ultimo per stabilire chi deve sopravvivere e chi no.
Potete immaginare.....
Comunque, siccome i soldi sono drasticamente diminuiti, anche quelli che auspicano il ritorno di crescenti risorse statali per fare cultura (che il popolo ignorante evidentemente non segue sufficientemente ) s'ingegnano per fare cose valide, non astruse, artistiche solo per LORO e qualche parente e/o amico stretto. però a quel punto cosa accade ? che quelli preposti a valutare ciò che va sponsorizzato e cosa no, si muovono secondo le solite ottiche clientelari (politiche e/o amicali).
Insomma, il MERITO, la QUALITA', non vincono mai.
Resterebbe la strada del solo MERCATO. Cioè una bestemmia, per quel mondo.
Coraggiosa e da non perdere la nota scritta sul tema dal bravo Pierluigi Battista che propongo
Buona Lettura
La cultura senza idee vive di assistenzialismo
Dicono che durante la prossima edizione della Festa del
cinema di Roma saranno inscenate sacrosante proteste da chi è ancora in attesa
dei pagamenti della Regione Lazio per l'edizione precedente. Ecco, appunto: che
c'entra la Regione Lazio con il cinema? Che c'entra l'assistenzialismo degli
enti locali, la politica che allunga i suoi tentacoli, le clientele che si
addensano fameliche attorno alle sovvenzioni pubbliche gestite dai partiti con
l'arte, il cinema, la letteratura, il teatro, la musica?
Niente: la Regione Lazio, come qualunque altra Regione,
Provincia, Comune non deve perder tempo a piazzare i propri lottizzati al
vertice delle istituzioni culturali. Sembra che la Polverini e Alemanno sia
siano molto spesi per la nuova nomenclatura, Marco Müller in testa, che dovrà
gestire il festival cinematografico di Roma. Hanno fatto male: anziché
lottizzare ed erogare fondi pubblici, la Polverini avrebbe fatto bene a
controllare il consumo di ostriche incrementato con l'aumento dei fondi dei
gruppi consiliari e Alemanno a controllare lo stato terribile dei lavori
pubblici nella capitale. E questo vale ovviamente per tutti gli enti locali, di
destra e di sinistra, che usano il pretesto della cultura e dell'arte per
finanziare una politica di consenso attraverso il nuovo mecenatismo, forma
dilapidatrice e arbitraria di assistenzialismo.
Purtroppo i principali alleati dei politici che versano
fiumi di denaro per soddisfare clientele e consenso attraverso la «promozione
culturale» sono quei registi, quegli artisti, quei musicisti che
dell'assistenzialismo sono gli ideologi e i cantori, che fanno smorfie di
riprovazione quando sentono parlare di mercato e di botteghini vuoti e chiedono
allo Stato soldi, finanziamenti, sovvenzioni, erogazioni a getto continuo di
denaro pubblico. Dicono che la cultura «muore» non per la spaventosa mancanza
di idee che la sta asfissiando, ma perché lo Stato, in tutte le sue
articolazioni, è meno munifico di una volta, perché la prodigalità sprecona di
un tempo deve misurarsi con i tagli alla spesa pubblica.
E invece no: gli enti locali stiano alla larga dalla
cultura, al massimo mettano a disposizione mezzi di trasporto più efficienti
per i giorni in cui le città sono al centro di una manifestazione culturale o
paghino gli straordinari ai lavoratori che tengono i musei aperti anche la
sera. Ma ogni euro speso dalla politica per la cultura è un euro che incoraggia
l'asservimento della cultura alla politica, che perpetua una politica di mance
e di clientele, che allarga i confini delle competenze dei partiti sulla vita
sociale, che favorisce lottizzazione e spartizione di fondi. E che ha permesso,
a Roma, il blitz per cambiare i vertici di un festival cinematografico che
dovrebbe vivere di idee e non di sostegni pubblici. Dove proietteranno un film
già visto: quello sulla lottizzazione. Altro che ostriche a sbafo.
Nessun commento:
Posta un commento