Sulla Legge Elettorale italiana, sulla riforma della stessa che da quasi un anno impegna il Parlamento - il che la dice lunga sulla possibilità reale di fare delle riforme condivise in questo paese senza qualche diktat straniero - abbiamo scritto molto ultimamente. Riporto solo due post ma ce ne sono anche altri : http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/09/ma-il-porcellum-non-era-una-porcata.html ; http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/11/il-porcellum-e-incostituzionale-anche.html ).
Chi vuole può rileggerli, ma il contenuto, in estrema sintesi è :
1) Il sistema elettorale attuale ha due difetti grandi : la nomina dei deputati da parte delle segreterie dei partiti (non scelti dunque dagli elettori) e un premio di maggioranza che scatta a favore del primo classificato a prescindere dalla percentuale di voti ricevuta. In Sicilia, con quel sistema, poteva governare o Grillo, come primo partito (18% dei voti espressi, meno del 9 dei complessivi ) o Crocetta che col PD e l'UDC arriva al 30% (15 effettivo). Un disastro democratico, evitato dal fatto che la legge elettorale siciliana non prevede un premio monstre come il Porcellum. Crocetta è costretto a trovare alleati oppure si ritorna a votare.
2) Per questa possibile, eccessiva forbice tra voto elettorale e assegnazione dei seggi in Parlamento (con QUALUNQUE percentuale vittoriosa, anche un misero 15% dei voti, si può ottenere il 55% dei seggi !) la Corte Costituzionale esortò il Parlamento a correggere la legge stabilendo una percentuale minima di voti da raggiungere per fare scattare il premio.
3) il PD, senza alcuna vergogna (la stessa identica mancanza di vergogna che rimproverò a Lega e PDL quanto partorirono questa legge, definita appunto una PORCATA, pensando gli giovasse, e invece nel 2006 persero !) oggi difende quel meccanismo che con meno del 40% dei voti (il 35% circa, corrispondenti , se il livello di astensione viene conservato, al 20% scarso dell'elettorato. Un governo che avrebbe la fiducia di un italiano su 5 ...) gli permetterebbe di avere la maggioranza assoluta alla Camera. L'ipocrisia dei politici è nota ma certe volte il livello di Tolla è insopportabile.
Queste cose le scrivo da un po' e quindi potete immaginare con che soddisfazione oggi ho letto l'editoriale di Pierluigi Battista che propone, da par suo ovviamente, concetti simili.
Eccolo :
L’IRRINUNCIABILE RIFORMA DEL VOTO
Il rispetto degli elettori
I partiti farebbero cosa saggia se seguissero le esortazioni
del capo dello Stato a varare nel pochissimo tempo che resta una decente legge
elettorale. E non solo per sensibilità istituzionale e per non lasciar cadere
in modo sciatto l’allarme del Quirinale su una riforma ineludibile. Ma perché
per lucrare nell’immediato su un piccolo vantaggio alla vigilia del voto, si
rischia il disastro per i tempi che verranno dopo le elezioni. E perché l’avevano
promessa, una nuova legge elettorale, anche per dimostrare che i partiti
esistono malgrado il governo tecnico. Se non fossero capaci di trovare un
accordo, si dimostrerebbero miopi. E incapaci. Senza appello. Con il Porcellum
inalterato o con una legge elettorale che peggiorerebbe le cose se venisse
gratificato di un premio di maggioranza non la coalizione bensì il singolo
partito, chiunque vincerà le elezioni non riuscirà a governare con un
Parlamento frammentato e caotico.
Dopo il terremoto siciliano, l’idea di premiare il singolo
partito, sotto l’effetto dell’incubo di un Grillo che arriva inopinatamente
primo, appare un po’ intiepidita. È forte la tentazione di lasciare le cose
come stanno. Ma se si cedesse all’immobilismo, si commetterebbero due errori
fatali. Il primo: non si rimedia all’espropriazione degli elettori che ancora
una volta non potrebbero votare i loro rappresentanti ma semplicemente
ratificare le nomine volute dalle oligarchie dei partiti. Scelgano loro le
forme e i modi per evitare questo oltraggio al diritto di scegliere chi mandare
in Parlamento. Ma la scelta di non scegliere e di lasciare le cose come stanno
sarebbe un incitamento all’astensione, una nuova frattura tra il ceto politico
e un’opinione pubblica esterrefatta e delusa. Il secondo errore sarebbe la
sottovalutazione dei rischi che la nuova legislatura inevitabilmente dovrà
affrontare se, come sembra evidente da tutti i sondaggi e alla luce del
semplice buon senso, il divario tra i voti della coalizione vincente e la maggioranza
dei seggi «drogata» con un gigantesco premio a chi vince dovesse risultare
troppo marcato. Sarà possibile governare se chi vince le elezioni otterrà il
30, massimo il 35 per cento dei voti?
E se, come è molto probabile, questa percentuale dovesse essere
calcolata su un corpo di cittadini votanti ulteriormente ridotto da una febbre
astensionistica simile a quella siciliana, come sarà possibile affrontare le
tempeste della crisi con un consenso tanto risicato? Si può governare
stabilmente con il consenso di più o meno un quarto degli italiani, adottare
misure severe e «impopolari» con la stragrande maggioranza degli italiani che
non si riconosce in quella che regge le redini del governo? Nell’ingorgo
istituzionale che seguirà il momento elettorale, con la scelta del nuovo
presidente della Repubblica si aggiungerà anche il rischio che una minoranza
iperpremiata possa condizionare in modo determinante il Quirinale. L’esiguità
di questo consenso si farebbe notare con tutti i suoi effetti negativi. Dalla sinistra
e dalla destra dello schieramento politico si cementerebbe un’opposizione la
cui spinta la maggioranza di governo dovrà arginare con una compattezza che
oggi, viste le forze in campo, è difficile immaginare. È difficile anche capire
se i partiti, molto attenti, e legittimamente, al loro particulare si rendono
conto della situazione esplosiva che rischiano di suscitare. Non sarà solo una
legge elettorale a scongiurarne i pericoli. Ma senza una legge elettorale nuova
quei pericoli diventeranno una certezza. È quello che tenta di spiegare
Napolitano, alla vigilia del termine del suo mandato.
Quasi ad ascoltare l'appello di Battista, ecco che la commissione approva l'emendamento presentato da Rutelli che stabilisce l'asticella del quorum per il premio di maggioranza al 42,5% . Potete immaginare quelli del PD, che a quel livello non ci arriverebbero mai con la foto di Vasto (forse, e dico forse, ci potrebbe arrivare Renzi, ma sarebbe un miracolo ).
Personalmente mi accontenterei anche dal 40%, perché non ne faccio una questione di opportunismo ma di democrazia. La Governabilità è un valore importante e il premio di maggioranza può facilitarla. Ma non a prezzi folli. Ultima osservazione agli "amici" del PD. I loro antenati, i comunisti di Togliatti, mobilitarono le piazze contro la "Legge Truffa", proposta da De GAsperi, per la quale il premio di maggioranza scattava al raggiungimento del 50,1% dei voti . Loro lo vorrebbero con qualsiasi percentuale, OGGI che pensano di VINCERE....
Ecco il flash di Cronaca della Redazione On Line del Corsera
Via libera della commissione Affari Costituzionali di
Palazzo Madama a un emendamento alla legge elettorale che prevede che per
conquistare il premio di maggioranza si debba superare una soglia del 42,5%.
Lo
ha riferito il capogruppo Idv Felice Belisario. Il premio del 12,5% del testo
Malan verrebbe, quindi, assegnato a chi raggiunge il 42,5% per un totale,
dunque, del 55%. La proposta di modifica, avanzata dal leader di Api Francesco
Rutelli, è stata votata dalla Lega, dal Pdl, dall'Udc, da Fli e da Mpa. Pd e
Idv hanno votato contro.
LE REAZIONI - Per il leader dell'Api, Francesco Rutelli, che
ha proposto la modifica si tratta di «un passo importante ma c'è ancora tanta
strada da fare». Dura, invece, la reazione di Anna Finocchiaro del Pd: «Faremo
le nostre proposte in aula. Il lavoro in commissione a questo punto è
compromesso». Il voto rompe il dialogo? «Sì certamente», dice Finocchiaro che
attribuisce alla maggioranza spuria votante la volontà di «non avere un governo
chiaro e stabile la sera delle elezioni». A questo punto, prosegue, «i lavori
della commissione sono compromessi, ora si va in Aula. Noi presenteremo un
emendamento per l'Aula se fisserà una soglia al 40% però un premio al 54%
oppure un premio al primo partito del 10-12%». Coloro che hanno votato
l'emendamento Rutelli sulla soglia al 42,5% «sono forze politiche - sottolinea
- che vogliono consegnare il Paese ad una situazione dove nessuno vince e
nessuno perde». Noi del Pd, invece, vogliamo una legge che dia stabilità al
Paese. Purtroppo si sono avverate le previsioni di Bersani». Per il laeder
dell'Udc Pier Ferdinando Casini invece: «L'individuazione di una soglia era
cosa sacrosanta dopo i rilievi della Corte Costituzione». Per Casini il testo è
«migliorabile». E, non ha nulla a che vedere con il Monti-Bis: «cosa centra
questo?».
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