Io ho da un po' un nuovo caro amico su FB, Paolo Conti, molisano, se ho capito bene. E' socialista, di quelli onesti , seri e nemmeno intransigenti. Crede nel Pubblico, e che sia possibile convertirlo ad una dimensione utile, efficiente, diversa insomma da quella che più spesso è dato vedere.
Uno dei campi che tocca maggiormente la sua sensibilità , mi sembra di percepire, è la Scuola, l'Istruzione.
Rigorosamente PUBBLICA. Io sono d'accordo con Paolo che un paese, che voglia veramente realizzare l'ideale della parità dei punti di partenza ( e poi i più bravi facciano pure più strada . Magari questa cosa è più liberale che socialista, ma credo che Paolo sia d'accordo ) debba curare in primo luogo questo aspetto, e quindi avere una istruzione scolastica efficiente e accessibile a tutti.
Che sia pubblica o privata, sono scelte legislative. I liberisti vorrebbero che non ci fossero tasse per l'istruzione bensì dei buoni scuola distribuiti alle famiglie che poi possano scegliere liberamente l'istituto che ritengono più idoneo. Questo per creare una concorrenza tra le varie scuole e favorire una rincorsa verso l'alto per avere nei propri ruoli insegnanti VERI, bravi, preparati, aggiornati anche sulle nuove metodologie e i nuovi strumenti di apprendimento, e non mamme che per secondo lavoro e per portare stipendi a casa fanno anche le prof. Nel sistema attuale, l'insegnamento è mediocre, ancorché semigratuito. Sì, è vero , il costo dei libri...e poi le tasse universitarie...sono costi che pesano e in maniera LINEARE. Il figlio del ricco paga come quello del povero. Magari non è tanto giusto ma come fare diversamente ? in teoria la differenza è stata fatta a monte, col diverso contributo fiscale, per cui il primo ha pagato più tasse del secondo. Mica tanto vero da noi.
Si dice che da noi si spende poco per la scuola. Io sono convinto che soprattutto si spende MALE. Come scriveva Davide Giacalone giorni fa, abbiamo un esercito di insegnanti, mal pagati complessivamente, ma col costo orario più alto d' Europa. Hanno manifestato, trascinando in piazza con sé gli studenti, contro il progetto di portare le ore di cattedra da 18 a 24, e facendo ritirare la proposta dalla Legge di Stabilità. Diciotto ore in effetti sembrano pochine ma poi ci sono i compiti da correggere, le lezioni da preparare, le ori di ricevimento....Nella realtà, a parte queste ultime, le altre cose sono molto lasciate allo scrupolo e alla serietà dei singoli. Io di insegnanti ne ho conosciute tante, e da vicino , tra familiari (nonna, madre, zie varie, pure una cugina) e fidanzate (almeno tre ) , più o meno brave. Nessuna l'ho mai vista piegata dalla fatica. ...."Impiegati a mezzo servizio" definiva Lama, capo della CGIL, i professori...Erano i tempi in cui la sinistra guardava più agli operai che ai dipendenti pubblici, allora coccolati e soprattutto ASSUNTI dalla DC. Con la crisi delle fabbriche e l'omicidio politico-giudiziario della Democrazia Cristiana , l'arrivo sulle cattedre delle generazioni targate 68 e 77, i dipendenti pubblici in genere ma gli insegnanti molto di più, si sono colorati di rosso e comunque fortissimamente sindacalizzati. Le università, Lettere in primo luogo , continuano a sfornare insegnanti di cui non c'è grande bisogno (per smaltire quelli già in fila in attesa di una cattedra ci vorrebbero un paio di decenni ) , la cui preparazione troppo spesso è discretamente antiquata e tale rimane per tanti. Insomma, il livello dei nostri professori non è professionalmente eccezionale . Ci sono numerosissime eccezioni, e c'è da dire che in una scuola pubblica poco motivante (sia economicamente che socialmente) e poco formante, questi che sfidano le difficoltà descritte nonché il tasso crescente di indisciplina e di indolenza degli studenti, sempre più spalleggiati da genitori sindacalisti della prole , sono delle specie di Eroi. Folta minoranza. Per la maggioranza , vale ancora oggi la non gradita definizione del citato leader del sindacato rosso degli anni '70.
Bene, che fanno gli studenti ? Invece di informarsi, capire meglio cosa sarebbe meglio per loro, e che questo meglio potrebbe non essere quello interessatamente suggeritogli dagli insegnanti, sfilano con loro, facendo propri slogan triti e ritriti...no ai tagli, no al numero chiuso, no alle tasse scolastiche, tutela della scuola pubblica...Mai un "basta con gli insegnanti impreparati" , basta con una istruzione non formativa per il lavoro (mica tutti devono andare al liceo ! e le altre scuole non dovrebbero essere dei meri parcheggi), basta con gli sprechi e le risorse destinate allo stipendificio.....Un tempo , almeno all'Università, si gridava "abbasso i Baroni"...Adesso manco più quello ! Qualcuno di questi ragazzi si domanda se sia giusto conservare il valore legale del titolo di studio, con attribuzioni di punteggio al voto finale nei concorsi amministrativi, quando sanno benissimo che a Sud i 100 alle superiori e i 110 all'università fioccano a differenza del nord ? Che senso ha prendersi un diploma, superiore o di laurea, quando poi questo nel mondo delle imprese non vale nulla per la scarsa considerazione dell'istituto che lo ha rilasciato ? Che convenienza c'è a spostare in avanti il momento della selezione, con l'unico risultato che alla fine, a parità di mediocre preparazione, ad andare avanti saranno solo i figli di papà e comunque i raccomandati ?
Contro questo dovrebbero protestare, e a gran voce , gli studenti. E invece eccoli lì, a braccetto coi loro prof., a difendere una scuola obsoleta dove le uniche due cose che potrebbero dare una mano vera a trovare un lavoro domani, e cioè preparazione e merito, sono merce decisamente rara.
Ah, di questi tempi, OKKUPANO. Ormai è un rito, qualcosa che se non la fai, non sei stato giovane.
A questa usanza tardo autunnale, che inizia ad un certo punto di novembre e che immancabilmente finisce a natale (ebbé, ci sono le vacanze ) ha dedicato un articolo sagace Giovanni Belardelli, sul Corriere della Sera.
Buona Lettura
SCUOLA
Il rito conformista delle occupazioni
Col cadere delle foglie torna, come (quasi) ogni anno il
rito delle occupazioni delle scuole superiori e le cronache di molte città si
riempiono dei riferimenti ai nomi - nella capitale il Socrate, l'Archimede, il
Tasso, il Righi, il Newton e così via - che indicano gli istituti occupati. È
appunto un rito, del quale nessuno si stupisce più. Si è osservato molte volte
che l'occupazione della propria scuola rappresenterebbe quello che gli
antropologi chiamano un rito di passaggio, la cerimonia che segna il trapasso
da un'età della vita all'altra; qualcosa di simile insomma a ciò che sono stati
per tanto tempo la cresima per i cattolici e il Bar Mitzvah per gli ebrei. In
una società come la nostra, passata attraverso un processo di forte
secolarizzazione, occupare la scuola sarebbe un sostituto di riti religiosi che
hanno perso ormai d'importanza. Può darsi.
Ma se è così, è anche vero che si tratta di un rito che
torna a riproporsi ogni anno in modo più stanco, con la diffusione di slogan e
obiettivi che riprendono, appena aggiornati, quelli dell'anno precedente: no ai
tagli, no ai privati nella scuola, difendiamo la scuola pubblica. Gli
insegnanti non sempre aiutano i ragazzi ad andare oltre queste diagnosi un po'
(un po' troppo) superficiali. Basta affacciarsi a un corteo o a un'assemblea di
docenti per sentire riecheggiare i soliti, stereotipati attacchi contro i tagli
alla scuola «per semplici motivi di cassa», come mi è capitato di udire con
qualche stupore (come se non esistesse lo spread e prima ancora il debito
pubblico giunto al 126 % del pil); o contro il pericolo di privatizzare il
sistema di istruzione (come se il nostro Paese non soffrisse semmai del
problema opposto, dell'assenza di privati disposti a investire davvero nella
scuola e nell'università). Le occupazioni rischiano insomma di apparire - e
forse, ormai, anche di essere - un grande rito conformista, dove oltretutto si
mette in scena una pessima lezione di (anti)democrazia. Da sempre, nella quasi
totalità dei casi, le occupazioni vengono infatti decise da una minoranza di
studenti: questo però non sembra suscitare troppi problemi in un Paese che,
evidentemente, pensa che sono le minoranze a fare la storia, dalle camicie
rosse di Garibaldi alle camicie nere di Mussolini.
Ma l'aspetto forse più sconcertante, più vacuamente
conformista, resta ancora da dire. A stare alle cronache che si son potute
leggere, in qualche liceo romano una parte degli stessi genitori ha approvato
che gli studenti occupassero la scuola. Come ha riportato venerdì scorso
l'edizione romana del Corriere , in uno dei licei storici della capitale - il
Tasso - è avvenuta la seguente scena: la preside ha avvertito d'urgenza i
genitori perché cercassero di dissuadere i loro figli dall'occupare, ma molti
hanno fatto esattamente il contrario. In fondo, che dei ragazzi e delle
ragazze, fosse pure per provare il brivido della trasgressione, occupino la
scuola, si può capire. Che i genitori approvino, che forse approvi anche
qualche insegnante nella speranza che ciò possa fare da cassa di risonanza alle
agitazioni sindacali di questi giorni, appare invece come un esempio di fuga
dalle proprie - diverse ma egualmente importanti - responsabilità educative.
Qualche settimana fa l'ex deputato Fabio Mussi giustificò in
un'intervista il proprio ritiro dalla politica (anche) in riferimento a ciò che
definiva il complessivo fallimento della sua generazione. Ecco, nell'immagine
di genitori che non si curano di spiegare ai figli che non si occupa una scuola
solo perché lo fanno tutti, temo ci sia una conferma di quel fallimento di cui
Mussi parlava.
PAOLO CONTI
RispondiEliminaStefano quando ho aperto il tuo articolo e ho letto il mio nome sono letteralmente sobbalzato sulla sedia (ti prego di credermi non è in questo caso una frase fatta). Intanto ti ringrazio, e per il "socialista onesto" ma sopratutto perchè mi consideri amico....e di questi tempi il tuo è uno dei complimenti più belli che si possano ricevere.
veniamo al tema. Concordo pienamente con le analisi e le valutazioni espresse dall'"Ultimo Camerlengo" ma dissento in toto con quanto ha scritto il riportato nell'articolo pubblicato sul Corriere della Sera il giornalista Giovanni Belardelli di cui viene riportato un articolo.
La scuola è sempre stata lo specchio dei tempi.....e lo specchio dei ns tempi riflette immagini di una società distorta e priva di valori.
Sinceramente trovo un pò troppo irriverente il linguaggio usato nei confronti di "genitori" e "figli".
Non vi è ombra di dubbio che sia i primi che i secondi non siani immuni da colpe, come non lo è chi gestisce (da tempo e con perseverazione) la scuola pubblica.
Però fare di tutta un erba un fascio mi sembra un modo molto banale e superficiale di generalizzare su un tema che invece avrebbe bisogno, una volta per tutte, di giuste riflessioni. .
Sottopongo all'attenzione questi quattro punti:
1) NON RITENGO di essere (ma questo va esteso anche ad altri genitori) uno di quei genitori consenzienti che è "contento" che la propria "figlia" (Ester, classe seconda Liceo Scientifico) partecipi all'occupazione;
2) NON RITENGO che tutti gli studenti manifestino solo per "tirare a campare" fino a Natale;
3) NON RITENGO che tutti gli addetti ai lavori siano impreparati ed in virtù di ciò strumentalizzino gli studenti;
4) RITENGO invece, come dice "L'Ultimo Camerlengo", che i fondi per la scuola più che non esserci sono spesi male, che governi, forze politiche, sindacali, sociali, e ci metto pure la Chiesa, facciano tutti un passo indietro e dicano chiaramente che cosa si voglia fare per la SCUOLA PUBBLICA.
I tre "NON RITENGO", per quanto mi riguarda, nascono dalla consapevolezza di vivere in un contesto geografico, territoriale, demografico "molisano" i cui numeri sono nettamente inferiori a quelli di una realtà metropolitana quale è quella di Roma (città dove esercita "L'Ultimo Camerlengo"). La regione Molise, con tutte le sue difficoltà, con tutte le sue negligenze, è comunque un fazzoletto di terra attraverso il quale, nello specifico, un genitore ha la possibilità di monitorare con maggiore attenzione il percorso scolastico dei propri figli in relazione anche alle qualità offerte dalla scuola. Si intuisce che sono molto soddisfatto da questo punto di vista e che quindi sentirmi dire, in un incontro come rappresentante dei genitori, che il POF (Piano dell'Offerta Formativa) per il 2012, può subire menomazioni perchè i fondi richiesti sono stati "tagliati" è una cosa che non accetto. Che fare allora?
Una soluzione potrtebbe essere che anche per la scuola si introduca una sorta di spending review attraverso la quale censire gli istituti e premaire quelli che rispettano i "target" fissati e penalizzare quelli che "sforano" gli obiettivi.
Come vedi caro "L'Ultimo Camerlengo" anche il sottoscritto è per una scuola meritocratica e lo può diventare, se si vuole, anche quella pubblica....se si vuole.....
Una ultima osservazione sull'articolo di Belardelli quando cita Fabio Mussi dicendo "Qualche settimana fa l'ex deputato Fabio Mussi giustificò in un'intervista il proprio ritiro dalla politica (anche) in riferimento a ciò che definiva il complessivo fallimento della sua generazione."
Anche quì dissento in modo categorico e replico dicendo che il fallimento a cui Mussi fa riferimento è quello della sua generazione ed di una certa ideologia politica......