sabato 22 dicembre 2012

ITALIA, PAESE DI AMLETI. ORA E' MONTI CON LA TEMPESTA DEL DUBBIO


Si dice , giustamente, che Berlusconi è in stato confusionale. Alcuni sostengono che la sua è tattica tesa a "disorientare", a rivoltare i tavoli degli altri. Può darsi. Sicuramente disorienta anche gli elettori del centro destra. Però non è che Monti sia un drago della determinazione. Certo, aveva il problema del ruolo istituzionale che a mio avviso non era tanto l'essere il Presidente del Consiglio, succede ovunque e anche da noi che a "governare" le elezioni  sia il  Premier uscente ancorché questi si  ricandidi  alla guida del paese (Obama, Sarkozy, in ottobre la Merkel...) , ma COME quel ruolo aveva assunto : non eletto, non rappresentativo del voto popolare, nominato ad arte Senatore a vita e quindi catapultato dal Quirinale a Palazzo Chigi. Insomma, passare dall' Unto del Signore, l'Uomo sopra le parti, risorsa della Repubblica, Salvatore della Patria, a uomo politico tout court, fa una bella differenza.  E a parte il problema formale, credo che a Monti proprio dispiaccia non interpretare più il ruolo dell'uomo Super Partes, quello che è stato chiamato per Salvare l'Italia, il Cincinnato nobile e disinteressato, diventando uno dei tanti Leader. L'uomo poi è permaloso assai, non credo abbia l'animus per la crudezza di una contesa politica, elettorale poi !
Non a caso in queste ore i rumors di agenzia lo danno in forte ripensamento, laddove fino a ieri sembrava ormai certo che domenica , in conferenza stampa, Monti avrebbe annunciato il suo impegno ufficiale (sia pure con escamotage tecnici di vario tipo...).
Alcuni giurano che alla fine si limiterà a indicare la "Giusta Via", la Road Map, e benedirà, dall'alto, quei partiti e movimenti che la faranno propria, restando a "disposizione della Repubblica". Insomma, accetterà il "consiglio" del PD : "attento, che se ti schieri, noi vinceremo lo stesso, e poi sarà più difficile spiegare ai nostri candidarti a ruoli importanti : Quirinale, ma anche Presidente della Commissione Europea (come già Prodi)."
Vedrete che andrà così.
Angelo Panebianco ha dedicato il suo editoriale odierno al Premier appena dimessosi, ipotizzando invece che il Professore alla fine varchi il Rubicone, e si domanda, in questo caso, in che termini lo farà ? Punterà a VINCERE e governare secondo il suo programma, o viceversa l'obiettivo, più modesto, è quello di dotarsi di una forza sufficiente per poter poi trattare, a elezioni fatte ?
Anche qui, io la mia idea me la sono formata...Monti non ha la forza per vincere, a meno che veramente tutto il fronte moderato e anti sinistra si compatti. Bersani, a sua volta, Monti o non Monti, guarda al centro come riserva utile per controbilanciare gli eccessi di sinistra della sua formazione. Non vuole fare la fine di Prodi, con Vendola al posto di Bertinotti . In caso di eccessiva riottosità dell'alleato, vuole avere la possibilità di essere autonomo da lui, conservando la maggioranza grazie al Centro moderato. 
Questa cosa, in un sistema elettorale proporzionale sia pure falsato da un premio di maggioranza in odore di incostituzionalità (per non avere soglie minime ) , e da una Costituzione parlamentarista, è legittima ma anche truffaldina del voto. Accadeva sempre nella prima repubblica, e adesso tornerà ad essere così : si vota, pensando ad un tipo di governo, ma facile che alla fine uno se ne trovi un altro. 
Sarà mica un caso che in Italia si parla sembra di "legislatura costituente" e poi nemmeno la legge elettorale, a parole da tutti biasimata, si riesce a cambiare ?
Buona Lettura

  IPOTESI SU UNA SVOLTA (SE CI SARÀ)
Le due strade di un leader


Con il messaggio che il presidente del Consiglio, da ieri dimissionario, rivolgerà al Paese alla fine della settimana, salvo ripensamenti che sembrano prendere forza in queste ore, la svolta si sarà compiuta: Monti sarà diventato a tutti gli effetti un protagonista della campagna elettorale. Ma con quale ruolo? Con quali prospettive? Con quali ambizioni? Sulla carta, ci sono due possibilità. Monti potrebbe scegliere la strada più rischiosa e più ambiziosa, potrebbe porsi come il federatore di una vasta area di elettorato, che è delusa da Berlusconi, ma che vuole anche sbarrare il passo a un Partito democratico giudicato troppo sbilanciato a sinistra. Oppure, potrebbe immaginare per sé e per quelli che lo seguono un ruolo e un compito molto più modesti: rovinare solo in parte la festa al centrosinistra, puntare ad impedirgli di fare la maggioranza al Senato, costringerlo alla trattativa nel dopo elezioni. Detto in altre parole, Monti deve scegliere fra quelle che potremmo chiamare la vocazione maggioritaria e la vocazione alla trattativa.

Forse, anche ciò che è accaduto a Melfi due giorni fa può essere letto nell'uno o nell'altro di questi due modi: Monti applaudito sia da Sergio Marchionne che dagli operai dello stabilimento - mentre la Cgil protestava fuori dai cancelli - è indicativo di cosa? Indica il fatto che a Melfi si è palesata, anche fisicamente, la contrapposizione fra due, assai diverse, ipotesi di governo, ciascuna sostenuta da un diverso blocco sociale? Oppure si è trattato solo di un messaggio implicito, e di una anticipazione, su temi che saranno oggetto di trattativa post-elettorale fra Monti e la sinistra?

Se sceglierà la strategia della vocazione maggioritaria Monti dovrà sciogliere due nodi. Il primo riguarderà la natura del suo messaggio complessivo al Paese, diciamo il suo «programma di legislatura». Per attrarre ampio consenso non potrà presentarsi con un progetto solo emergenziale. Dovrà infondere speranza. Dovrà fare promesse certamente realistiche, ossia non demagogiche, che tuttavia, siano tali da convincere gli italiani che i sacrifici fatti non sono stati sopportati invano e che, in futuro, le cose miglioreranno sicuramente. Dovrà spiegare in che modo, con quali mezzi e quali tempi, sarà possibile ridurre la pressione fiscale, fare le necessarie dismissioni pubbliche, liberalizzare, privatizzare. Dovrà fare cioè della famosa agenda Monti qualcosa di diverso da un programma emergenziale tutto lacrime e sangue.

Tra l'altro, una proposta che inviti alla speranza servirebbe a Monti anche per scrollarsi di dosso quell'immagine di uomo dell' establishment europeo lontano dal popolo, di freddo esponente di una tecnocrazia transnazionale senz'anima che i suoi avversari (a torto, ma non del tutto) gli hanno cucito addosso. Il Monti politico dovrà sbarazzarsi di quella immagine.

Quanto più ambizioso sarà il progetto che Monti illustrerà al Paese tanto più crescerà l'intensità del conflitto fra lui e le altre forze, non solo Berlusconi, ma anche, e soprattutto, il grande favorito, il Pd di Bersani. Chi appoggia Monti è pronto a uno scontro frontale con un Pd che è certamente in grado di gettare sul campo di battaglia un gran numero di forze e di sostenitori?
Il secondo nodo da sciogliere riguarderà la coalizione elettorale che a Monti farà riferimento. Dovrà essere tale da dare credibilità al progetto. Non potrà esserci un'evidente sproporzione fra il fine enunciato e il mezzo scelto per realizzarlo: all'ambizione del messaggio al Paese non potrà corrispondere uno strumento elettorale troppo gracile.
La lista elettorale (o la coalizione di liste) dovrà essere rappresentativa di un blocco di forze ampio. Poiché tagliare fuori Berlusconi e la Lega non può significare anche tagliare fuori quel vasto mondo che un tempo si era affidato al Cavaliere. La composizione delle liste elettorali che si richiamano a Monti dovrà riflettere, per qualità e rappresentatività, questa cruciale esigenza.

In caso contrario, se questi due nodi non verranno rapidamente sciolti nel senso indicato, vorrà dire che Monti si sarà affidato a una diversa strategia: quella giocata sull'idea di trattativa. Vorrà dire che sarà prevalso un calcolo, magari anche utile al Paese, ma assai più modesto: condizionare il Pd nella formazione del governo del dopo elezioni.

Se così è, allora Monti dovrebbe riflettere su una circostanza: esistono prove abbondanti a sostegno della tesi secondo cui quando si parte con ambizioni troppo limitate è molto facile fallire, non ottenere nemmeno il poco che si immaginava di ottenere. Solo se le ambizioni sono davvero grandi, qualcosa, in un modo o nell'altro, si realizzerà.

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