CI si interroga molto, in politica, su cosa farà Monti . Nel farlo, la questione viene esaminata sotto vari aspetti : efficacia, opportunità, addirittura legittimità e moralità della cosa.
La questione morale l'aveva tirata in ballo D'Alema. Stigmatizzato da molti, e tra questi molto bene da Battista sul Corriere della Sera ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/12/lossessione-del-primato-morale.html ), il Lider Maximo ha preso carta e penna per replicare e ribadire il suo concetto, ammettendo però ( chissà quanto gli deve essere costato) che FORSE aveva usato parole un po' forti. In realtà, entrando in polemica con l'editorialista del Corsera, l'importante esponente del PD gli dà sostanzialmente ragione, perché non parla più di "moralità", quanto di opportunità (che infatti era il concetto che Battista aveva suggerito come eventualmente idoneo, senza scomodare l'ETICA ).
Di fatto, sono in tanti ad esprimere perplessità, quando non biasimo, per i tentennamento di Monti. Lui avrebbe spiegato che "Dio , pardon, l'EUROPA lo vuole", e al grido di dolore che si leva dalle principali cancellerie europee nonché dai palazzi istituzionali della UE, lui sente il dovere morale (Aridaje !!!) di non sottrarsi. Il Presidente Napolitano non sembra affatto d'accordo, anche se poi le cronache sulla freddezza e il disamore subentrato tra la coppia sono mero gossip (cioè : chissene frega se è vero o no ! ).
Certo, la confusione è grande sotto il cielo, e come ai tempi di Mao gli unici a giovarsene sembrano quelli della sinistra. Vedremo nei prossimi giorni.
Intanto vi propongo gli interventi di Galli della Loggia, sul Corsera di oggi, e di Giacalone, su Libero.
Il primo, tra l'altro, pone il problema di un Senatore a vita che solo a Palazzo Chigi avrebbe un senso, mentre in parlamento, mafari come uno dei leader dell'opposizione, sarebbe un ibrido non da poco. Il secondo, che ipotizza, a quanto pare a ragion veduta, come la Monti's List sia molto più celebrata da certi giornali che e ambienti, che non dai sondaggi.....
Buona Lettura
TECNICHE DI UNA CANDIDATURA
Un sentiero assai stretto
Viene dato da molti per probabile, anche se il principale
interessato continua a non pronunciarsi, che alle prossime elezioni intorno al
nome di Mario Monti e ad un programma da lui delineato si costituisca una
confederazione di varie liste, le quali saranno diciamo così autonome ma
avranno in lui il proprio punto di riferimento, insomma il proprio capo
politico. Un capo però alquanto sui generis . Monti, infatti, sarà - potrà
essere - solo un capo simbolico. Un capo per procura. E questo perché, essendo
già senatore a vita, gli sarà consentito, sì, di far comparire il proprio nome
sulla scheda elettorale delle varie liste partecipanti alla coalizione, ma non
potrà mettere in gioco la propria persona nella competizione elettorale né per
la Camera né per il Senato. Se dunque per ipotesi ottenesse la maggioranza
parlamentare e ritornasse alla guida del Paese, si verificherebbe la singolare
circostanza per cui egli sarebbe l'unico capo di governo dell'Unione europea
non solo privo di un suo partito, ma neppure uscito direttamente consacrato dal
risultato delle urne.
È difficile non vedere in tutto ciò un ennesimo scostamento
rispetto al modello disegnato dalla nostra Carta costituzionale, del resto
ormai già divenuta per merito del servizio pubblico (!) televisivo l'oggetto
delle divagazioni di un comico - anche questo, credo, un caso unico in Europa.
Si tratta peraltro di uno scostamento destinato a sua volta a produrre tutta una
serie ulteriore di anomalie e di ambiguità.
È probabile, ad esempio, che la scelta delle candidature
nelle varie liste - in queste elezioni una scelta carica di significato
politico come poche altre volte - non possa avvenire, diciamo così, che per interposta
persona, attraverso intermediari incaricati di riferire e attuare le
indicazioni del premier in pectore . Un sistema tutt'altro che trasparente ed
esposto, come si capisce, a mille equivoci, a fraintendimenti e pressioni di
ogni tipo. Per non parlare della campagna elettorale. Sarà possibile a Monti
quel dialogo continuo con i cittadini che ne costituisce un momento essenziale?
E in quale veste egli comparirà nei dibattiti televisivi con gli altri
capipartito candidati a un posto di parlamentare, lui che non è candidato a
nulla ma in realtà lo è alla massima carica politica (carica che peraltro nel
nostro ordinamento non può essere conferita dal voto popolare ma solo da una
maggioranza parlamentare su designazione del capo dello Stato)?
E se poi, mettiamo, la coalizione guidata dall'attuale
premier dovesse risultare sconfitta alle elezioni, e domani si formasse un
governo Bersani di centrosinistra in tutto e per tutto autosufficiente, saremo
forse chiamati ad assistere allo spettacolo - diciamo pure singolarissimo - di
un'opposizione parlamentare rappresentata tra gli altri da un senatore a vita,
cioè per l'appunto da Monti? Con un senatore a vita che ogni volta che può,
come è giusto che faccia un leader dell'opposizione, attacca pubblicamente il presidente
del Consiglio? Oppure - sempre nel caso di una mancata vittoria - Monti
abbandonerà il campo per chiudersi in un austero riserbo istituzionale? Ma che
cosa dovranno pensare allora coloro che gli hanno dato il voto? Che hanno
votato per un fantasma?
Sono queste alcune delle perplessità che suscita la discesa
sul terreno elettorale del presidente del Consiglio. La cui misura di stile, di
prudenza e di onestà, che gli è congeniale appare destinata ad essere
sottoposta di sicuro - se mai egli decidesse di partecipare indirettamente alle
elezioni - ad una prova non indifferente.
Monti’s list
La Monti’s list è una lista della salvezza. Salverà quelli
cui permetterà d’intestare a un nuovo ideale la propria permanenza
parlamentare, “come un pisello nel suo baccello” (Stanlio e Ollio, op. cit.).
Salverà il nuovo che avanza e il vecchio avanzato, finalmente affrancati dal
fastidio di darsi un programma e una linea politica. La tattica scelta è così
nuova da somigliare terribilmente alla trovata del “preambolo” (1979, creatore
Carlo Donat Cattin, finalità … isolare i comunisti): si scrive un testo
abbastanza generico da potere essere condiviso da tutti quelli che ci stanno, i
quali ci stanno per ragioni che nel testo non sono scritte. Sgomiteranno, per
entrare della Monti’s list, salvo il fatto che l’intestatario rimarrà algido e
lontano, vagamente disgustato da quel che, in suo nome, sarà imbarcato. Servirà
ad allungare la broda di una politica che non funziona.
Che alternative ci sono? Bella domanda, in effetti. Leggo
con umana partecipazione il dolore di Massimo D’Alema, che condivido: non puoi
arrivare a palazzo Chigi perché sei tecnico ed esterno e, poi, da lì occupare
la politica dall’interno. Vero. Ma è questa sinistra di vigliaccuzzi ottusi
che, pur di non fare i conti con sé stessi e con il proprio passato, s’è
inventata la solfa di: a. ci vuole chi garantisca in Europa; b. ci vuole chi è
gradito ai mercati. Ecco il risultato. Perché loro non garantiscono un bel
niente, né c’è una sola persona ragionevole disposta a credere che “noi vi
abbiamo portato nell’euro”. Il guaio è che essi stessi credono a quel che
dicono, nel frattempo contraendo alleanza che depongono in senso opposto. Leggo
anche con umana comprensione la rabbia di chi si ripresenta sulla scena
promettendo quel che promise. Silvio Berlusconi, però, farebbe bene a ricordare
che non solo la pressione fiscale crebbe durante i suoi governi, ma che furono
loro a dar vita all’Imu, sicché, oggi, non ha molto senso dire che sarà
abolita, semmai potrebbe sostenere che la vorrebbe far tornare a quel che
sarebbe dovuta essere e non fu, vale a dire un’imposta unica per tutte le
faccende municipali. Inoltre, lo scrivo con il cuore in mano, dopo una certa
età non ci si fidanza. Se il crapulone può destare sconcerto frammisto a
simpatia, il Peynet fuori tempo massimo rischia giudizi meno ruvidi, ma
devastanti.
No, in effetti le alternative non sono poi così
entusiasmanti. A meno che non si provi a ragionare di cose concrete. Perché la
Monti’s list, mi sbaglierò, raccoglie sui giornali una messe di voti che
mancherà nelle urne.
Prima o dopo ci sarà un bimbo che dirà: papà, ma se nonno
Mario aumenta le tasse per pagare il debito e, intanto, il debito cresce, non è
che, magari, sta sbagliando? E la sorellina dirà: mamma, nonno Mario è tanto
serio e per bene, non è mai stato comunista, la sera va a nanna, tende a
gigioneggiare con le conduttrici, ma solo perché è buono, però, mamma, voi
grandi state per eleggere chi governa la seconda potenza industriale d’Europa o
il direttore del collegio? E anche senza avere la beata ingenuità dei bimbi,
qualcuno si domanderà in base a che cosa il professor Monti continua a far
torto alla sua cattedra annunciando un 2013 di ripresa produttiva e
occupazionale, laddove i numeri pubblicati dal suo stesso governo raccontano di
recessione e disoccupazione.
Le democrazie non si governano senza partiti politici. Tutte
le grandi democrazie hanno partiti solidi e dalla lunga storia. I partiti non
sono delle liste con il nome del divo di turno, perché è ora di chiarire che il
delirio personalistico ha già fatto troppi danni. I partiti non servono (solo)
a prendere voti, servono a costruire il consenso, a evitare che i governi diventino
apolidi. Sono i partiti, pur nelle loro differenze, a difendere la sovranità di
un Paese. Se non vogliono farsi fregare dalla Monti’s list, che sarà
accozzaglia d’inutili e prenderà meno voti di quel che si crede, ma conquisterà
centralità governativa, se non vogliono essere comparse di questa straziante
agonia politica e costituzionale, la sinistra e la destra, quel che c’è di
partito dall’una e dall’altra parte, abbiano il coraggio di fare quel che sanno
benissimo di dovere fare: un accordo preventivo per la riforma costituzionale,
in modo da dare poteri reali al governo e interrompere un ventennale
deragliamento. Se il loro leader è Benigni, che se lo tengano, così si
beccheranno Grillo e continueranno a decomporsi. Ma se hanno ancora un pizzico
di sale in zucca, lo usino. In fretta.
Nessun commento:
Posta un commento