lunedì 24 dicembre 2012

TU MI TURBI : E VIENE LICENZIATA. IL TRIBUNALE DA' RAGIONE AL DATORE DI LAVORO



La storia divertirà qualcuno, indignerà tutte le donne, e la chiosa sarà : i soliti americani assurdi.
Beh non credo sia esattamente così, o meglio non è così insolito  e solo americano il licenziamento di una dipendente avvenente su diktat della propria moglie.
Diciamo che è americano il dirlo, invece di inventarsi un'altra scusa ( tra l'altro, non è quello il paese dove il mercato del lavoro, in entrata e in uscita, è assolutamente libero ? Devo informarmi meglio...) .
Io avevo un amico , sposato, con due figli, assolutamente bell'uomo, di cui si era perdutamente innamorata una dipendente, a sua volta bella donna, e bravissima sul lavoro. Non so se accadde mai nulla tra i due (lui lo ha sempre negato, ma col passare del tempo in modo sempre più flebile...) , so che lui ad un certo punto l'allontanò. La spiegazione a noi amici, molto dispiaciuti che l'ufficio, dove ogni tanto capitavamo, perdesse un esponente così valido, sotto tutti gli aspetti, fu proprio che lui teneva al proprio matrimonio e la cosa era meglio stroncarla subito. Perché vedete, il problema che si può creare in situazioni del genere non è solo quello posto dalla giornalista del Corriere che commenta la notizia, l'uomo che non sa tenere a bada i suoi desideri, i suoi impulsi. La cosa può essere molto più seria, vale a dire una relazione che mini un matrimonio, e quindi una famiglia, fino a quel momento serena. Insomma, fuori dalla retorica demenziale di chi magari sostiene che una unione, se è vera e salda, non è compromettibile dalle tentazioni (Gesù stava per essere corrotto dal Demonio nel deserto , figuriamoci noi figli deboli del Cristo ) , è saggio chi non scommette sulla propria virtù e si tiene alla larga dai guai.
Nella fattispecie, siccome il mio amico era anche una persona per bene, si preoccupò di raccomandare ad amici del suo settore la ragazza, che tra l'altro era brava, e il tutto si risolse con delle dimissioni pacifiche (ancorché dolorose, lei ne soffrì, ma NON per il lavoro) e immediata assunzione presso altro imprenditore svolgente la stessa attività
Non tutti sono bravi come il mio amico, mentre le mogli gelose e/o previdenti sono assai più numerose.
Certo, fa notizia il fatto che un Tribunale abbia avallato una motivazione simile. In questo senso avrei ritenuto giusto che la dipendente, come è previsto nel nostro ordinamento, ricevesse un'indennizzo per l'ingiustizia del licenziamento (da noi si va dalle due mensilità e mezzo alle sei, tenuto conto delle mansioni e e soprattutto della durata del rapporto).
Ad ogni modo , il titolo fa sorridere : licenziata perché troppo bella !
Buona Lettura



LA STORIA

«Troppo bella per lavorare»
I giudici contro Melissa

Licenziata dal suo datore di lavoro 

perchè «irresistibile». Sentenza choc di 

una corte di soli uomini in Iowa

Melissa Nelson con il marito e i due figliMelissa Nelson con il marito e i due figli
«Licenziala». La moglie di James Knight non era andata tanto per il sottile. «Mandala via», aveva insistito. Sembra di vederlo, James, mentre convoca Melissa Nelson e le dice: «Sei irresistibile, devo licenziarti sennò il mio matrimonio potrebbe andare a rotoli». Era il 2010. Adesso la Corte Suprema dell'Iowa ha deciso: quel licenziamento era legale. E che cerchi di capirlo anche Melissa, una volta per tutte... Come le viene in mente di sollevare questioni sulla discriminazione di genere? «Questa decisione è una vittoria per i valori della famiglia poiché la signora Nelson è stata licenziata per salvare un matrimonio, non perché è una donna», giura al Daily Mail uno degli avvocati di James, Stuart Cochrane. «La decisione della Corte chiarisce che in casi come questo si può favorire la famiglia senza commettere discriminazioni».
Inutili le obiezioni dell'ormai ex assistente dentista di mister Knight. Per esempio: non è servito a nulla provare che fra i due (entrambi sposati e con figli) non ci fosse mai stato nessun legame sentimentale. Alla Corte è bastato il solo rischio che questo potesse succedere. E per di più non quando lei era appena arrivata. No. Il licenziamento è scattato al decimo anno.
Melissa, 32 anni, prima di essere assunta come assistente nello studio dentistico dei James, a Fort Dodge, lavorava come cameriera sei notti alla settimana. Poi la svolta. Finalmente un impiego migliore, una casa da comprare, una famiglia e uno stipendio su cui contare per crescere i suoi due figli. Dieci anni nello studio Knight (che di anni ne ha 53) e mai una tentazione, una parola di troppo, una insinuazione. Niente. Soltanto una buona amicizia e un po' di messaggi via email: la sua rovina.
«Io vedevo in quell'uomo una figura paterna», ha spiegato lei ai giudici per giustificare le poche confidenze fatte, appunto, l'un l'altra via email. «La consideravo una delle mie impiegate migliori», ha fatto presente lui agli stessi giudici. Ma il fatto è che in quello scambio di corrispondenza elettronica c'erano, per così dire, i «germogli» di una possibile relazione. E la prima a cogliere quella possibilità è stata la moglie di James che lavora nello studio assieme a lui e che ha casualmente (casualmente?) scoperto i messaggi fra i due. Cosucce difficili da fraintendere, pare: piccole confessioni sulla vita familiare, su scelte personali, su questioni di lavoro. Insomma, niente che si potesse scambiare per un messaggio d'amore o di complicità fra due amanti o aspiranti tali.
Soltanto mesi dopo averla licenziata, James (uomo molto cattolico, dicono di lui i giornali americani che hanno seguito la vicenda) avrebbe confessato al marito di Melissa che in effetti era preoccupato di quanto stesse diventando personale il suo rapporto con quella ragazza, così incredibilmente attraente. Sembra che uno dei punti più convincenti della lite giuridica abbia riguardato l'abbigliamento di lei. «Negli ultimi mesi vestiva con abitini stretti che era impossibile non notare», ha detto il dentista per sostenere la validità del licenziamento. Un dettaglio che lui e la moglie non hanno certo taciuto alla loro guida spirituale, un pastore con il quale si sono consultati prima di scrivere la lettera delle dimissioni che dava a Melissa un mese di tempo per impacchettare le sue cose e sparire.
«Io sono una ragazza come tante, una madre come tante», dice Melissa sconcertata dalla decisione della Corte, la prima del genere in Iowa. Il suo avvocato, Paige Fiedler, parla invece del cattivo «messaggio» che si evince da questa storia: «È come se i giudici (in questo caso tutti uomini, ndr ) dicessero alle donne dell'Iowa: non pensiamo che gli uomini possano essere responsabili dei loro desideri sessuali, sono le donne dell'Iowa a dover controllare gli impulsi sessuali dei loro capi. E se i capi si lasciano sfuggire di mano la situazione le donne possono essere licenziate legalmente».

1 commento:

  1. GIACOMO ZUCCO

    Dipende da stato a stato. In 19 stati il licenziamento è ancora "libero", nel senso che é semplicemente equivalente a rescindere unilateralmente un contratto fornitore/cliente, con tutti i limiti del caso (eventuali indennizzi, periodi di vincolo, ecc.)...quindi in realtà non é affatto "selvaggio": tutto dipende dalle clausole contrattuali, come é giusto che sia. Ma tutti gli USA, da molti decenni, la libertà contrattuale é sotto attacco: diversi stati hanno adottato intromissioni statali di stampo europeo, secondo la filosofia tipicamente vecchio-mondo del "dipendente minorato mentale da tutelare da sè stesso". Lo stesso fatto che, anche in Iowa, la questione sia arrivata in tribunale, per quanto poi senza conseguenze, é indice del fatto che la "terra dei liberi" é molto social-sindacalizzata da parecchi anni, e lo é sempre di più. Ottimo il tuo commento, come sempre, comunque!

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