850.000 euro di risarcimento per dei figli non correttamente educati.....E' la decisione del Tribunale di Genova, che ovviamente sarà appellata e poi la cosa finirà in Cassazione .
La storia la potete leggere per esteso nell'articolo di Paolo Di Stefano, sulla Rubrica la 27 Ora del Corriere della Sera. In sintesi, fratello e sorella, lei si rivelerà una squilibrata, lui un succube della prima, aggrediscono a coltellate un amico della band musicale. Lei 19enne, si salva da pene più severe perché appunto riconosciuta semi inferma mentalmente, l'altro è minorenne e al posto del carcere ottiene la "messa in prova" in una comunità minorile. Ma se i giovani se la cavano tutto sommato bene ( il reato è tentato omicidio premeditato...), malissimo va ai genitori dei due ritenuti responsabili ai fini del risarcimento del danno per la lacuna nel controllo e nell'educazione....
Io temo che qui ci sia un corto circuito e che il motto che a me sembrava demenziale dei periti parafangari frequentati ad inizio carriera (per fortuna ho smesso presto), sia diventato principio giurisprudenziale. Si traduce nel romanesco "er danno c'è"....e quindi ad esso deve corrispondere un lauto risarcimento.
Un tempo si poteva obiettare che tra l'evento dannoso e il fatto che qualcuno ne rispondesse, bisognava stabilire uno stringente nesso di causalità tra le due cose. Ora mi sembra che , senza confessarlo apertamente - in astratto è ancora come ricordavo io, si stia scivolando verso un concetto di risarcibilità assai più ampio. In questo anche le sentenze recenti di Ustica e di Nassirya mi sembrano andare in questa direzione, ma ne parleremo a parte.
Mi pare di tutta evidenza che a questo punto il prossimo passo di uno Stato siffatto debba essere obbligatoria la polizza di responsabilità civile per la detenzione di figli minorenni. E deve essere bella consistente...Perché i reati commessi dai minori sono tanti, e se veramente dal fatto si può risalire , di per sé, alla prova della colpa di una cattiva educazione, capite bene che la cosa apre prospettive allettanti per gli avvocati e disastrose per le famiglie.
Però, da difensore, mi viene in mente la chiamata di co-responsabilità quanto meno....Possibile che in una società come la nostra, dove i bambini molto presto escono dalla sfera d'influenza dei soli genitori, e hanno strumenti come tv, internet, cellulari spaziali, che consentono un contatto con il mondo esterno precoce e non controllabile, i genitori siano poi i SOLI responsabili ? Difficile sostenerlo. E poi la scuola ? Gli altri compagni, il gruppo, la banda...?
Badate, io sono uno che critica aspramente i genitori post 68, gli "amici" dei figli, quelli che a scuola li difendono se vanno male, che la colpa è degli insegnanti, degli altri amici, e principalmente, se separati, dell'altro genitore. Però, al di là della diffusa demenza di tanti, la questione dell'influenza dell'ambiente e della società è dirimente. Specie poi se , come in questo caso, parliamo di ragazzi grandini...
Non so, il padre di Erika - l'assassina di madre e fratello di Novi Ligure - poteva fare causa a Omar, il fidanzato complice ? Oppure i genitori di Omar, a lui , Francesco De Nardo, perché la figlia aveva traviato il povero fragile figliolo ? E i genitori di Susanna Cassini ? la madre di Erika, potevano fare causa al genero per il fatto che la nipote aveva ucciso la loro figlia ?
Naturalmente può essere che la sentenza, nel determinare la responsabilità dei genitori di questi due fratelli, abbia approfondito l'anamnesi familiare, e illustrato nel caso concreto perché questi genitori debbano ritenersi colpevoli, non affermando ciecamente l'astratto principio di responsabilità oggettiva, che è sì prevista dall'art. 2048 del codice civile, ma che francamente , dall'adolescenza in poi, è di utopistica attuazione.
La conclusione è : assicuratevi, che vi portano via la casa.
Buona Lettura
Le colpe dei figli sui genitori:
la maleducazione alla sbarra
Tags: storie
Non riuscire a educare i propri figli è una colpa quantificabile in centinaia di migliaia di euro. Specie se la mancata educazione, la lacuna nel controllo e la disattenzione nella crescita producono danni ad altre persone. Su questo principio, il Tribunale di Genova ha emesso una sentenza destinata a far discutere.
I fatti risalgono alla fine del 2008. I «Soul Cry», una giovane band appena nata, si ritrova ogni sabato sera al Red House di Genova per suonare. Cristina Balzano è la leader dark, ha 19 anni e canta, ha composto una canzone intitolata «I miss you» e dedicata a un ragazzo, travolto da un’auto. Suo fratello Andrea, sedicenne, è il bassista del gruppo. C’è poi un amico, coetaneo di Andrea, che si chiama Alessandro D. e suona la chitarra. A Cristina non piace, ci sono continui battibecchi, lei gli rimprovera di non seguire il ritmo, di stravolgerle la composizione, gli urla spesso «Fai schifo, smetti di suonare!». Andrea e Alessandro si frequentano, si ritrovano nelle rispettive case, ma non si tratta di un’amicizia pacifica, perché Andrea lo accusa di importunare la sorella.
Il nesso tra tutto ciò e i fatti che seguono resta misterioso.
Mettendoci pure i litigi banali, non si riesce a capire perché, la sera del 6 dicembre, finite le prove, i due fratelli tengano nella borsa un coltello da cucina al preciso scopo di colpire Alessandro. I tre abitano nello stesso isolato, a Sestri Ponente. Si avviano insieme verso casa quando, inoltrandosi in una stradina buia, vico Sottoripa, Cristina e Andrea aprono la borsa, tirano fuori il coltello e aggrediscono il ragazzo con una quarantina di colpi sferrati in collaborazione, un po’ lui, un po’ lei.
Alessandro sulle prime riesce ad alzarsi, ma si accascia poco più in là, ferito alla schiena, alla testa, a un polmone, alla spalla, al braccio sinistro. Fratello e sorella non hanno neanche provato a scappare, sono rimasti lì, fermi, sotto un lampione fioco, con il coltello in mano e alla polizia diranno una frase assurda: «Alessandro ha tentato di suicidarsi».
La vittima si salva per miracolo dopo molti interventi chirurgici, ma porterà per sempre i segni di quella serata, soprattutto nel braccio e nella mano sinistra, che hanno perso la mobilità. I due fratelli verranno accusati di tentato omicidio premeditato. Cristina è condannata in appello a soli sei anni grazie alla seminfermità mentale riconosciuta dalle perizie. Andrea ottiene la «messa in prova» in una comunità minorile.
Ai disturbi della giovane «vocalist» avrà contribuito la frequentazione di ambienti esoterici e di imprecisate sette sataniche. Una fotografia scattata in occasione di una festa di Halloween, la ritrae con un decolleté nuziale bianco e una coroncina di fiori in testa, gli occhi spiritati e cerchiati di nero. Ma avranno anche contribuito, probabilmente, le molestie subite nel 2006, nei pressi della stazione di Brignole, da Luca Delfino, il maniaco di Sanremo che avrebbe ucciso l’ex fidanzata.
«Doverlo aiutare a spezzare il pane e a tagliare una bistecca, vedere la sua testa piena di buchi e i capelli che non crescono più, seguirlo per la fisioterapia e accompagnarlo dallo psicologo: è uno strazio per un genitore», dice Giuseppe D., il papà di Alessandro, che lavora in una falegnameria di Genova. Fatto sta che il Tribunale di Genova ha accolto la richiesta di risarcimento per un totale di 822 mila euro. Dovranno pagarli i coniugi Raffaele Balzano e Rosina Puliatti: il sequestro della loro casa fu disposto quasi subito, ma non basta e per una famiglia di operai si tratta di una cifra inarrivabile.
Certo, ci sono i danni materiali, ma c’è anche altro: la responsabilità educativa dei genitori, specie in riferimento al minore, Andrea. Non è stato sufficiente dimostrare che il ragazzo non aveva problemi sociali, che a scuola otteneva risultati accettabili e che aveva un comportamento «normale»: passava il suo tempo in casa a suonare o davanti al computer a spassarsela con i videogame. Come si spiega la cieca sottomissione alla sorella? E l’odio ingiustificato nei confronti dell’amico, e le fantasie ossessive? E l’ansia ricorrente che Alessandro volesse importunare la sorella («cercava sempre di toccarla»)? Per i giudici c’è una sola ragione:
«L’evidente carenza o inefficacia di un’educazione al rispetto dell’altro e all’attenzione e ai desideri altrui».
La «grave immaturità sul piano cognitivo e sul piano affettivo», la personalità «disarmonica con tratti narcisistici, antisociali, istrionici»? Tutto a carico della famiglia.
Insomma, nel risarcimento non sono comprese soltanto la parziale compromissione (economica ed emotiva) del futuro e le conseguenze per la famiglia. La sentenza insiste sulle «oggettive carenze nell’attività educativa e/o quanto meno nell’attento monitoraggio in assenza di palesi deficit di maturità nello sviluppo». Addebita in toto all’incapacità della famiglia le «deviazioni» di Andrea. E gliela fa pagare (cara). Ora, la responsabilità dei genitori, nella crescita dei figli, è fuori discussione. Ma un’accusa tanto unilaterale, come se non esistessero intorno una società, un ambiente, una cultura, una diffusa normalità alterata, è semplicemente ingiusta.
A due anni, a cinque, a sette ci sono (quasi) solo mamma e papà, ma a sedici, nel 2013, c’è già il mondo. Questo mondo, che anche i giudici, anche senza aver letto Bauman, dovrebbero conoscere.
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