giovedì 31 gennaio 2013

IN 10 ANNI 50.000 UNIVERSITARI IN MENO...UNA BUONA NOTIZIA NO ?


Leggo che all'università ci sono 50.000 studenti di meno, praticamente come se un ateneo fosse sparito nel nulla, e anche i docenti sono in calo del 22%.
So di dire una cosa scorretta ma non mi suona come una brutta notizia, specie se letta nello stesso giorno in cui in un altro articolo, di Gian Antonio Stella,trovo  cose di questo tipo :
"  Affidereste vostro figlio a un aspirante docente di francese che dovendo mettere a segno almeno 42 risposte corrette su 60 ne ha indovinate soltanto 32 nonostante 21 fossero state «regalate» dal ministero per evitare migliaia di ricorsi su quesiti pasticciati o sballati? E a un professore di biologia che, a parte 25 quiz «abbuonati» (un delirio) ne ha risolti 10, cioè uno su sei?"
Ammettiamo che quegli insegnanti marchiati come somari avessero accatastato anni e anni di supplenze e di precariato, vi potreste fidare solo della loro accumulazione di ore passate in cattedra?
.......  e che molti precari storici possono essere eccellenti ma «il valore intrinseco dell’esperienza acquisita», quando non è stato mai sondato né certificato, «in linea di principio non può essere dato per scontato».
 E conclude 
Del resto, «chi mai ha visto licenziare un docente palesemente incompetente?». E più ti inoltri in questo alluvionale tormentone di lettere e risposte, accuse e contro accuse, ansie e rabbie, lacrime e invettive, più ti senti sperduto in un’intricatissima foresta in cui ancora una volta è stata smarrita la strada che porta a quel «merito, merito, merito» di cui tutti si riempiono la bocca. E in cui i diritti fondamentali da difendere sembrano comunque essere ancora quelli dei professori e solo dopo (molto dopo) quelli degli studenti.
Ora, se le cose stanno così, E STANNO COSì, perché mai la diminuzione dei docenti o anche degli studenti è un dato negativo di per sé ? In Italia abbiamo bisogno di risparmiare e quindi destinare meglio le risorse, e un modo è diminuire la quantità per aumentare la qualità.
Non è che i pezzi di carta contino perché tali, come ormai credo sia patrimonio di tutti.
Giovanni Sartori, non un liberista, ha scritto più volte della necessità del  rilancio delle scuole professionali che preparino subito per un lavoro, e delle università usate come parcheggi per i futuri disoccupati si parlava già negli anni 70, figuriamoci ora in tempo di disoccupazione record e lavori instabili e irregolari.
Se si vuole che quella laurea serva veramente, anche e soprattutto come ascensore sociale, è bene che quei numeri non siano inutilmente alti. E quindi il Corriere non vesta il lutto nel darli.
Ecco l'articolo del Corriere On Line





LA DENUNCIA DEL CUN (CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE)

La grande fuga dalle università
«In 10 anni scomparso un ateneo»

Gli immatricolati sono scesi da 338.482 (2003-2004) a 280.144 (2011-2012). Giù anche il numero dei professori

(Fotogramma)(Fotogramma)
Iscritti, laureati, dottorati, docenti, fondi, tutte «voci» con il segno meno: l'università italiana è in grande affanno. Lo denuncia il Cun (Consiglio universitario nazionale) in un documento rivolto all'attuale Governo e Parlamento, alle forze politiche impegnate nella competizione elettorale, «ma soprattutto a tutto il Paese». Il documento (Dichiarazione per l'università e la ricerca, le emergenze del sistema) sottolinea che dal 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) è sceso del 5% ogni anno.

ISCRITTI, COME FOSSE SCOMPARSO UN ATENEO - In dieci anni gli immatricolati sono scesi da 338.482 (2003-2004) a 280.144 (2011-2012), con un calo di 58.000 studenti (-17%). Come se in un decennio - quantifica il Cun - fosse scomparso un ateneo come la Statale di Milano. Il calo delle immatricolazioni riguarda tutto il territorio e la gran parte degli atenei. Ai 19enni, il cui numero è rimasto stabile negli ultimi 5 anni, la laurea interessa sempre meno: le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni: dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011.
ABBANDONI SCOLASTICI - L'ufficio studi di Almalaurea accende i riflettori su un fenomeno, quello degli abbandoni scolastici, che potrebbe in parte spiegare i nuovi dati: «La selezione pre-università è talmente forte che oggi si iscrivono a una facoltà 29 diciannovenni su cento. Se consideriamo la popolazione che termina le scuole superiori, il calo è stato del 10%: dal 74% dei primi anni del 2000 si è passati al 64%.
PER NUMERO LAUREATI LONTANI DA EUROPA - Quanto a laureati, l'Italia è largamente al di sotto della media Ocse: 34esimo posto su 36 Paesi. Solo il 19% dei 30-34enni ha una laurea, contro una media europea del 30%. Il 33,6% degli iscritti, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.
BORSE STUDIO, UNA NOTA DOLENTE - Il numero dei laureati nel nostro Paese è destinato a calare ancora anche perchè, negli ultimi 3 anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio è stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l'84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%.
CURA DIMAGRANTE PER OFFERTA FORMATIVA - In sei anni sono stati eliminati 1.195 corsi di laurea. Quest'anno sono scomparsi 84 corsi triennali e 28 corsi specialistici/magistrali. Se questa riduzione è stata inizialmente dovuta ad azioni di razionalizzazione, ora dipende invece in larghissima misura - si fa notare - alla pesante riduzione del personale docente.
DOTTORATI AL LUMICINO - Rispetto alla media Ue, in Italia abbiamo 6.000 dottorandi in meno che si iscrivono ai corsi di dottorato. L'attuazione della riforma del dottorato di ricerca prevista dalla riforma Gelmini è ancora al palo e il 50% dei laureati segue i corsi di dottorato senza borsa di studio.

EMORRAGIA DI PROFESSORI - In soli sei anni (2006-2012) il numero dei docenti si è ridotto del 22%. Nei prossimi 3 anni si prevede un ulteriore calo. Contro una media Ocse di 15,5 studenti per docente, in Italia la media è di 18,7. Pur considerando il calo di immatricolazioni, il rapporto docenti/studenti è destinato a divaricarsi ancora per una continua emorragia di professori che non vengono più assunti. Il calo è anche dovuto alla forte limitazione imposta ai contratti di insegnamento che ciascun ateneo può stipulare.
SPESE SUPERANO I FONDI - Dal 2001 al 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), calcolato in termini reali aggiustati sull'inflazione, è rimasto quasi stabile, per poi scendere del 5% ogni anno, con un calo complessivo che per il 2013 si annuncia prossimo al 20%. Su queste basi e in assenza di un qualsiasi piano pluriennale di finanziamento moltissime università, a rischio di dissesto - osserva il Cun- non possono programmare nè didattica nè ricerca.
A RISCHIO ANCHE I LABORATORI - A forte rischio obsolescenza poi le attrezzature dei laboratori per la decurtazione dei fondi: anche i finanziamenti Prin, cioè i fondi destinati alla ricerca libera di base per le università e il Cnr, subiscono tagli costanti: si è passati da una media di 50 milioni all'anno ai 13 milioni per il 2012. Infatti dai 100 milioni assegnati nel 2008-2009 a progetti biennali si è passati a 170 milioni per il biennio 2010-2011 ma per progetti triennali, per giungere a meno di 40 milioni nel 2012, sempre per progetti triennali.


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