lunedì 28 gennaio 2013

USTICA : CASSAZIONE CHE VAI, MISSILE CHE TROVI


Dopo essermi fatto una cultura sulla scienza della probabilità se e come applicabile al processo, ecco che la Corte di Cassazione pronuncia, in sede Civile, la parola definitiva sul caso di Ustica : si trattò di un missile e quindi lo Stato Italiano deve risarcire le vittime non avendo garantito la sicurezza dei cieli nazionali.
Sarà importante leggere la sentenza perché su una questione così delicata fare polemiche e congetture francamente lo trovo biasimevole.
Pongo solo delle domande la cui risposta magari troverò leggendo la decisione per esteso, e non le estrapolazioni giornalistiche.
1) Ci sono sentenze , altrettanto definitive che non hanno aderito a questa tesi del Missile. In quel caso si trattava dei processi penali, che infatti sono finiti con delle assoluzioni. Come è stata affrontata e superata la questione del contrasto tra le decisioni ?
2) Gli alti Ufficiali e gli esponenti istituzionali implicati in quei processi sono stati assolti. Lo Stato Italiano viene condannato perché deve garantire la sicurezza del suolo nazionale. Immagino lo faccia attraverso degli uomini...
3) Suppongo che il principio di tutela venga meno in caso di stato di guerra....ma nei casi di attentato terroristico lo Stato risponde ? Perché le compagnie di assicurazione no.
A carte non lette, mi viene in mente quanto sottolineato utilmente nel  Convegno a cui ho partecipato proprio sabato scorso, organizzato dalla Camera Penale di Roma , e a cui accennavo all'inizio. Nel processo civile, rispetto al più rigoroso penale, il principio che governa la prova, la valutazione del suo raggiungimento, è "più probabile che non". Ma anche qui, ricordavano i giuristi intervenuti, non può venire meno la valutazione della "ragionevolezza".
Insomma, criteri di valutazione complessa, giuridica, non propriamente adatti alle disquisizione da bar.
L'articolo di cronaca è tratto dal Corriere on Line
Buona Lettura





LA PRIMA VERITÀ NEL PROCESSO CIVILE

Ustica, lo Stato risarcirà le famiglie delle vittime

La Cassazione: «Non è stata garantita la sicurezza dei cieli»

La strage di Ustica avvenne a causa di un missile e non di una esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo, e lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Lo sottolinea la Cassazione in sede civile nella prima sentenza definitiva di condanna al risarcimento. È la prima verità su Ustica dopo il niente di fatto dei processi penali.
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LA STRAGE - Il 27 giugno 1980, l'aereo dell'Itavia Douglas DC-9, decollato dall'Aeroporto di Bologna e diretto a Palermo si squarciò in volo all'improvviso e scomparve in mare. Dopo oltre trent'anni di inchieste, molti aspetti di questo disastro, tra i quali le cause stesse, non sono ancora stati chiariti. I procedimenti giudiziari per alto tradimento intentati contro alcuni vertici militari italiani che avrebbero ostacolato le indagini si sono conclusi con la completa assoluzione degli imputati. Il procedimento civile, giunto a conclusione con la sentenza della Cassazione, ha avuto invece vita a sé. E in questa sede è prevalsa la tesi del missile.
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LA MOTIVAZIONE - Per la Cassazione, è difficile motivare se non con un missile l'abbattimento del Dc9, anzi la teoria «è abbondantemente e congruamente motivata». La sentenza 1871, depositata dalla Terza sezione civile della Suprema Corte, respinge i ricorsi con i quali il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti volevano mettere in discussione il diritto al risarcimento dei familiari di tre vittime della strage, i primi a rivolgersi al giudice civile, seguiti - dopo - da quasi tutti gli altri parenti dei passeggeri del tragico volo. Senza successo i ministeri, difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, hanno per prima cosa tentato di dire che il disastro aereo si era ormai prescritto e poi che non si poteva loro imputare «l'omissione di condotte doverose in difetto di prova circa l'effettivo svolgimento dell'evento».
LA REPLICA - La Cassazione ha replicato che «è pacifico l'obbligo delle amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli». Tesi avvalorate dalla Corte di Appello di Palermo nel primo verdetto sui risarcimenti ai familiari delle vittime depositato il 14 giugno 2010. Quanto alla prescrizione, il motivo è stato giudicato «infondato». Ad avviso della Suprema Corte, l'evento stesso dell'avvenuta vicenda della strage di Ustica «dimostra la violazione della norma cautelare». I supremi giudici sottolineano che non «è in dubbio che le Amministrazioni avessero l'obbligo di garantire la sicurezza dei voli». La Suprema Corte, dopo aver rigettato i ricorsi della Difesa e dei Trasporti, ha invece accolto il reclamo dei familiari delle tre vittime rinviando alla Corte di Appello di Palermo per valutare se possa essere concesso un risarcimento più elevato rispetto al milione e 240mila euro complessivamente liquidato ai familiari.
LE PISTE - Le piste investigative sulla strage di Ustica negli anni si sono suddivise principalmente fra l'ipotesi di un coinvolgimento internazionale (in particolare francese, libico e statunitense), di un cedimento strutturale o di un attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo), supponendo l'esistenza di un collegamento con la strage di Bologna, avvenuta soltanto 35 giorni dopo, e dal cui aeroporto era decollato l'aereo dell'Itavia. Nel 2007 l'ex-presidente della Repubblica Cossiga, all'epoca della strage presidente del Consiglio, ha attribuito la responsabilità del disastro a un missile francese «a risonanza e non ad impatto» destinato ad abbattere l'aereo su cui sarebbe trovato il dittatore libico Gheddafi. Una ricostruzione fatta propria dai giudici di Palermo, di primo e secondo grado. E quindi dalla Cassazione.

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