Come spesso mi accade,
leggendo Gramellini trovo cose sensate mischiate al suo obiettivo, che in
genere è dimostrare che la parte per cui lui simpatizza è quella giusta…
Quindi ancora non ho capito
se nel citare parole come MERITO, e personaggi politici illustri e non di
sinistra dome Cavour e De Gasperi sia sincero o capzioso. Però, espresso il
dubbio, del tutto personale, l’articolo esprime valutazioni condivisibili.
Sul movimento dei grillini,
(mi) pongo una domanda : quanti voti avrebbero senza Grillo ? Vale a dire un
Leader che ha la sua capacità mediatica ?
“Le virtù del buon politico” di Massimo Gramellini da La Stampa del 2 marzo 2013
Ma vorrei sommessamente
segnalare che essere professionisti della politica non è una vergogna né una
colpa. E’ colpevole, e vergognoso, essere dei professionisti della politica
ladri e incapaci.
In questi ultimi decenni ne
abbiamo avuti un’infinità e la stampa porta il merito ma anche la responsabilità
di averli resi popolari, preferendo esibire i fenomeni acchiappa audience
piuttosto che il lavoro serio ma noioso di tanti membri delle commissioni
parlamentari.
Dando agli elettori la
percezione che tutti i politici fossero uguali a Fiorito o a Scilipoti e che
chiunque potesse fare meglio di loro. Non è così. Il «chiunquismo» è una
malattia anche peggiore del qualunquismo e porta le società
all’autodistruzione. Questa idea che tutti possono fare politica, scrivere
articoli di giornale, gestire un’azienda o allenare una squadra di calcio è una
battuta da bar che purtroppo è uscita dai bar per invaderci la vita e
devastarcela.
A furia di vedere buffoni e
mediocri nelle foto di gruppo della classe dirigente, ma soprattutto di vedere
ovunque umiliata la meritocrazia a vantaggio della raccomandazione, siamo
sprofondati in un’abulia che ci ha indotti ad accettare senza battere ciglio
ogni sopruso e ogni abuso antidemocratico (a cominciare dai partiti padronali e
da una oscura rockstar del capitalismo come presidente del Consiglio). E ora
che ci siamo svegliati, per reazione vorremmo buttare tutto all’aria, convinti
che per fare politica bastino un ideale e una fedina penale intonsa. Non è
vero. Gli ideali e l’onestà sono la base per distinguere i buoni leader dai
cialtroni che ci hanno ridotto in questo stato. Ma la politica è anche un
mestiere con regole precise: l’attitudine all’ascolto, la conoscenza della
materia trattata e delle procedure legislative, la capacità di giungere a una
sintesi che in democrazia è quasi sempre un compromesso tra diversi egoismi,
come ben sa chiunque abbia frequentato un’assemblea di condominio. Era così ai
tempi di Pericle e delle lavagnette di creta. Lo rimarrà nell’era di Grillo e
del web, con buona pace di chi pensa che la democrazia diretta possa abolire il
filtro della rappresentanza. I rimpianti Cavour e De Gasperi non erano
dilettanti o improvvisatori. Erano politici di professione, come lo è oggi un
Obama.
Il fatto che queste ovvietà
suonino eretiche testimonia l’abisso di confusione in cui ci dibattiamo. La
politica, se fatta bene, è una cosa dannatamente difficile e seria, specie in
giorni come quelli che ci attendono, quando si tratterà di rimettere in piedi
un Paese economicamente e moralmente allo stremo. Da cittadino di una
democrazia malata sarei più sereno se a occuparsi dell’infermo fossero persone
selezionate da un meccanismo che garantisse scelte autorevoli. E qui già vedo
un ghigno profilarsi sul volto di Grillo: i partiti sono morti, incapaci di
formare una classe dirigente. Ma allora bisogna immaginarne di nuovi,
diversamente strutturati. Di certo il futuro non può essere affidato a
miliardari e magistrati fai-da-te. Può anche darsi che la soluzione siano
movimenti di persone perbene agglomerati dal web come i Cinque Stelle, ma
dovranno risolvere l’intima contraddizione fra la trasparenza della base e
l’oscurità della catena di comando. A cosa serve accendere una webcam in
Parlamento se poi l’ufficio della Casaleggio & Associati, in cui si
scrivono le regole e si decide la strategia, rimane ostinatamente al buio?
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