L'ex ambasciatore Sergio Romano è, tra i commentatori del Corriere, quello che mi suscita più perplessità...ritengo che si appartenga entrambi alla famiglia Liberale, ma in lui non vedo il liberalismo più ortodosso, di ispirazione prevalentemente anglosassone (che caratterizza per esempio Ostellino), con invece una certa debolezza per un etico dirigismo statale. Ovviamente senza alcuna deriva comunista, che essere stato tanti anni a Mosca ai tempo dell'URSS lo ha ampiamente vaccinato, però il modello di tra USA e GB, o di Germania e Francia, il "nostro" predilige il secondo.
E sarei pronto a scommettere che alle ultime elezioni abbia votato Monti, di cui è stato sempre un convinto sostenitore.
A dire il vero nel novembre del 2011 erano in tanti, e anche io avevo tanti amici di centro destra che guardavano a Super Mario come all'unica salvezza per l'Italia.
Il Corriere della Sera in genere, con forse la sola eccezione del citato Ostellino, si schierò compatto dietro al Professore bocconiano, nella speranza che i tecnici sarebbero riusciti laddove avevano fallito i politici.
Poi, gradualmente, iniziarono le prime delusioni e le prime pacate, garbatissime critiche da Alesina e Giavazzi, bocconiani pure loro, che rivelarono, tra l'altro, quanto potesse essere permaloso il nuovo Premier.
Mano mano che il tempo passava, le delusioni sono aumentate, e alla fine dell'anno di esperienza governativa sono pochi quelli che ritengono attivo il bilancio di Monti.
Tra questi però c'è Sergio Romano, che ad un lettore critico risponde come potete leggere di seguito :
IL RAPIDO MUTAMENTO DEI GIUDIZI SUL GOVERNO MONTI
Se consideriamo le leggi Fornero (pensioni e lavoro), i provvedimenti relativi all’assistenza sanitaria (tagli compresi), non parlando dell’iniquità e del rigore con conseguenze devastanti per gli italiani, in più chiudiamo (per il momento) con la vicenda dei due marò che è senz’altro vergognosa e avvilente, che voto meriterebbe il governo dei professori-tecnici?
Pietro Condò SalernoEsiste una forma di miopia contagiosa che affligge una grande parte della opinione pubblica. Quasi tutti ricordano quello che è accaduto negli scorsi mesi, pochi quello che è accaduto un anno o due anni fa. Il fenomeno è particolarmente evidente quando concerne i leader e i partiti politici. Al governo Monti imputiamo le condizioni economiche del Paese quali risultano dagli ultimi dati dell’Ufficio di statistica, ma dimentichiamo quale fosse lo stato dell’Italia nel novembre del 2011 allorché il divario fra i tassi d’interesse delle obbligazioni italiane e tedesche era il doppio dell’attuale. Ricordiamo il problema degli esodati, ma non il coraggio con cui il governo riuscì finalmente a varare una legge sulle pensioni che nessun ministero con la testa sulle spalle rimetterà in discussione. Ricordiamo che la riforma delle Province non ha dato alcun risultato, ma dimentichiamo che i rimproveri mossi al governo vengono molto spesso da chi ha fatto del suo meglio per affondarla. Siamo tutti certi che l’indagine sulla spesa pubblica (spending review) sia stata un fallimento, ma vorrei, prima di esserne certo, leggere un rapporto di Enrico Bondi dopo la fine della sua missione. Abbiamo dimenticato che le riforme del governo furono approvate dai due maggiori partiti del Paese con 55 voti di fiducia, che la legge di stabilità (come ha detto Renato Brunetta a La Stampa del 25 marzo) fu scritta da esponenti economici del Pdl e del Pd, che entrambi concorsero alla riforma dell’art. 81 della Costituzione (pareggio di bilancio). È davvero impossibile criticare lo stile di Mario Monti negli scorsi mesi senza ricordare ciò che pensavamo della sua persona e del suo governo fino all’estate dell’anno scorso? Ricordiamo la gaffe dei marò, ma dimentichiamo la soddisfazione con cui tutti constatammo che il governo Monti aveva considerevolmente rialzato il credito internazionale dell’Italia. Non ci piacciono i tanti cambiamenti di casacca dei nostri politici, ma ho l’impressione che la società italiana non sia meno volubile di coloro che la rappresentano. La rapidità con cui il Paese passa dalle troppe lodi alle troppe critiche è un vecchio vizio nazionale che dovremmo cercare di correggere. Azzardo, caro Condò, una previsione. Il nuovo governo, quando sarà stato costituito, non butterà via quasi niente di ciò che è stato fatto dal governo Monti e riaprirà le pratiche incompiute al punto in cui erano state chiuse.
Bene, io credo che il miope, o semplicemente fedele partigiano, stavolta sia l'ambasciatore.
Non che non siano vere le critiche che muove ai partiti, e quindi che la mediocrità finale del governo di Monti vada ricercata nei paletti che di volta in volta venivano posti dai due partiti pilastri della maggioranza (PDL e PD ). Però questo è un'alibi, o una giustificazione, che anche gli altri leader hanno avanzato, dicendosi di volta in volta prigionieri di qualche parte delle forze politiche che ricattavano l'esecutivo, impedendogli di operare secondo programmi e intenzioni...
Dunque ?
Quanto ai meriti di aver salvato la barca che affondava....a me sembra evidente che qualunque persona non politica e dal curriculum dignitoso il Presidente Napolitano avesse messo al posto di Monti, per fare i compiti che l'Europa ci chiedeva, sarebbe andata allo stesso modo. E lo spread lo ha domato Draghi, non Monti. Dei Marò non voglio nemmeno parlare...
Non ho antipatia per il prossimo ex Presidente del Consiglio (nemmeno simpatia). Credo sia stato e si sia sopravvalutato.
E in questi due mesi abbia avuto un brusco e amaro risveglio.
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