lunedì 22 aprile 2013

IL PRESIDENTE RINGRAZIA MA METTE TUTTI IN RIGA. FINITA LA RICREAZIONE


Il Presidente parla chiaro e mette in riga i partiti che lo hanno supplicato di rimanere al Colle.
Niente più chiacchiere a vuoto, con le consultazioni stile Bersani (veramente incredibile cosa riuscì a fare....Saviano, quelli dell'ambiente, i sindacati...chi non ascoltò per guadagnare tempo e arrivare ad eleggere un presidente "amico"...) . Niente più "il nostro elettorato non capirebbe".
Avete fatto le elezioni ? Non è uscita una maggioranza autonoma ? Bene, anzi male, non resta, in questa situazione di crisi emergenziale che vi alleiate tra partiti maggiori, decidiate un programma essenziale comune che serva al Paese, e poi semmai si tornerà al voto, e stavolta vedete se riuscite a farla questa nuova legge elettorale.
Quello che più mi ha dato soddisfazione è il riferimento esplicito al vizio più grave della legge  attuale, che NON è la mancanza delle preferenze (anche, ma è un minus ), bensì un premio di maggioranza scollegato dal consenso effettivo ottenuto. Tanta gente, oggi nel PD, ma sarebbe lo stesso se ci fosse il PDL al suo posto, pensa che il guaio del Porcellum non sia che col 20% del voto degli italiani aventi diritto ti prendi il 51% dei seggi (succede oggi alla Camera, Bersani se lo ricordava il perché erano "così tanti" stavolta ? ) bensì che questo sistema al Senato funzionasse su base regionale anziché nazionale . Per inciso, e per i corti di memoria, questa differenza non la volle Calderoli ma CIAMPI , che pensò bene di annacquare un sistema che vedeva troppo sbilanciato a favore della governabilità (che è valore importante ma non unico) a prescindere da un adeguato consenso popolare.
Ecco, magari adesso che i partiti hanno visto che con questo sistema anche un esaltato come Grillo potrebbe, con un quinto dei voti, prendere il governo, ce la fanno a fare una legge più seria, che stabilisca il raggiungimento di una soglia minima di consenso. Bersani strillò come un'aquila alla proposta, approvata da una parte del Parlamento, di un 45% per far scattare il premio, sapendo che MAI quell'asticella sarebbe stata alla sua portata.
Lui, che viene da un partito che mobilitò il paese contro la legge truffa che prevedeva il premio al raggiungimento del 50%+1 dei voti !!.
Mettiamo anche che il 45% sia troppo, ma almeno il 40% lo devi raggiungere.
Se no sei come Grillo, che con il voto di un italiano su 5 (che è tanto , per carità), parla a nome di tutti gli italiani.
Un comico, appunto.
Ecco l'articolo del Corsera sul discorso del Presidente al Parlamento





CERIMONIA A MONTECITORIO

Napolitano giura, si commuove e sferza i partiti
«Intese non sono orrore, subito il governo»

In mattinata le dimissioni, poi il discorso. Bacchettata ai partiti: «Forze politiche sterili, non autoassolvetevi»

In lacrime forse no, ma fortemente commosso sì. Èiniziato lunedì con il giuramento e con un lungo discorso alle Camere, riunite in seduta congiunta a Montecitorio, il nuovo settennato al Quirinale di Giorgio Napolitano. Una cerimonia «sobria» (la storica Lancia Flaminia 355, in uso già negli anni Sessanta, è restata nel garage del Colle) per una rielezione che «sottopone a seria prova le mie forze», ammette subito il capo dello Stato. Lui però c'è («e resterò in carica finché sarà necessario e avrò forze», promette). Ringrazia, si commuove e sferza i partiti. Il Parlamento lo applaude tante (trenta) volte, da destra e da sinistra. Solo i grillini rimangono a braccia conserte. Del resto l'avevano annunciato: niente applausi, solo «contegno istituzionale» e comportamento «istituzionale ed ineccepibile».
INCARICO NON PREVISTO - Rieletto presidente della Repubblica a 87 anni, Napolitano non lo nasconde: «Non prevedevo di tornare in quest'aula», dice, ricordando come già a dicembre avesse spiegato come «la non rielezione» fosse «l'alternativa migliore». Rimane però la convinzione dell'«esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell'incarico di Capo dello Stato».
Napolitano, giuramento bis: fermezza e commozioneNapolitano, giuramento bis: fermezza e commozione    Napolitano, giuramento bis: fermezza e commozione    Napolitano, giuramento bis: fermezza e commozione    Napolitano, giuramento bis: fermezza e commozione    Napolitano, giuramento bis: fermezza e commozione
BACCHETTATA AI PARTITI - Dopo i ringraziamenti a chi ha voluto accordagli la fiducia (in modo particolare «tante e tanti nuovi eletti che appartengono a una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia»), arriva la bacchettata ai partiti. Perché alla richiesta di riforme e di rinnovamento, «non si sono date soluzioni soddisfacenti», spiega il capo dello Stato. Hanno finito invece per prevalere «contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi». Ecco «che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento». E a chi batte la mani (durante il discorso gli applausi sono stati in tutto 30), Napolitano ricorda di non lasciarsi andare ad «alcuna autoindulgenza»: «Non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell'amministrazione - spiega - ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme».
LEGGE ELETTORALE - Imperdonabile resta anche «la mancata riforma della legge elettorale», ricorda il presidente della Repubblica. Perché «la mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell'abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare». Insomma, una cosa è certa, avverte Napolitano: se dovesse trovarsi di nuovo di fronte a «sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato», lui non esisterà «a trarne le conseguenze dinanzi al Paese».
 Si alle Larghe Intese.Ricominciare si deve. Per fare questo «i risultati complessivi delle elezioni indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie per problemi di comune responsabilità istituzionale». Insomma sì alle larghe intese. Perché che «in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell'idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche».

  
SUL MOVIMENTO 5 STELLE - Nel suo lungo discorso Napolitano trova anche il tempo per un appello ai grillini: «La rete» offre inedite possibilità politiche, «ma non c'è partecipazione realmente democratica» senza il tramite di «partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all'imperativo costituzionale del "metodo democratico"». Insomma la strada da percorrere non è quella «avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento». Secondo il capo dello Stato però non può «reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti».

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