martedì 9 aprile 2013

LA VITTORIA DI MARINO CANDIDATO SINDACO A ROMA RIPROPONE IL PROBLEMA DELLE PRIMARIE


A Roma si sono tenute le primarie della sinistra per scegliere il candidato Sindaco alle prossime elezioni comunali. I tre candidati maggiori erano Gentiloni, Sassoli e Marino. Ha vinto nettamente quest'ultimo, definito il "più a sinistra". Anche Sassoli lo vedevo bello rosso, certamente il più liberal era Gentiloni, che infatti ha avuto un risultato mediocre. Continua quindi la tradizione delle primarie che da quando sono diventate vere, e non mera investitura popolare di quanto già stabilito nelle stanze che contano, vedono sempre prevalere il candidato più spostato a sinistra. E' inevitabile che sia così, per due motivi evidenti : 1) a votare per le primarie, specie amministrative, si mobilitano i più convinti, i militanti, mentre i simpatizzanti o ancora di più quelli che votano all'ultimo (magari finendo per decidere l'esito) se ne stanno a casa. A Roma hanno votato in 100.000 , rom compresi, vale a dire un 15% forse dei voti potenziali della sinistra. Di questo 15% Marino ne ha presi la metà. Quindi il candidato Sindaco è stato scelto dal 7,5% dell'elettorato....2) Tenuto conto che nello schieramento di centro sinistra, la seconda componente rappresenta mediamente almeno i due terzi, e che alle primarie partecipano tanti che non votano PD ma magari SEL, o Ingroia, come potrà mai spuntarla un candidato laburista, liberal, socialdemocratico ?
Questo accade anche quando il candidato più radicale è esterno al PD. Gli esempi ormai toccano la totalità dei casi importanti : Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli, Doria a Genova, Orlando a Palermo, per non parlare di Vendola in Puglia che per DUE volte ha sconfitto il candidato della segreteria PD.
Figuriamoci dunque quando la sfida è all'interno del partito.
Renzi, che è Renzi, cioè l'inventore dello slogan felice della "rottamazione", che ha avuto il seguito di parti importanti della società civile, del mondo intellettuale e imprenditoriale, che è guardato con favore dal centro elettorale (quello dove si vincono le elezioni dicono...), non è andato oltre il 40% contro Bersani. Certo, se si rifacessero, senza i paletti posti nell'ultima occasione e con una parte non maggioritaria ma significativa dell'apparato non più univocamente schierata con Bersani, la cosa potrebbe andare diversamente.
Resta però il nodo di fondo . La sinistra, quando ha vinto, ancorché sempre a stento, per superare il suo terzo di voti ha dovuto rivolgersi FUORI casa. Prodi, la Margherita, i popolari della ex DC...insomma gente e movimenti che rassicurassero quella parte di elettorato che non vuole votare le "estreme", e quindi non la destra ma tanto meno la sinistra.
Questo è. Ed è la ragione per cui alla fine i difensori del Porcellum più strenui sono diventati i bersaniani e i loro alleati, essendo l'UNICO sistema al mondo che può dare la maggioranza dei seggi anche prendendo meno del 30% dei voti !!! Il problema è la divisione, voluta da Ciampi, tra sistema elettorale di Camera e Senato....con il premio che  nel secondo caso non viene attribuito al vincitore nazionale ma a quello regionale...
TUTTI i sondaggi, di ieri e di oggi, dicono che Renzi è candidato vincente mentre Bersani aveva e ha  meno appeal. Convinti di farcela lo stesso, Bersani e la direzione da lui controllata hanno puntato a farsi bastare il 33-35% dei voti pronosticati, che in effetti sarebbero stati sufficienti ..alla peggio ci si alleava coi montiani, già pronti. E invece si è andati sotto al 30 , laddove Renzi era dato al 38-40 !! Ma soprattutto Renzi avrebbe precluso, al 90%, la ricandidatura di Berlusconi, che con Bersani se la gioca facile, ma teme il sindaco fiorentino che PESCA anche nell'ellettorato liberale e moderato del centro destra . Gli acerrimi alleati, Bersani e Berlusconi, hanno un nemico in comune, Renzi, e giocano di sponda contro di lui. Ma, dice l'ingenuo, il bene dell'Italia ?? Appunto, è ingenuo.
Ultima considerazione, prima di lasciarvi a quelle di Cazzullo : oggi il Italia c'è un tripolarismo....Un candidato come Marino difficilmente prenderà anche un solo voto dei moderati...Alemanno e il candidato grillino prenderanno a loro volta i voti dei rispettivi elettorati...Difficilmente Marino vincerà al primo turno. E al ballottaggio, se ci arriverà  il candidato 5MS, un bravo giovanotto alla Pizzarotti, senza infamia e senza lode, facilmente si prenderà i voti di gran parte del centrodestra che piuttosto che il candidato della sinistra....
Ricolfi ha previsto questo giochino in tante situazioni, dove a vincere non sarà più quello con maggiori consensi (inferiori però al 51%) ma colui che potrà contare sul voto "nemico" al suo competitor.
La prevalenza dei voti contro....che ci hanno portato dove siamo.
Vi lascio a Cazzullo..Buona Lettura




IL CASO

La vittoria di Marino
e il grande equivoco delle primarie

Da quando la scelta è diventata «vera» vince
sempre il candidato più a sinistra

Ignazio Marino, il candidato pd che ha appena vinto le primarie per la corsa al Campidoglio (Ansa)Ignazio Marino, il candidato pd che ha appena vinto le primarie per la corsa al Campidoglio (Ansa)
Non si vorrebbe mancare di rispetto al mitico «popolo delle primarie», sempre entusiasta e numeroso (anche se domenica a Roma meno del solito); ma si ha l'impressione che questo «popolo» non abbia compreso bene a cosa servono, le primarie.
In America, dove le hanno inventate, l'obiettivo non è scegliere il personaggio più simpatico, identitario, vicino alla sensibilità dei militanti, portatore della linea più dura, pura, radicale. L'obiettivo è scegliere il candidato che ha più chances di battere gli avversari. L'uomo in cui possono riconoscersi non tanto i «compagni», quanto la maggioranza dei concittadini o dei connazionali. Allo stesso modo si sono comportati i socialisti francesi, che in entrambe le occasioni in cui sono stati consultati per le presidenziali hanno scelto un esponente del centro del partito: prima la Royal, che prese un dignitoso 46,5%; poi Hollande, che sconfisse Sarkozy.
In Italia, all'inizio le primarie sono state il modo di confermare una decisione già presa dai partiti (Prodi, Veltroni). Poi la scelta è diventata «vera». Da allora, vince quasi sempre il candidato più a sinistra. Pisapia a Milano. Doria a Genova. Zedda a Cagliari. Lo stesso Bersani, due volte: contro Franceschini, e soprattutto contro Renzi. E' vero che i sindaci hanno tutti vinto, a volte rispettando la tradizione come a Genova, a volte ribaltandola come a Milano. Ma è noto che alle amministrative la sinistra ha gioco più facile rispetto alle politiche. Dopo il deludente risultato del 24 febbraio, è stato scritto che Renzi non si sarebbe certo fermato sotto il 30%. Ma questo era chiaro già al tempo delle primarie: non c'era un sondaggio che non indicasse in lui il candidato più competitivo. Ha prevalso il richiamo dell'identità (e anche dell'apparato).
Le primarie di Roma indicano che la lezione non è stata appresa. Non c'erano candidati di primo piano, è vero. C'era però un recordman delle preferenze come David Sassoli. E c'era soprattutto Paolo Gentiloni, l'unico ad avere un'esperienza nell'amministrazione della capitale e nel governo del Paese; ma nonostante l'appoggio di Renzi e di Veltroni ha avuto un risultato imbarazzante. I militanti romani hanno plebiscitato come d'abitudine il candidato più a sinistra, Ignazio Marino (dietro cui pure si intravede l'apparato, nella forma della macchina organizzativa di Goffredo Bettini). Marino è un personaggio per certi aspetti interessante: chirurgo prestato alla politica, all'avanguardia sui diritti civili. Magari potrà pure vincere (anche a Roma, come in quasi tutte le grandi città italiane, il centrosinistra ha una base di partenza più ampia del centrodestra). Restano alcune perplessità oggettive. Nato a Genova da madre svizzera e padre siciliano, un percorso professionale tra Cambridge, Pittsburgh, Filadelfia e Palermo, Marino non c'entra molto con la capitale. Potrà anche strappare qualche voto grillino; ma avrà parecchie difficoltà a intercettare moderati e cattolici.
Presto potrebbero essere convocate nuove primarie nazionali, in vista del voto anticipato. Siccome la sinistra viaggia con un'elezione di ritardo - nel 2006 fu schierato Prodi anziché Veltroni, mandato a perdere due anni dopo; nel 2013 è stato schierato Bersani anziché Renzi -, stavolta dovrebbe toccare al sindaco di Firenze. L'Italia non schierata lo aspetta, a torto o a ragione. Ma già spunta Fabrizio Barca, i cui meriti come ministro sfuggono ai più, ma che può vantare un impeccabile pedigree rosso (a cominciare dal padre, intellettuale di punta del Pci, direttore dell'Unità e di Rinascita); che non è un torto ma, agli occhi dell'ostinata maggioranza degli italiani, neppure un merito. Se ne possono trarre molte considerazioni, tutte legittime. Tra le quali c'è anche questa: non esistono, come la sinistra tende a credere, un'Italia immatura, sempre pronta a bersi le promesse di Berlusconi, e un'Italia "riflessiva"; esistono due minoranze di militanti - numerose se misurate in piazza o ai gazebo, piccole in termini assoluti -, pronte a seguire l'istinto e la passione, ma incapaci di indicare una soluzione condivisa a una vastissima Italia di mezzo, che alla politica crede sempre meno.

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