Oggi gli editoriali dei giornali importanti sono dominati dagli osservatori economici : Deaglio sulla Stampa, Alesina e Giavazzi sul Corsera. Il concetto che sostanzialmente tutti evidenziano è che ascoltare le diatribe dei politici italiani è surreale, tenuto conto della polveriera sulla quale siamo seduti.
Al momento i mercati e la BCE ancora tollerano, ma fino a quando ? E poi, se anche lo spread sale (e questo costa PIU' di quanto forse riusciremo a risparmiare con la diminuzione dei costi a Montecitorio , tanto per fare un solo esempio ) in maniera ancora contenuta, e i titoli di stato in scadenza vengono rinnovati, l'economia resta in situazione emergenziale e conseguentemente l'occupazione. Posso capire Grillo, che ha un'idea del mondo del tutto opposta a quella dominante tuttora in occidente, ma gli altri ? Il PD in particolare ?
Perché in fondo è il primo partito che deve fare la scelta VERA, gli altri giocano tutti di rimessa (a parte il M5S che gioca una partita tutta sua ). Il Partito Democratico pensa di avere le ricette economiche adeguate ? E quali sono ? In campagna elettorale NON lo ha detto, rifiutandosi di sottoporsi seriamente al test di sostenibilità economica del suo programma che il Corriere della Sera (sulla falsariga dell'Olanda) aveva proposto ai partiti italiani. Grillo dice poche cose chiare : VAFFA a tutti, specie a Bersani , Decrescita felice, Denuncia del Debito, Referendum sull'Euro. Mettiamo su un governo così, che abbia anche questo in Agenda e vediamo se alla prossima asta di Bot c'è qualcuno che se li compra. Dunque che resta ? O fare un governo con gli altri, che si dichiarano disponibili, o rifare le elezioni (che Bersani adesso ha cominciato a dire che sono "sciagurate" : forse ha letto i sondaggi ).
Tutto questo è piuttosto chiaro a tutti, eppure è passato oltre un mese e siamo qui....come se a noi tanto non potrà succedere quello che è già successo agli altri (e non parlo della solita Grecia, ma anche Portogallo, Irlanda e Spagna, tutti paesi che finora hanno sostenuto sacrifici maggiori dei nostri ).
Siccome è la giornata dell'economia, propongo il solito lungo ma interessantissimo articolo di Alessandro Fugnoli su Kaos, che vi invito a leggere con pazienza che sarà premiata
L’Europa delle regole è senza regole
Si parla molto di Cipro, in questo periodo, ma c’è un
aspetto della questione, i russi, che è stato trascurato e che può offrire
molto materiale per la riflessione. Due domande continuano a ronzare per la
testa. Perché gli oligarchi russi (ma il discorso vale anche per i mafiosi)
hanno tenuto in questi anni i loro conti a Cipro in euro e dollari, quando i
loro rubli d’origine non hanno fatto altro che rivalutarsi anno dopo anno,
offrendo per di più tassi elevati? E perché, pur avendo Cipro chiesto aiuto
otto mesi fa, se ne sono restati lì con tutti i loro soldi? Dopotutto non
avevano comprato acciaierie o terreni agricoli difficili da smobilizzare ed
erano invece perfettamente liquidi. Perché non hanno spostato i loro conti a
Dubai, dove pure sono di casa?
La prima domanda, in fondo, vale anche per i cinesi che si
fanno pizzicare appena atterrati a Vancouver con le valigie piene di dollari.
Perché dollari, spesso americani, e non renminbi? Perché pagare una commissione
di cambio per acquistare una valuta che da vent’anni perde valore rispetto a
quella del paese d’origine? Ci saranno sicuramente considerazioni di praticità
e sicurezza, ma non c’è anche dell’altro?
Chi scappa da una situazione di guerra o da un paese che sta
crollando non ha il lusso di scegliere, ma chi se ne va (di persona o anche
solo con i soldi) da un paese in forte crescita perché lo fa?
Lo fa, quasi sempre, per due ragioni. La prima è il ricordo
indelebile di qualche torto finanziario subito anche decenni prima. Può essere
un’iperinflazione che ha polverizzato i risparmi, una riforma monetaria (come
quella di Eltsin) che ha azzerato la ricchezza, un default bancario o una
confisca subita sulla propria pelle o su quella di qualcuno che si è
conosciuto. La seconda ragione è la consapevolezza che la stabilità e
prosperità del presente non è un diritto acquisito, ma una temporanea
concessione del potere. Un oligarca è per definizione al potere, ma avendone
sostituito un altro sa bene che in qualsiasi momento potrebbe toccare a lui
lasciare la scena.
Questo spiega il tenore di vita sopra le righe dei ricchi
che vengono da paesi autoritari. Esistono (sempre meno numerosi) nuovi ricchi
anche in Occidente, ma i loro modelli di consumo, a parità di reddito e
patrimonio, non raggiungono mai i livelli di stravaganza dei loro omologhi
russi e cinesi. Perfino le mafie, in Occidente, vivono in modo sobrio e
riservato. Il senso di precarietà di chi viene da società basate sull’arbitrio
porta tuttavia anche un’altra conseguenza, la ricerca di sicurezza assoluta per
il nocciolo duro del loro portafoglio. Sicurezza, per loro, non significa
assenza di volatilità. Sanno bene questi signori, che il dollaro potrà scendere
di valore rispetto al rublo o al renminbi, ma quello che conta è che fra 30
anni il dollaro ci sarà ancora e riuscirà
a comprare qualcosa. Rublo e renminbi forse varranno molto di più, ma forse non
ci saranno più.
Cipro dimostra però in modo plastico ai russi che
quell’Europa che avevano visto come approdo sicuro si comincia a comportare
esattamente come la Rodina Mat, la Madre-Madrepatria russo-sovietica. E forse
anche peggio. Un correntista con 50 milioni sulla Laiki recupererà 100mila
euro. Andò molto meglio con la riforma monetaria di Eltsin, che pure rimarrà
tutta la vita scolpita nella testa di ogni russo che nel 1996 sia stato anche
solo un bambino.
L’Europa si vende al mondo e a se stessa come il continente
delle regole. È europeo chi rispetta le regole europee. C’è ancora, qua e là,
lo ius sanguinis, ma è per motivi pratici, non ideologici. Ideologicamente
l’Europa si sente investita da una missione universale sui diritti dell’uomo e
declama urbi et orbi il culto delle regole agitando il ditino alzato, con
palese irritazione degli interlocutori extraeuropei.
L’Europa è così innamorata delle regole da essersi riempita
anche di regolette, come quella sulla curvatura standard dei cetrioli, cui il
grande Enzensberger ha dedicato il suo feroce libello contro l’eurocrazia.
Curiosamente, però, mancano regole sulle due cose più importanti, il potere
politico e quello finanziario.
Il potere politico è affidato al direttorio franco-tedesco,
che non figura in nessun trattato dell’Unione. Quello finanziario e monetario
viene esercitato con regole che cambiano continuamente senza che mai nessuno ne
discuta, se non una trentina di politici e i loro sherpa. Gli articoli 123 e
125 del trattato istitutivo della Bce, ad esempio, dopo essere stati citati per
molti anni ogni dieci minuti (sono quelli che vietano il sostegno del debito
dei singoli stati e le operazioni di monetizzazione) sono spariti d’incanto una
mattina d’agosto senza un referendum o un dibattito parlamentare. Sono spariti
nella testa della Merkel e sono di conseguenza usciti dalla scena del mondo.
Esse est percipi, diceva Berkeley. Se smetto di pensare a una cosa e sono la
Merkel, questa cosa cessa di esistere.
L’Esm, per fare un altro esempio, cambia natura una volta al
mese ed è riuscito in questo modo a non combinare quasi niente da quando è
nato. Nei salvataggi dei sempre più numerosi paesi che cadono in crisi l’unica
regola è che non ci sono regole. Ogni caso è un caso unico. Una volta
l’azzeramento tocca ai titoli di stato, una volta ai bond bancari, una volta ai
depositi piccoli e grandi, poi solo a quelli grandi. La prossima volta potrebbe
toccare a tutto e sarebbe di nuovo presentata come un caso unico.
Fino a dieci anni fa le borse dei paesi emergenti quotavano
a sconto (e le loro obbligazioni rendevano più delle nostre) perché le loro
regole del gioco erano considerate incerte. Non si sa mai cosa può capitare, si
diceva, e si scuoteva la testa. Oggi siamo noi europei a monetizzare il debito,
a bloccare i movimenti di capitale e a cambiare continuamente le regole. Tocca
a noi, quindi, andare a sconto sulla nostra valuta, sulle nostre azioni e suoi
nostri titoli di stato.
Dobbiamo quindi imparare a comportarci come i russi e
iniziare a spostarci su mercati più cari in cambio del fatto che sono più
prevedibili. La borsa di New York è più cara delle nostre, ma fra dieci anni
l’America avrà banche sane e industrie competitive, l’Europa (Germania a parte
e solo per le industrie) non si sa bene che cosa avrà. Quanto al dollaro, fra
10 anni ci sarà di sicuro, l’euro non si sa. Considerando che il dollaro è
ancora abbastanza a buon mercato non c’è da esitare troppo a comprarne a ogni
buona occasione.
L’ottimo Dijsselbloem, dopo la sua proposta di fare tutti
come a Cipro, è stato attaccato ingiustamente. La sua idea di smontare le
banche con i soldi di azionisti, obbligazionisti e depositanti (e non dei
contribuenti) non è di per sé folle. È anzi la regola negli Stati Uniti. Anche
l’accusa di incoerenza per non avere colpito i depositanti in una recente
risoluzione di una grossa banca olandese è stata almeno in parte ingenerosa.
Saranno infatti solo i contribuenti olandesi a ripianare il buco della banca,
non quelli di tutta Europa. L’Olanda, poi, come la Francia, sta ormai entrando
a pieno diritto nel club dei paesi in crisi e stagnazione strutturale. I suoi
mutui sono il 107 per cento del Pil, più del doppio dei nostri, e il mercato della
casa olandese sta cominciando a barcollare in modo preoccupante. Che l’Olanda
non sia in questo momento in vena di generosità verso il Mediterraneo è
comprensibile.
Quello che è difficile accettare, dunque, non è questo o
quel modo di ripartire i costi tra contribuenti da una parte e finanziatori di
una banca (quali sono anche i correntisti) dall’altra, quanto il fatto di
cambiare continuamente le regole del gioco, allarmando così (e inducendo alla
fuga) il massimo numero possibile di soggetti.
Si noti poi la differenza tra America ed Europa. Là la vita
dei depositanti è dura, ma in un momento di crisi come il 2009 i contribuenti
hanno dato una mano ai depositanti con prestiti alle banche che sono stati già
tutti restituiti. Qui la vita dei depositanti è stata finora più facile, ma
proprio nel momento più acuto della crisi viene resa improvvisamente più
difficile minacciando di togliere il sostegno dei contribuenti che alla fine,
in caso di nazionalizzazione della banca, dovranno comunque tirare fuori molti
soldi. Il risultato è che in America ci hanno guadagnato tutti e le banche sono
sane, qui rischiamo di perderci tutti qualcosa e di tenerci banche malaticce.
L’Europa sembra insomma sempre di più quella che nel
medioevo veniva chiamata la navis stultifera, l’imbarcazione fluviale in cui
gli eccentrici non troppo pericolosi venivano raccolti per essere scaricati di
notte in qualche città a valle. Oggi quella zattera appare in certi momenti il
centro di comando del continente.
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