Ogni mattina apro la pagina on line della Stampa sperando di imbattermi nell'editoriale settimanale di Luca Ricolfi. Questo per darvi la misura della stima che ho del professore di Analisi dei dati all'Universitàdi Torino, nonché fondatore del centro studi "Osservatorio del Nord Ovest".
Oggi l'ho trovato e regolarmente lo posto per proporre le sue riflessioni ai lettori del Camerlengo.
Com'era facile prevedere, l'argomento principale è la batosta del M5Stelle, a soli tre mesi dal trionfo alle politiche. Pur condividendo, al solito, molte delle osservazioni di Ricolfi, stavolta qualcuna non mi convince.
1) Gli elettori di sinistra che hanno votato Grillo a febbraio iniziano a tornare a casa, dice il Professore. Proprio ieri ISPO, la società di sondaggi e ricerche demoscopiche diretta da Mannheimer , dimostrava non dico il contrario ma quasi. A Roma, su 100 elettori che tre mesi fa votarono Grillo, solo 25, un quarto, hanno nuovamente votato per i 5Stelle, 7 hanno votato PD e 5 il PDL. Ben 40 si sono astenuti. 7 voti su 100 se sono un ritorno, mi sembra molto lento, e comunque equiparabile a quello degli elettori di centro destra. Tra l'altro Ricolfi è tra quelli che a suo tempo hanno correttamente evidenziato come a differenza della percezione comune, poi propagandata, il M5Stelle NON ha un elettorato di sinistra, bensì perfettamente trasversale : dopo il voto di febbraio venne individuato che gli ortotteri venissero esattamente per un terzo dal centrosinistra, un terzo dal centrodestra, e la restante parte dall'area dell'astensione o da giovani che votavano per la prima volta. Infine, se in generale il PD , pur in testa in tutti i comuni al voto, ha perso molte decine di migliaia di voti (solo a Roma, 200.000, rispetto al 2008, e comunque in calo anche con riferimento alle politiche di febbraio) , questi voti in rientro il pur bravissimo analista, dove li vede ? Se i democratici vincono la tornata elettorale, come sembra assolutamente probabile che sia, avverrà grazie ad uno zoccolo duro più solido rispetto a qualsiasi altro competitor, per cui l'astensione, che colpisce tutti. e fa prendere meno voti a tutti, a loro li tocca di meno, ed in un sistema elettorale come quello dei sindaci, dove alla fine conta chi arriva primo, non importa con quanti voti, a loro va bene così. Ma NON c'è un recupero di elettori, che continuano a calare.
2) Posso ricordare male, ma Ricolfi era tra quelli che, all'indomani delle elezioni, l'unica soluzione politica che vedeva, in ragione della posizione dichiarata di Grillo e del Movimento, era , a parte il ritorno al voto, l'alleanza di governo che poi in effetti oggi c'è : PD e PDL, con aggiunta diei Montiani. E criticava Bersani , lui come quasi tutti, per l'ostinazione con la quale cercava di ottenere un viatico al suo governo con una fiducia "minore", revocabile in qualsiasi momento...In realtà Bersani sapeva, come lo sa oggi Letta, che qualsiasi governo, specie nell'attuale sistema politico semi bipolare, ha dalla sua un forte alleato : l'istinto di sopravvivenza dei peones parlamentari..che pur di non perdere il seggio...Ne fruì Prodi nel 2006, boccheggiando per ben due anni con solo due senatori di maggioranza, poi Berlusconi dopo la diaspora finiana nel 2009 e in fondo giovò anche a Monti dal 2011 fino alla scadenza naturale della legislatura. Quindi l'ex smacchiatore confidava che una volta preso il largo, affondare la nave non sarebbe stato agevole. Però Grillo, nell'opporsi alla strana alleanza, aveva presente la trasversalità del suo elettorato, e ha pensato, forse sbagliando, che sarebbe stato più facile mantenerlo unito conservando una posizione di ostilità equidistante coi vecchi partiti.
3) Infine, nell'esprimere il suo scontato endorsement per la democrazia rappresentativa, contestando il mito della Rete come strumento per favorire quella diretta, Ricolfi fa un'ulteriore riflessione. I cittadini, normalmente, non sono militanti infoiati, e hanno molte cose loro di cui occuparsi : lavoro, famiglia, figli, il loro stato di salute , anche finanziario di questi tempi. Quindi è normale che deleghino la cosa comune, confidando però che i delegati siano competenti ed efficienti. Se questo accade, alla fine in tanti, dice Ricolfi, non si prendono nemmeno più la bega di andare a votare, perché comunque chi andrà farà sufficientemente bene.
Cita, in tal senso, i paesi anglosassoni dove l'affluenza al voto è bassa (non supera mai di molto il 50-60% ), senza che questo angosci nessuno. Ora, forse questa cosa in questi paesi è così (anche se non mi sembra che in occidente ci sia di questi tempi una soddisfazione grande per la classe politica) , ma non certo in Italia dove l'astensione è e resta frutto della sfiducia e della perdita di speranza.
Sul resto, piena consonanza, ma stavolta le riserve non sono poche.
Ma giudicate anche voi. Leggere Ricolfi è sempre utile.
La fiammata dei Cinque Stelle
Se per qualche motivo le cose precipitano, come è successo in vari passaggi della storia nazionale, può succedere che una parte dell’elettorato improvvisamente divenga pronta a votare una forza politica nuova, che promette un cambiamento radicale, o anche semplicemente rappresenta un modo d’essere diverso, una qualche rottura con il passato o con il presente. Ma altrettanto improvvisamente i medesimi elettori che hanno scommesso sul nuovo o sul diverso sono pronti a ritirare il loro consenso. Nella storia elettorale italiana degli ultimi 70 anni è già successo due volte, con il movimento dell’Uomo Qualunque (fra il 1946 e il 1948) e con la mai veramente nata Alleanza democratica, che subito prima della discesa in campo di Berlusconi era arrivata (nei sondaggi) a sfiorare il 20% dei consensi. Vedremo presto se il caso del Movimento Cinque Stelle somiglierà più a quello dei movimenti-fiammata (come Uomo Qualunque e Alleanza democratica), o a quello dei movimenti-incendio, che nascono all’improvviso ma durano nel tempo, come sono stati la Lega e Forza Italia.
Personalmente propendo più per la prima ipotesi, quella di un raffreddamento del consenso al Movimento di Grillo, e questo non tanto per la batosta elettorale dei giorni scorsi, quanto per i comportamenti e gli equivoci che l’hanno preceduta e per molti versi preparata.
Primo equivoco. Beppe Grillo pare non aver capito che la maggior parte degli elettori non sono né fanatici, né militanti. Sono sì disgustati dalla politica, vorrebbero sì mandare a casa una classe dirigente che li ha profondamente delusi, ma al tempo stesso vorrebbero che un governo ci fosse. E che fosse un governo decente. Non è evidente, o almeno non lo è ancora, o non lo è alla maggioranza dei cittadini, che il governo Letta-Alfano sia un governo indecente. Mentre è del tutto evidente che il Movimento Cinque Stelle ha ostacolato in ogni modo la nascita di un governo compatibile con il risultato elettorale.
Secondo equivoco. Il Movimento Cinque Stelle pare non aver capito che molti elettori danno una notevole importanza a due virtù: la competenza e lo stile. Molti elettori (la maggioranza, a mio parere) non si accontentano affatto di essere governati da gente «semplice e onesta», ma vorrebbero anche che i politici che li rappresentano fossero competenti, esperti, e persino educati. Soprattutto quest’ultima cosa. Gli elettori possono anche perdonare la volgarità del capo, che può mascherarsi dietro l’alibi della satira, ma apprezzano molto di meno la volgarità dei sottoposti, sia quando si manifesta come amore per il vil denaro (vedi il surreale dibattito sugli scontrini e gli emolumenti dei parlamentari) sia quando si manifesta con le offese e il turpiloquio (giusto ieri le parole «merda» e «stronzo» erano al centro delle profonde riflessioni politiche di due grillini molto in vista, la capogruppo alla Camera Roberta Lombardi e l’uomo-streaming del movimento Salvo Mandarà; per non parlare delle offese di Grillo a Stefano Rodotà).
Terzo (e fatale) equivoco. Il Movimento Cinque Stelle pare non aver compreso né la natura della Rete né la natura della democrazia. La Rete, che qui scrivo in maiuscolo perché qualcuno la considera una divinità, è uno strumento comodissimo e utilissimo (posta elettronica, Wikipedia, migliaia di servizi gratuiti, velocizzazione delle comunicazioni, ecc. ecc.), ma è anche fonte di innumerevoli effetti collaterali negativi. Grazie alla Rete può risultare più facile violare la privacy, umiliare le persone, indurre al suicidio un ragazzo o una ragazza, mettere in circolazione informazioni false o pericolose, truffare il prossimo, dare voce agli incompetenti, permettere l’espressione dei peggiori sentimenti, o anche semplicemente sottrarre tempo a chi potrebbe usarlo assai meglio. Il Movimento Cinque Stelle non solo deifica la Rete, ma sogna un mondo in cui tutti possano partecipare a un innumerevole insieme di decisioni grazie al voto elettronico. Un mondo in cui la democrazia diretta, che qualche volta ha funzionato in piccole comunità, trionfa sulla democrazia rappresentativa, inventata per governare comunità grandi e complesse.
E’ una sciocchezza, se non altro perché la maggior parte di noi non vuole affatto mettere becco nell’innumerevole giungla di leggi e norme che vengono emanate ogni giorno da ogni sorta di consesso, ma preferirebbe potersi dedicare alle cose che ama con la serenità che deriva dal fatto di avere dei decenti rappresentanti in parlamento e nelle istituzioni. E’ a questo che serve la democrazia rappresentativa. Ed è questo il motivo per cui, nelle democrazie che funzionano, a votare vanno in pochi, non in molti: perché sanno che, chiunque vinca, non sarà una catastrofe.
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