venerdì 14 giugno 2013

MONTI ERA FINITO NELLA PALUDE. LETTA HA RIPRESO DA Lì, E Lì STA RESTANDO



L'aumento dell'IVA non l'abbiamo mica messo noi..già dicono così i neo ministri di Letta, per aggiungere poi subito dopo "non si può evitare". Scusate, e allora la premessa perché ?
In realtà il nuovo governo sembra aver ripreso esattamente laddove l'ultimo aveva finito : il NULLA.
Monti - francamente non ricordo una carriera folgorante nell'ascesa e nella discesa come la sua, da "unto del signore" e "uomo della provvidenza" del novembre 2011, a desaparecido della primavera 2013 - si sa, era partito benino con la veloce riforma previdenziale che ha sì prodotto anche qualche "problemino" come non so quante migliaia di esodati, però in campo previdenzale ha messo a tacere i monatti di Bruxelles. Nessuno in Europa ha un sistema previdenziale più rigoroso del nostro oggi, nemmeno la Germania ( che sia anche giusto, è discorso più complesso). Poi, fine. L'epocale riforma del lavoro della Fornero è stato un parto travagliatissimo di cui non si vede nemmeno il topolino....Maggiore flessibilità in uscita non c'è, perché l'articolo 18 è stato un po' annacquato , ma poco, e può contare sempre sull'interpretazione "amica" dei giudici del lavoro. In compenso si è aggravata l'entrata. Un capolavoro. Ci vengono dall'estero per studiarlo. Null'altro. Spending Review, crescita, riduzione del debito tramite dismissioni di parte del patrimonio pubblico....Zero. E' stato il governo delle tasse a manbassa, iniziando dall'IMU, proseguendo con assalti ovunque : tabacchi, alcol, gioco....Il risultato è stato che l'economia , già stagnante e in inizio recessione, si è aggravata, con diminuzione del gettito fiscale (salvato come saldo dalla patrimoniale sulla casa, questo è l'IMU)  nonostante la pressione aumentata ( trionfo della curva di Laffer : dopo oltre un certo livello di vessazione, il ricavato delle imposte cala) , imprese che chiudono, disoccupazione che aumenta. Capiamoci bene. Non è che Monti sia da solo il responsabile di tutto questo, sarebbe folle sostenerlo : per fare danni così ci vogliono decenni, e infatti tanti ne abbiamo impiegati. Lui , che con così poca umiltà ha governato, al di là del falso piglio "sobrio" auto attributo, non ha prodotto alcun cambiamento positivo, una menché minima inversione di rotta.
Ad un certo punto si è proprio fermato perché avvicinandosi le elezioni nessun partito (nemmeno l'UDC) era disposto a proseguire in una direzione di assoluta impopolarità.
Letta le elezioni ce l'ha alle spalle, e il suo governo non è più minacciato dallo stacco della spina, dopo che il recente voto di domenica ha spento le velleità del centrodestra, o megliodi quella parte convinta di poter concludere la rimonta (arrivata ad un soffio a febbraio : - 0,3% dei voti) , come del resto i vari sondaggi predicavano. Ecco, illusione finita, i sondaggi proiettano stamane una sostanziale parità, mentre la crescente crisi del M5S favorisce la sinistra. NON perché i voti dei grillini siano tutti di quella parte ( è stato dimostrato che Grillo ha pescato in pari misura in entrambi i bacini elettorali), quanto per il fatto che i delusi ortotteri di sx sono più propensi a rientrare nella casa madre rispetto all'astenersi. A destra non è così.
Ma chi è in parlamento ora non farà saltare la propria poltrona, e quindi Letta non rischia le elezioni anticipate. Non nel breve periodo. Semmai, rischia che il M5S imploda al punto di comportare una scissione dei parlamentari, e quindi non una ridotta di qualche scilipotino, ma una vera diaspora !.
Se 35 dei 55 senatori di Grillo se ne vanno, ecco che parte del PD eserciterebbe una grandissima pressione perché l'attuale maggioranza salti per dare vita ad una di pura sinistra.
Un incubo, però possibile.
Tanto più se Letta continua in questo modo, non riuscendo i suoi a partorire un'idea che è una per uscire dalla palude attuale.
L'economia reale continua a peggiorare, e la tregua dei mercati, che è quella che ci dà respiro, non è detto che duri ancora molto. Qualche pericoloso vento contrario si è levato.
In questo frangente, a vedere qualche numero di Spagna e addirittura Grecia, è migliorato. Non grandi cose, però hanno mostrato di impiegare utilmente il tempo regalatogli dal Presidente della BCE, il nostro Draghi.
Così non è stato da noi.
Davide Gicalone si affanna da mesi in suggerimenti utili (non è il solo peraltro) ma nulla si muove.
Eppure alcune cose, almeno avviarle, si potrebbe
Buona Lettura


Fare e lasciar fare

Muoviamoci subito o asfissieremo in fretta. L’allarme della Banca centrale europea, la forza con cui ribadisce che il quadro macroeconomico negativo non consente all’Italia di diluire nessuno degli impegni presi, quindi la necessità di tenere il deficit sotto il 3% continuando a ridurre il debito e a spendere l’avanzo primario nella sua remunerazione, serve al governo per avere una sponda solida. Nessuno chieda di non aumentare l’Iva, fra quindici giorni, essendo già un miracolo se non si metteranno altre tasse. Ma è una condizione folle, a fronte della quale il presidente del Consiglio e i suoi ministri continuano a partecipare a innumerevoli convegni, senza avere un bel nulla da dire. Arano il consenso delle corporazioni, non evitano di prendersi i loro fischi, ma lasciano abbandonato quello della crescita. Stiano zitti, per carità di Patria, e rimettano mano al lavoro serio.
Ecco le cose da farsi, ciascuna delle quali non richiede che si mettano attorno a un tavolo 42 presunti saggi che si vedono una volta alla settimana (significa che parlano dieci minuti a testa e finiscono la giornata, poi arrivederci alla prossima), ma tre o quattro che sappiano di che parlano, che lavorino tutti i giorni e finiscano in dieci.
1. Nei tempi brevi non ci schiodiamo dal peso del debito pubblico. Abbiamo detto e ridetto che il semplice rapporto debito pubblico/pil non solo non descrive la solidità di un Paese, ma aumenta in ragione delle politiche fiscali che dovrebbero ridurlo. Amen, nell’immediato serve una via d’uscita, che consiste nel mettere immediatamente (decreto legge) in funzione un meccanismo e un fondo per le dismissioni pubbliche, mobiliari e immobiliari. Il 10% del patrimonio più facilmente liquidabile equivale, più o meno, a 3 punti di pil (45-50 miliardi). Buttando sul mercato sia la capacità di decidere e realizzare, che la disponibilità finanziaria che ne deriva, si ottiene un moltiplicatore che fa crescere la nuova ricchezza prodotta di almeno un 50% in più. Il che non solo ci strappa all’asfissia della recessione, ma genera gettito fiscale.
2. Quei soldi non devono andare in spesa corrente, perché è esattamente in quel modo che ci siamo rovinati. Lo scambio deve essere: meno patrimonio in cambio di meno pressione fiscale e più investimenti infrastrutturali. Detto rozzamente: metà per meno tasse e metà per trasporti, digitalizzazione, riedificazione. A questo si aggiunga una portentosa deregolamentazione burocratica (favorita dalla digitalizzazione) e l’Italia del fare si ritrova un sano Stato del lasciar fare. E’ quella la nostra ricchezza.
3. Sul fronte europeo non si tratta di mandare in giro governanti con il cappello in mano, ma con il fucile a tracolla. Sono convinto che uscire dall’euro sarebbe un danno e l’alimentazione di un’illusione, ma proprio per questo credo che il prof. Paolo Savona abbia ragione: un Paese serio deve disporre di un piano B. Della serie: noi non molliamo, ma neanche ci facciamo ammollare, quindi ci prepariamo a uscire. Non ci stiamo a soffocare nel mentre siamo contributori netti dell’Unione europea (diamo più soldi di quanti ne prendiamo) e non riconosciamo ai tedeschi il diritto di farci concorrenza sleale, con aziende che accedono al credito grazie a sostanziali aiuti di Stato (con banche pericolanti e dai bilanci equivoci). Se l’Europa diventa anti-europeista noi europeisti imbocchiamo la porta. Quando la crisi dei debiti sovrani cominciò la Bundesbank fece girare la notizia di avere un piano per portare fuori la Germania. E’ ora di presentare il nostro. Prima ci sarà e meno sarà necessario usarlo.
4. Abbiamo una giustizia che fa schifo, ma non siamo capaci di cambiarla (che pena, e sì che sarebbe facile). Creiamo una sede arbitrale specializzata per gli investitori esteri nel capitale di rischio, fornendo al mondo un testo unico dei diritti e dei doveri dell’impresa, in Italia. Già con questo i solchi essiccati torneranno a vedere scorrere liquidità, rigermoglieranno le aziende capaci e si creerà gettito fiscale.
Bastano queste cose. Ne servirebbero molte altre, ma bastano queste e l’Italia fa un balzo in avanti. Ci saranno scompensi, qualcuno soffrirà, le fasce che campano di trasferimenti pubblici (anche imprese) sentiranno dolore, ma il guizzo vitale porterà tutti, anche questi, fuori dalla pozza nella quale siamo finiti. Questo è il lavoro da farsi, senza star lì a menarla sul solo punto di Iva, che nel migliore dei casi restiamo dove siamo, e nel peggiore aumenteremo l’aliquota vedendo scendere il gettito. Serve molto di più.
Avverto chi governa che non gliene frega niente a nessuno delle larghe o delle strette intese, che tutti loro sono accompagnati da un collettivo giudizio di sfiducia, che andare in giro a non dire un accidente nuoce alla loro già precaria salute e che pensare di aspettare settembre è una pessima idea. Silenzio e lavoro. Fateci vedere che ancora capite in che situazione siamo.

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