lunedì 1 luglio 2013

GALLI DELLA LOGGIA CONSIGLIA RENZI : RINUNCIA ALLA SEGRETERIA, MELA AVVELENATA.


Non vorrei che, col passare del tempo, per Matteo Renzi non si finisca per avverarsi il triste destino già toccato ad altri, vale a dire quello di un "brillante avvenire dietro le spalle".
Grazie a lui il PD può ancora fare la parte del partito non solo post comunista - come sarebbe, in mano a Bersani e accoliti - , e sempre è  merito suo se i democratici vedono volti nuovi alla ribalta, con pensionamento di alcuni vecchi caporioni e marginalizzazione di altri (gli effetti della "rottamazione" ).
E' anche quello più gradito dagli italiani, ancorché la maggior parte dei consensi non vengono da "casa" ma da fuori. Risultato, tutti i sondaggisti davano Renzi vincitore facile delle scorse elezioni e grandissimo favorito delle prossime, se dovessero farsi da qui a poco (come per il meteo, se la previsione si sposta nel tempo, il margine di errore cresce esponenzialmente).
Però le elezioni al momento sono in pochi a volerle...in realtà solo i renziani e i falchi del PDL che magari sperano che il PD sia suicida al punto di lasciare nuovamente in panchina l'asso vincente.  TUTTI gli altri, di tornare a votare non ci pensano minimamente : piuttosto si affonda Letta e si governa coi giuda grillini, imbarcando anche Lista Civica (che coi sondaggi che girano, le elezioni le vede come la morte annunciata).
Nel frattempo ci dovrebbero essere quelle di segretario del PD, e Renzi ha sempre mostrato grande indecisione sul candidarsi o meno...In un primo tempo sembrava escluderlo, poi, forse spinto dai suoi e anche da nuovi possibili alleati ( Letta, Franceschini, Veltroni e pare pure D'Alema) , si è fatto tentare. Dall'altra parte restano in tanti quelli, specie nella parte più "rossa" del partito, che all'idea di Renzi segretario proprio non dormono la notte (Bersani per primo, rivelatosi uomo capace di risentimenti insospettabili).
Di qui la guerra dei regolamenti (ancora !!) e delle date.
Sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia, vede come un errore fatale da parte del sindaco fiorentino quello di finire invischiato nella ragnatela di una segreteria che assai difficilmente potrebbe poi condurre a modo suo (in qualche modo ostaggio dei suo "grandi elettori" ), finendo per opacizzare  una immagine nuova ("nuovista", direbbe Bersani in veste crozziana) che da sempre è il marchio di fabbrica principale di Matteo.
Considerazioni sulle quali riflettere

LE MOSSE SBAGLIATE DI RENZI

La bulimia del candidato

 

Sei mesi fa l'Italia era completamente innamorata di Matteo Renzi: con lui il Pd avrebbe di sicuro vinto le elezioni alla grande. Ma pure oggi, e anche domani, egli rappresenterebbe un candidato di certo fortissimo in qualunque nuova elezione.
Le cause della popolarità del sindaco di Firenze sono notissime. All'Italia vecchia e immobile del sempre eguale, all'Italia dell'insipida chiacchiera politica per addetti ai lavori, dell'arabesco concettuale avvitato su se stesso, egli contrappone con la sua figura un Paese giovane, voglioso di muoversi e di mettere nuovamente alla prova le proprie energie, di tentare vie nuove. Che parla senza usare mezze parole.
Certo: egli è anche uno portato ad andare a volte oltre il segno, a mostrare un po' troppa disinvoltura e ambizione, a strafare e magari anche un po' a straparlare. Ma al quale tutto si può perdonare grazie a quanto di positivo e di nuovo rappresenta. Perché alla fine, per la maggioranza degli italiani Renzi è questo: la promessa di un cambio di passo, di una rottura, di una reale diversità; una ventata di aria fresca. Per un Paese in crisi non è davvero poco.

Proprio da questo punto di vista appare sostanzialmente incomprensibile quanto egli sta facendo da tre mesi, accettando - e anzi, si direbbe, addirittura sollecitando - di essere coinvolto nelle manovre di un partito, il Pd, che è sì il suo partito, ma che per tantissimi versi è il suo contrario. Un partito vecchio, conteso da anziani oligarchi e quarantenni ribelli ma dell'ultima ora, laddove Renzi è, come che sia, simbolo di una gioventù vera che non ha avuto paura di uscire allo scoperto; un partito campione di conformismo e di omologazione culturale laddove Renzi si fa forte (pure troppo!) della propria spregiudicatezza; il partito di quelli per antonomasia «politicamente corretti» mentre Renzi proprio da costoro è detestato.

È singolare che oggi egli si faccia tentare dall'idea di diventare il segretario di un partito del genere. E dunque s'infili in una trafila quotidiana di trattative e di manovre, di interviste e di dichiarazioni, che hanno il solo effetto di consumarne terribilmente l'immagine. Pur nell'ipotesi che riuscisse a fare il segretario e si andasse entro breve tempo - diciamo un anno - alle elezioni, Renzi, tra l'altro, si troverebbe davanti a un'alternativa comunque scomodissima: o fare la campagna elettorale alla testa di un partito ancora pieno di Rosy Bindi, di Finocchiaro, di Cuperlo e compagnia bella, e magari con un D'Alema passato inopinatamente dal ruolo di Grande Rottamato a quello di Lord Protettore, dunque un partito che sarebbe la smentita vivente di ciò che invece è il suo segretario; ovvero alla testa di un partito da lui appena epurato e rovesciato come un calzino, ma proprio per questo in una difficile fase di riassestamento, ancora né carne né pesce e presumibilmente pieno di rancori più o meno sotterranei. Certo uno strumento inadatto a uno scontro elettorale.

Ma se le cose stanno così non sarebbe assai più conveniente per il sindaco di Firenze stare ad aspettare sotto la tenda? Dopotutto il Pd sa bene che se vuole davvero vincere un'elezione politica altri candidati oltre lui non ci sono (essendo francamente incredibile che a Largo del Nazareno ci sia qualcuno che pensa di convincere gli italiani a farsi governare da Fassina o da Civati). È solo a Renzi che il Pd può ricorrere. E a quel punto egli sarebbe in grado di imporre agevolmente le sue condizioni: sia per il programma che per la composizione delle liste. Quelle condizioni di rottura e di novità che di fronte al deserto e al vecchiume della Destra egli ha saputo rappresentare e in cui il Paese non vuole cessare di sperare.

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