lunedì 1 luglio 2013

ILVO DIAMANTI E LA PREVISIONE DEL PASSATO : L'UNICA DI CUI SIAMO CAPACI


Ilvo Diamanti, l'ho scritto altre volte, è uno dei collaboratori di Repubblica che mi piaceva, e oggi, grazie a Internet, posso continuare a leggerlo senza dover comprare un quotidiano che, seguito per 30 anni, era progressivamente diventato illegibile per la palese faziosità di scopo. Un giornale-partito, come del resto si vanta di essere, criticando il concorrente Corriere accusato di "vile terzismo".
Diamanti peraltro era amico di Edmondo Berselli, altro giornalista e scrittore di una sinistra Liberal e non giacobina. Prima o poi i giornali smetteranno di essere gratuiti sulla Rete ( e credo sia giusto, anche se poi il loro introito principale resta la pubblicità, che domani sarà condizionata dai contatti registrati più che dalla tiratura in edicola, destinata a scemare sempre di più : qualcuno vede mai un giovane, un under 30 acquistare un giornale ? ). e mi porrò il problema (magari chissà, nel frattempo Ezio Mauro sarà traslocato da L.go Focherini e ci sarà una persona più stimabile).
Tornando a Diamanti, la sua analisi generale sul panorama partitico ripercorre quella già fatta, con toni diversi, da altri analisti come Panebianco, Galli della Loggia, Polito : il tramonto dei partiti personalistici, che è cosa diversa dall'essere dotati di una leadership forte (strano lo si debba spiegare a Bersani, che pure Berlinguer l'ha conosciuto bene ), con l'invecchiamento e l'indebolimento di Bossi, Di Pietro e lo stesso Berlusconi, che a settembre avrà la bellezza di 77 anni....
In un panorama desolante che coinvolge anche il Movimento grillino, con critiche sempre più aperte al Capo ( e le pessime figure dei "cittadini" mandati in parlamento, che senza vergogna si definiscono "eletti" ), chi ha preso un brodo caldo è il PD, con le recenti elezioni comunali dove, pur calando nei voti, ha vinto ovunque, visto che gli altri sono andati peggio.
Ma il PD , se ha il vantaggio di essere l'unico partito che si possa ancora dire tale ( ripetiamo sempre le solite cose, che però sono vere :  zoccolo duro degli ex pci e, meno, ex dc di sinistra, un sopravvissuto ancorché meno forte radicamento territoriale, maggiore militanza), non è che non abbia i suoi problemi,grandi, sia legati ai personalismi e alle correnti, sia alla continua dicotomia tra riformismo moderno e conservatorismo sindacale e statalista ). Insomma, fibrillazioni forti, come questi lunghi mesi precongressuali testimoniano e non è detto che alla fine qualcuno non se ne vada stavolta portandosi via una parte di elettorato significativa...
Da questo punto di vista, se non succede qualcosa prima, sarà importante il test delle europee del 2014 dove i partiti si presenteranno da soli, in un sistema proporzionale che consente di misurare l'effettiva portata elettorale della varie formazioni. Escludo che possano esserci elezioni politiche anticipate prima di allora. Ancorché cadesse Letta, Napolitano non scioglierebbe le Camere e del resto non potrebbe se il Parlamento è in grado di esprimere una nuova maggioranza, e stavolta potrebbe prendere vita un governo molto simile a quello agognato e vanamente inseguito per due mesi da Bersani : la coalizione di sinistra, Pd e SEL, appoggiata da Lista Civica (che pur di non tornare a votare...) e dai grillini espulsi o allontanatisi dal M5S.
I falchi del PDL questo conto lo hanno fatto, quando spingono per far cadere l'attuale governo ?
Precisiamo, se la spinta è dovuta allo sfavore per la politica dell'esecutivo, allora ci sta, anzi, in politica bisognerebbe avere questo coraggio, piuttosto che ogni volta cincischiare e tirare a campare.
Ma se lo si fa pensando di tornare al voto pensando che stavolta la coalizione di destra potrebbe spuntarla (visto che ha perso a febbraio per un misero 0,3%) , allora sono veramente ebeti.
1) La sbiossa post delusione della vittoria sfumata il PD l'ha riassorbita, come dimostrano sia i sondaggi (dove ha percentuali pressoché identiche al PDL, forse oggi con un qualche 0,% in più ) che, soprattutto, le recenti elezioni comunali. Certo, alle politiche è altra musica, si sa, però è tutto da vedere che la Lega, agitata e in crisi com'è, la si riesca ancora a coinvolgere in una coalizione di centrodestra (è vero che c'è sempre il ricatto regionale...se quelli del PDL si sfilano, vengono giù Lombardia, Veneto e Piemonte ) e comunque il premio di maggioranza tanto agognato (anche se nessuno lo dice apertamente...) del Porcellum sarà probabilmente spazzato via dalla Corte Costituzionale PRIMA di qualsiasi prossima elezione politica, quindi francamente non è dato capire l'agitarsi dei falchi pidiellini, in prospettiva elettorale.
Ma del resto, che tra i tanti gravi problemi italiani il più serio sia quello di una scadentissima classe dirigente, a lamentarlo ormai è un CORO, del tutto trasversale.
Buona Lettura


La Repubblica dei partiti provvisori

È in corso un cambiamento politico rapido e violento. Come vent'anni fa, tra il 1992 e il 1994. Eppure fatichiamo ad accorgercene. Probabilmente perché fissiamo l'attenzione sull'istante. E non vediamo il dopo. Non ce ne (pre)occupiamo.

Ma la semplice osservazione dei fatti politici è sufficiente a descrivere una realtà evidente, quanto elusa. Tutti i partiti e tutti i leader che hanno guidato il Paese negli ultimi vent'anni sono a fine corsa. Fra un anno, al massimo, il sistema partitico sarà diverso. Molto diverso. Cambieranno le sigle, i protagonisti, le alleanze. Lo spartiacque sarà costituito dalle elezioni europee. Perché l'Europa e l'euro già costituiscono temi strategici dei principali partiti. In grado di dividere, tra loro e al loro interno, questa "strana" maggioranza e questa "strana" opposizione. Perché alle elezioni europee i partiti si presenteranno da soli. Ciascuno per sé e contro gli altri. Visto che le elezioni si svolgono con metodo proporzionale. Già, ma quali partiti? E quali leader? L'impressione è che il paesaggio su cui proiettiamo i nostri scenari futuri sia già "passato". Più che ieri. Largamente ridisegnato e, comunque, destrutturato dalle elezioni di febbraio e dal dopo-elezioni.

Partiamo dal centro. Avrebbe dovuto imporsi come il Terzo Polo, intorno a Monti. Con il sostegno dell'Udc di Casini e Fli di Fini. Tutto finito. Durato il tempo di un'elezione. Ora il partito di Monti è stimato intorno al 5%. Ma è in calo. Mentre Fli e perfino l'Udc non possono calare oltre. Perché sono praticamente spariti. Come i loro leader, d'altronde. In attesa di riaffiorare, ma, per ora, sotto il pelo dell'acqua.

Il centrodestra, gregario di Silvio Berlusconi, fatica a ridefinirsi, a rinominarsi e a riposizionarsi. Il Popolo della libertà è finito. Ha perduto 6 milioni e 300 mila voti, alle elezioni di febbraio. Ma è riuscito a fare la parte del non-sconfitto, perché le attese erano ancora peggiori. E perché il vincitore annunciato, il Pd, in effetti, non ha vinto. Il Pdl ha, però, perduto dovunque alle elezioni amministrative. E si è presentato per quel che è: un partito personale senza territorio e senza persone. Ad eccezione di una: Silvio Berlusconi, il cui peso elettorale, misurato dai voti al partito, si è dimezzato negli ultimi 5 anni. Così Berlusconi stesso oggi annuncia la fine del Pdl e il ritorno a Forza Italia.

Tuttavia, è difficile, anzi, impossibile riproporre la novità del 1994. Più che di Forza Italia 2.0, si tratterebbe di Forza Italia 20 (anni dopo). Berlusconi stesso ha quasi 80 anni. Molti processi e molti scandali sulle spalle. Di sicuro non è più "nuovo". In tempi di rifiuto della politica, lui, più di altri, impersona la politica degli ultimi vent'anni. Comunque, il Pdl è finito. E la "nuova" Forza Italia sarà, comunque, un partito "personale". Inestricabile da Berlusconi. Non è un caso che si parli  -  non da oggi  -  di una successione dinastica. Da Silvio a Marina. Perché, al di là di tutto, quest'area politica è unita dal "patrimonio" - familiare. In senso lato: le imprese, i media, le risorse finanziarie e simboliche. Di cui Marina è erede. Certo più di Alfano, Brunetta o la Santanché.

Intorno a Berlusconi e al suo partito personale, d'altronde, a destra c'è il nulla. O quasi. An è scomparsa e i suoi surrogati  -  come i Fratelli d'Italia  -  non raggiungono il 2%. La Lega, infine, è debole e divisa. Alle elezioni politiche ha perso oltre metà dei voti. Governa ancora Regioni e Comuni. Ma non ha più la sua base. La Padania ha perduto i padani. E non ha più capitali.

Il Partito democratico è impegnato nelle primarie. Ormai da un anno, senza soluzione di continuità. Non ha vinto le elezioni politiche, nonostante le previsioni e le attese. Di tutti. Ha perduto il dopo-elezioni, non riuscendo a imporre i suoi candidati alla presidenza della Repubblica. E ha "subìto" la partecipazione a un governo di scopo  -  alleato con l'avversario di sempre. Certo, ha vinto le amministrative. Ma ciò conferma il distacco fra la base e il gruppo dirigente nazionale. Il Pd: è un partito "impersonale", perché non c'è "un" leader in grado di rappresentarlo tutto e unito. I partiti della Prima Repubblica, da cui origina, gli garantiscono "resistenza", ma non slancio, crescita. Alle elezioni di febbraio si è ridotto al 25% o poco più. Rispetto al 2008 ha perduto 3 milioni e mezzo di voti. Quasi un terzo. Ora, dopo le amministrative, pare risalito al 28%. Ma resta un partito incompiuto. Fra un anno non sappiamo chi ne sarà il leader. E di che consenso disporrà.

Alla sua Sinistra, d'altronde, è rimasto poco. Sel: legata alla figura di Vendola. L'Idv: scomparsa insieme al suo leader, Antonio Di Pietro. Né gli servirà il cambio di segretario a risorgere. Le formazioni raccolte intorno a Ingroia: latitanti e latenti, come il magistrato. Come Rivoluzione civile.

Resta il M5S. Un non-partito fluido. Istantaneo. Composito. Circa un terzo dei suoi elettori afferma di averlo votato per delusione e protesta verso gli altri partiti. I suoi parlamentari sono in costante fibrillazione. È difficile, d'altronde, trovare stabilità "inseguendo" Grillo. Impegnato, a sua volta, a "inseguire", di giorno in giorno e un giorno dopo l'altro, le diverse domande e le diverse tensioni espresse dai suoi elettori. E dai suoi parlamentari. Di certo non è dato di sapere cosa ne sarà in futuro.

Il problema è che si è conclusa la parabola dei partiti personali. Raccolti da - e intorno a - un leader, una persona. Perché il declino dei leader coinvolge i partiti. Perché, comunque, i leader hanno bisogno di partiti. Le televisioni e la stessa rete non li possono rimpiazzare del tutto. I partiti servono. A offrire presenza e visibilità nella società e sul territorio. A organizzare le attività e le decisioni in Parlamento. A fornire prospettive, durata. Oltre la biografia del capo.

Così oggi discutiamo di partiti provvisori e di leader di passaggio. E ci illudiamo di proiettare e progettare gli scenari del futuro. Mentre, in realtà, usiamo foto d'archivio. E prevediamo solo il passato.

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