martedì 27 agosto 2013

AMNISTIA : GLI ULTIMI DUE MINISTRI DELLA GIUSTIZIA, NON POLITICI, SI SONO DETTI FAVOREVOLI. BERLUSCONIANI NELL'INCONSCIO ?

Leggendo costantemente le riflessioni di Davide Giacalone, ben  conoscevo il suo pensiero sull'amnistia (di seguito, propongo comunque il suo ultimo contributo al rigiardo). E' un male, a volte necessario (come il condono ? ), visto che, grazie anche allo scandalo dell'uso illegittimo della custodia cautelare da parte dei gip (i procuratori chiedono gli arresti, ma poi sono i gip a concederli, non dimentichiamolo), alla lentezza assurda dei processi, alla mancanza di strutture adeguate, all'aumento dei crimini legati anche all'accresciuta immigrazione illegale, le nostre carceri scoppiano.
Però, se al provvedimento decongestionante, non se ne accompagna uno riformatore finalizzato a non ricadere da qui a un anno, o poco più, nella stessa situazione, è una resa bella e buona dello Stato, che dovrebbe sì fare in modo che gli innocenti non vadano in galera (possibilmente nemmeno un giorno) , ma anche che i colpevoli ci restino.
I radicali sono pragmatici : la riforma della giustizia la vogliono e i loro referendum sono lì a dimostrarlo, però nell'attesa (raccolta delle firme, vaglio della Cassazione, indizione del voto, escamotage politici per vanificarlo ecc. ), la situazione , che ci costa non so quante condanne nell'anno da parte della Corte di Giustizia Europea, è da tempo al punto critico e va risolta prima.
Se la facessero, sarebbe difficile che la si possa definire legge ad personam, visto che sono qualche centianio di migliaia di persone ad essere interessate, e di queste 70.000 recluse in condizione spesso disumane. 
Buona Lettura

Amnistiare l’incoerenza

Non solo l’amnistia non è un provvedimento improponibile, ma il Pd, il Pdl e i montiani hanno appoggiato due governi in cui due differenti ministri della giustizia se ne sono detti favorevoli. Siccome nessuno dei partiti delle due maggioranze ha mai minacciato di far cadere i due governi se quei ministri non avessero immediatamente taciuto, o si fossero rimangiati le loro stesse parole, se ne dovrebbe dedurre che sia il Pd, sia il Pdl, sia i montiani (poi divenuti Scelta civica), considerano non improponibile l’amnistia. Ove così non fosse, allora, ne discenderebbe che il loro appoggio a quei governi era mendace. Né si può obiettare che le cose sono oggettivamente cambiate dopo la condanna di Silvio Berlusconi, perché l’amnistia è un provvedimento generale e, comunque, lo avrebbe riguardato anche prima della condanna. Anzi, prima, ovvero quando ne parlavano Severino e Cancellieri, gli sarebbe stata assai più utile, estinguendo il reato, quindi il procedimento, ed evitando la condanna.
Posto, allora, che chi oggi, fra quegli esponenti politici, rigetta con sdegno quel che ieri appoggiava è da considerarsi un incoerente, o un imbroglione o, più probabilmente, un disperato, la domanda collettivamente interessante è: l’amnistia può essere considerata utile e necessaria? Credo di sì. Lo scriviamo da anni. Ma bisogna intendersi.
Il riferimento all’amnistia patrocinata da Palmiro Togliatti, nel 1946 ministro della giustizia, mi pare improprio. E anche improvvido. Allora si usciva da una guerra civile armata (ma guarda la fantasia della storia: alla fine ci si dovette arrivare ad ammetterlo, che fu guerra civile armata!) e la clemenza generale serviva a non trascinarla oltre, dato che si poneva un doppio problema: a. la salvezza dei perdenti; b. l’implicito riconoscimento che i fascisti protagonisti della guerra civile erano una minoranza, ma i fascisti coinvolti con il regime erano quasi tutti gli italiani. Mi sfugge il gusto di volersi identificare con i perdenti. E che perdenti. Se si cercano precedenti storici si deve andare assai meno indietro nel tempo, bastando il 1989: quando il Parlamento, con l’entusiasta consenso del Partito comunista, quindi degli stessi che ancora oggi guidano il partito della sinistra, amnistiarono reati di finanziamento della politica e di relativi arricchimenti personali. In quel 1989 nessuno volle dirsi “diverso”, dato che non lo era, come non lo è.
Oggi l’amnistia ha due versioni. La prima è quella difesa, con coerenza e perseveranza, dai radicali. Gli unici che possono, sul tema, dar lezioni e non prenderne. Per questi l’amnistia serve a decongestionare le carceri, cancellando le pene. E’ una ragione più che fondata, ma che non condivido. La seconda è sostenuta solo da pochi garantisti, smarriti in una selva di giustizialisti che detestano la giustizia, e sostiene che l’amnistia è necessaria perché senza si finirebbe con il soffocare ogni riforma della giustizia, stritolandola sotto il peso di un arretrato spaventoso e scandaloso. E’ una tesi che punta a cancellare i procedimenti, ma che presuppone una radicale e profonda riforma. Mentre la prima tesi non necessariamente soddisfa anche la seconda, quest’ultima risolve anche il problema posto dalla prima: si salva la giustizia e si svuotano le carceri. E credo che sia giusto, necessario, urgente.
Qui si torna al tema della coerenza. Visto che il Pd ha sostenuto e sostiene governi i cui ministri della giustizia appoggiano l’amnistia, volendo escludere che cambino opinione solo a seconda di come si possa ingabbiare meglio un avversario politico, essi aderiscono alla prima o alla seconda versione? Sapete qual è il bello? Che per Berlusconi non cambia nulla, vanno bene entrambe. Mentre per noi (pochini) che amiamo la giustizia cambia, eccome.
Sicché, concludendo in bruttezza quest’orrido agosto politico, propongo un giochino finale: la condanna c’è, l’esecuzione è imminente, via d’uscita non ce ne sono; il condannato esclude la fuga, sicché s’acconcia al pagare, nelle forme previste dalla legge; stabilito questo, il Pd è favorevole alla riforma della giustizia, inserendovi tempi certi, terzietà del giudice, separazione delle carriere e certezza delle pene? Se sì, evviva. Ci si arrivò per vie torte, ma ci si arrivò. Si voti immediatamente un indirizzo collettivo, per poi passare a legiferare. Se no, come sono certo, se fra loro il partito giustizialista ha cancellato il senso stesso del termine “diritto”, se per loro la sudditanza alla corporazione togata è totale, se hanno smarrito il senso dello stato di diritto, quindi della separazione (e tutela) dei poteri, allora ecco un motivo chiaro, serio, lampante per dire che con roba simile non si può governare. Che a votare immediatamente è meglio siano gli italiani. Chiudiamo, con i sigilli, questa stagione. Che peggiore e più nociva non poteva essere.

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