martedì 13 agosto 2013

IL PDL HA GUAI SERI, MA NON E' CHE IL PD SE LA SPASSI...

 
Quasi a ricordare al collega Galli della Loggia che se Sparta piange (il PDL , con il capo azzoppato e senza successori adeguati in vista) , Atene NON ride (il PD, che fa sempre più fatica a tenere insieme le sue diverse anime frastagliate e litigiose ) , ecco l'editoriale odierno di Angelo Panebianco. Il quale secondo me ottimamente rileva che Berlusconi è sicuramente in grande difficoltà (chi non lo sarebbe, dopo 44 processi penali, una condanna definitiva e un'altra di sette anni che potrebbe diventarlo ? ) , ma ancora riesce a dettare i tempi dell'agenda politica cavalcando un tema assai popolare per gli italiani : la casa e quindi l'IMU. Sappiamo tutti che più dell'80% dei cittadini italici sono intestatari della casa in cui abitano (molti poi sono in realtà proprietari "a mezzi" con l'istituto mutuatario vita natural durante...) , e quindi ogni forma di vessazione fiscale su di essa (ricorrente perché non sfuggibile) vine vissuta con astio maggioritariamente diffuso. Poi certo, ci sono categorie assai benestanti per le quali un migliaio di euro l'anno (o di più) non sconvolgono certo la vita, magari godendo di stipendi pubblici da 5.000 euro netti e anche di più al mese, per non citare i pensionati d'oro. Ma questa NON è la condizione media degli italiani, ed ecco quindi che l'argomento fa presa. Berlusconi lo sa, ci ha ormai messo il cappello, e ci marcia su. Del resto, non tassare la prima casa non ha soltanto una - fondamentale - valenza pscologica e anche ideologica, ma pure economica, visto che a dicembre sorso la seconda rata della tassa ha falcidiato i consumi di natale...
Il Leone, pur gravemente ferito, ruggisce ancora, mentre quelli del PD , quando non cercano di distrarre l'universo mondo dalla loro inerzia con la solfa delle sentenze da eseguire (certo che sono da eseguire, ma come stiamo leggendo in questi giorni, le variabili sono molte, e le conseguenze possibili dunque tutte diverse ), non sanno che biasciare parole d'ordine utili a quella parte ottusa del loro elettorato , composto per lo più da pensionati e quella partiolarissima categoria di lavoratori che sono i dipendenti pubblici (attenzione, non dico che  i pensonati e i dipendenti siano necessariamente sciocchi, ma che ve ne sono molti in queste due categorie che preferiscono aderire a slogan incancreniti nel tempo che immaginare un qualsivoglia  cambiamento ). 
Aboilire l'IMU sulla prima casa è un concetto semplice, comprensibile da tutti, concreto. Favorire il lavoro e l'occupazione è un lodevole proposito che provoca subito una domanda : come ? E le risposte non arrivano. 
Questo problema, piuttosto datato, si è acuito con la sconfitta di Bersani ( al quale prende un travaso di bile ogni volta che legge questa parola negli editoriali e nelle interviste ) e con la mancanza di una guida nel partito, che tale certo non è quella di Epifani.
Panebianco immagina una breve diarchia Letta - Renzi, ma che , del caso, dovrebbe durare poco. Uno dei due dovrà prevalere.
E a quel punto, forse, si vedrà un programma concreto del centgro sinistra.
Buona Lettura




"UN PARTITO SENZA LEADER"

È paradossale che la decapitazione giudiziaria del suo storico avversario non stia al momento portando frutti al Partito democratico. Berlusconi continua ad essere il protagonista principale di questa stagione. La vicenda Imu è esemplare. Quando il premier Letta dice che solo se il suo governo durerà si eviterà il pagamento delle prossime rate dell'Imu sulla prima casa, sta ricordando al Pdl che non gli conviene tirare la corda, ma sta anche implicitamente riconoscendo che l'agenda politica del governo è dettata, in larghissima misura, da Berlusconi. La capacità di individuare di volta in volta la battaglia politica dirimente, quella che sposta i consensi, è come il coraggio di Don Abbondio: uno non se la può dare. O la si possiede già oppure niente. Mentre Berlusconi, in un Paese di proprietari di case, agita la questione dell'Imu sia per le sue immediate conseguenze pratiche (per le tasche degli italiani) che per i suoi significati simbolici (la riduzione delle tasse come leva per il rilancio della economia), il Partito democratico si limita a balbettii sul problema del «lavoro», apparendo così una sbiadita fotocopia della Cgil. Poiché i posti di lavoro non li può creare lo Stato, parlare di lavoro significa parlare di crescita. Ma il Pd non riesce ad avere idee-forza sulla crescita da comunicare con efficacia al Paese.
Naturalmente, ciò è in larga misura conseguenza delle sue divisioni interne, del fatto che, a tanti mesi di distanza dalla sconfitta di Bersani, non è ancora riuscito a trovare un nuovo baricentro politico. È dunque alla sfida per la leadership nel Pd che bisogna guardare per capire come evolveranno le sue scelte programmatiche e i suoi rapporti col governo. È ormai chiaro che Matteo Renzi e Enrico Letta (quale che sarà la formula della partecipazione di quest'ultimo) ne saranno i protagonisti principali. È, per certi aspetti, una buona notizia. Non vengono dall'esperienza comunista (anche se non potranno mai ignorare il ruolo di coloro che da lì provengono), non sono appesantiti da quel fardello. Anche se difficile in pratica, i due potrebbero essere tentati di cercare un accordo. Sarebbe una buona cosa per certi versi e cattiva per altri. Sarebbe una buona cosa per il fatto che essi sembrano avere virtù e difetti opposti e potrebbero compensarsi. Letta appare, fra i due, il più solido, il più attrezzato culturalmente e politicamente, ma è anche frenato da un eccesso di prudenza (in tempi in cui servirebbero audacia e inventiva). Renzi appare meno solido ma è un comunicatore nato, ha coraggio da vendere, e dispone di quella spregiudicatezza che è necessaria alla leadership.
Un accordo fra i due sarebbe però anche, da un altro punto di vista, una cattiva cosa. Metterebbe capo a una diarchia, per sua natura instabile, in un'epoca in cui i partiti hanno bisogno di un (solo) leader su cui investire: uno che ci metta la faccia da solo. In ogni caso, soltanto quando le lotte interne al Pd cesseranno, quando ci sarà un vincitore, quel partito potrà darsi un profilo politico e una piattaforma che lo rendano di nuovo elettoralmente appetibile. Chi si interroga sul futuro del Pd dovrebbe anche tenere d'occhio le partite su legge elettorale e riforme istituzionali. Poiché la politica non può essere divisa in compartimenti stagni, quelle partite (ad esempio, una nuova legge elettorale, incidendo sulle potenziali alleanze, potrebbe favorire l'uno o l'altro candidato) influenzeranno la competizione per la leadership dentro il Partito democratico.

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